The Silk Road of Pop segue i ragazzi della regione nordoccidentale dello Xinjiang nei locali underground di una scena musicale in esplosione. Hip hop, rap, heavy metal. Tutto costruito sui muqam, le formule melodiche che per secoli hanno permesso a queste popolazioni di improvvisare musiche e danze senza mai allontanarsi troppo dalla tradizione.
La vita può essere complicata nello Xinjiang, la regione più occidentale della Cina. Lo si capisce già dal nome che significa “Nuova frontiera”. Qui abitano gli uiguri, popolazioni turcofone di religione musulmana sempre più spesso al centro delle cronache per rivolte e atti classificati come terroristici dai cinesi stessi. Nei secoli questa regione è sempre stata un crocevia di scambi. Di qui passava la via della seta; qui genti, religioni e costumi si incontravano e si fondevano per ricreare culture sincretiche.
The Silk Road of Pop lascia queste storie sullo sfondo e segue i ragazzi di questa regione nei locali underground di una scena musicale in esplosione. Hip hop, rap, heavy metal. Tutto costruito sui muqam, le formule melodiche che per secoli hanno permesso a queste popolazioni di improvvisare musiche e danze senza mai allontanarsi troppo dalla tradizione.
Anche se le generazioni più anziane rimproverano a questi giovani di rinunciare alle proprie radici, loro non smettono mai di parlarne. E se il risultato è poi un rap o un nuovo disco di heavy metal, cosa importa. Sono quelle radici musicali a permettere loro di andare avanti. E di sognare di vivere un giorno, una vita diversa da quella che vivono in una regione di frontiera.
[Scritto per Manifesto Asia]