A Roma, il 3 giugno 2014 alle ore 17:00 presso la Società Geografica Italiana verrà presentato il volume Sulle orme di Marco Polo: Italiani in Cina. Si tratta dei risultati di un anno di ricerca su un fenomeno nuovo che coinvolge sempre più individui, a causa della crisi economica nei paesi occidentali e dello sviluppo cinese. China Files vi regala uno stralcio in anteprima (per gentile concessione degli autori).
La società cinese non è facile da comprendere e altrettanto difficile è divenirne parte, magari inserendosi in contesti umani prima ancora che artistici. A Pechino Alessandro Rolandi rappresenta un intellettuale, un artista alla ricerca di una base sociale comune che in Italia non è riuscito a trovare nonostante le numerose esposizioni a Parigi e in Europa.
Arrivato in Cina nel 2003 con sua moglie, e oggi padre di due figli, è stato acuto osservatore dell’incessante cambiamento urbano e umano, del ricambio generazionale, della progressiva apertura dei giovani cinesi, della metafora artistica che oggi ha ridotto sempre di più i punti di contatto tra l’arte e l’utilità sociale annichilendosi sovente a mercificazione borghese.
Alessandro è arrivato a Pechino grazie al contratto di sua moglie, una giornalista francese contattata per lavorare come editor per la Xinhua. Il loro appartamento era inserito in una comunità cosmopolita in cui si avvertiva un senso di novità e si respirava un’aria di continuo cambiamento. «Dal 2003 al 2008 infatti in Cina è esploso tutto il potenziale dell’arte contemporanea cinese, un movimento collettivo simultaneo che ha coinvolto l’arte, la cultura, l’economia, generando un entusiasmo non riducibile al mero commercio» spiega Alessandro.
Si sono sviluppati nuovi gruppi sperimentali che hanno focalizzato la loro attività in performance radicali. Numerosi collettivi composti da artisti stranieri e cinesi sono sorti in ex-fabbriche, fonderie abbandonate, riuniti in villaggi nei pressi della zona aeroportuale pressoché deserta. In questi nuovi “insediamenti artistici” giovani ed esperti creativi sono riusciti a vivere in un’atmosfera autentica che in Europa era ormai sacrificata all’idea dell’arte come prodotto commerciale.
In queste realtà si sono formati Ai Weiwei, Frank Gerlitzi, Hans Van Dick in una spontaneità dotata di coraggio e umanità. Alessandro, oltre alle attività del collettivo, ha sempre insegnato in accademie cinesi ed internazionali, dapprima mediante workshops e poi in corsi sempre più strutturati. «Il ruolo dell’artista straniero è molto importante per gli artisti e gli intellettuali cinesi per comprendere che “la scultura sociale” è quella che più ci interessa, capace di generare intese relazionali attraverso amicizie che sono “legami-àncora” per cominciare percorsi artistici e ricominciare da un interesse umano prima di esprimerlo in forma artistica».
Il legame con l’Europa ha sempre contraddistinto il lavoro di Alessandro, che ha messo in scena numerose performance derivanti da altrettanti progetti nati sempre da intese con colleghi cinesi e internazionali, volti a superare le censure e le autocensure che la società cinese ha sedimentato nel corso della sua storia recente. Una delle performance più interessanti è stata messa in opera nel 2011: una camminata tra le due torri di Pechino, nel quartiere storico Gulou, a passo zen della durata di cinque ore a cui hanno partecipato venti performer mascherati.
Un piccolo superamento di quelle micro-barriere che la popolazione cinese non sa nemmeno di avere. Un altro progetto, nato dalla collaborazione di una fabbrica francese in Cina, ha previsto la presenza durante l’orario di lavoro di alcuni artisti per due volte alla settimana, coinvolgendo 90 persone tra artisti e operai per otto mesi e generando un’interazione umana che aveva come obiettivo quello di ridurre l’alienazione della condizione lavorativa.
Alessandro ha da sempre come obiettivo la visione di una forza che sia umana, creativa, caotica, orientata verso la società, in cui il ruolo intellettuale sia preminente e le performance siano capaci di infondere sospensioni per mitigare le tensioni sociali. In Cina il capitale umano è ben presente nella società, governata dal principio delle relazioni (guanxi) e l’arte è uno strumento per farne parte.
«Paradossalmente – dice Alessandro – per un intellettuale ci sono maggiori occasioni di esprimersi liberamente in Cina piuttosto che altrove. È come trovarsi in un laboratorio grezzo, una zona grigia, indefinita, in cui il limite è costituito solo dalle persone e ad ogni azione corrisponde una piccola ripercussione sul reale».
La società cinese è, dunque, una materia tutta da plasmare e, soprattutto, è vivace e in continuo movimento. «Purtroppo però – osserva Alessandro – la velocità cinese comporta molte conseguenze negative: il nuovo collante ideologico è oggi il consumismo, che unito al pragmatismo cinese genera frustrazioni per le nuove generazioni “sandwich”, schiacciate tra i padri e i figli in una condizione economica sempre più difficile».
La destrutturazione della ricchezza cinese si rivela oggi in tutta la sua vitalità disorganizzata che ne fa uno degli aspetti più interessanti per l’arte. L’arte oggi si pone come alternativa al consumismo, attecchendo ad una condizione più squisitamente umana generata dalla curiosità. Ciò si intravvede nel nuovo cinema indipendente, le scuole d’arte, gli eventi di fringe festival, l’interesse crescente per l’educazione alla creatività.
Tutte le performance e i progetti portati avanti da Alessandro investono delle micro-realtà affinché il risultato non sia banalmente la vendita di un’opera, ma piuttosto un intervento sulla visione comune della società.