SINOLOGIE – L’Italia attraverso il Renmin Ribao

In by Simone

La tesi La rappresentazione sociale dell’Italia in Cina dal 1948 al 2008. La Teoria del Nucleo Centrale di Jean-Claude Abric applicata agli articoli del Quotidiano del Popolo analizza gli articoli del principale giornale del Pcc per capire come si è evoluta l’opinione "ufficiale" che la Cina ha dell’Italia.
È facile accorgersi, specie se si vive a Milano, come chi scrive, del potenziamento economico cinese degli ultimi anni. In numerose città italiane è fiorita con rapidità una moltitudine di negozi aperti da immigrati cinesi. Questo fenomeno è esteso a molti Stati europei, americani, oceanici ed africani, oltre che asiatici.

La Repubblica Popolare Cinese, ripresasi dal decennio (1966-76) di isolamento caratterizzato dalla Grande Rivoluzione Culturale (文化大革命/wénhuà dà gémìng) grazie al pragmatismo della politica cosiddetta di “riforma ed apertura” (改革开放, găigé kāifàng) pianificata ed attuata dal governo 邓小平 (Dèng Xiăopíng) a partire dal 1978, è diventata negli ultimi anni il secondo Stato più ricco del mondo per prodotto interno lordo dopo gli Stati Uniti d’America, risultando immune alla crisi economico-finanziaria globale.

Come si sa, l’Italia non ha retto altrettanto bene e continua ad impoverirsi. Tuttavia l’Euro è moneta forte ed attira emigranti da Paesi dalla moneta debole, come la “Valuta del Popolo” (人民币/Rénmín bì/RMB) cinese. La quasi totalità dei cinesi che chi scrive ha conosciuto a Milano proviene perlopiù dalla benestante regione dello 浙江 (Zhèjiāng), al confine meridionale della regione urbana di 上海 (Shànghăi). Interrogati sul perché siano venuti in Italia nonostante la crisi, hanno risposto tutti che qui guadagnano comunque molto grazie al cambio favorevole.

L’intenzione ultima è quella di ritornare in Cina con i soldi accumulati. Nel frattempo alcuni inviano ai parenti rimasti in Cina parte del salario. Non sempre la convivenza tra tali immigrati cinesi e cittadini italiani è stata pacifica. L’episodio più grave di scontro si è verificato nel 2007 a Milano, quando a causa di una multa da parte della polizia municipale si scatenò una sommossa in via Paolo Sarpi, cuore della Chinatown milanese.

Anche sulla spinta di fatti come quello appena descritto, questa ricerca si propone di scoprire che opinione sia diffusa nella Repubblica Popolare Cinese riguardo l’Italia e come tale concezione sia cambiata dalla fondazione della “nuova Cina” ad oggi. Per farlo si è scelto di utilizzare uno strumento di analisi noto come “Teoria del Nucleo Centrale”, inventato nel 1976 dallo psicologo sociale Jean-Claude Abric e fondato sulla “Teoria delle rappresentazioni sociali” formulata dal collega Serge Moscovici come evoluzione della nozione omonima risalente al sociologo Émile Durkheim.

La teoria delle rappresentazioni sociali serve a conoscere il modo in cui un dato gruppo sociale (nel nostro caso autori e lettori del Quotidiano del Popolo, 人民日报, rénmín rìbào) metabolizza i mutamenti relativi a determinate concezioni condivise (nel nostro caso l’idea sull’Italia). La Teoria del Nucleo Centrale spiega come classificare e misurare tali cambiamenti, in base al fatto (scientificamente dimostrato, Moliner 1989) che ogni rappresentazione sociale è costituita da elementi stabili (il nucleo centrale) e da elementi variabili (periferia) al modificarsi dei quali il nucleo centrale subisce dei cambiamenti che determinano l’evoluzione della rappresentazione.

In termini più immediati: la rappresentazione sociale dell’Italia consta di un nucleo centrale che dal 1948 al 2008 (il lasso di tempo da noi esaminato) potrebbe aver subito modificazioni originate dal mutare degli elementi periferici (che qui chiamiamo “categorie”). Scòpo del presente lavoro è esaminare se ci siano state tali variazioni e, se sì, in cosa siano consistite, cioè scoprire quale idea dell’Italia sia stata veicolata dal Quotidiano del Popolo (giornale di partito del PCC) dal triennio 1948-50 (l’RPC è stata fondata nel 1949) al triennio 2006-08 (il 2007 è stato scelto a causa dell’episodio di via Sarpi). I mutamenti nelle rappresentazioni sociali tendono a verificarsi all’occorrere di traumi in una concezione consolidata.

Un esempio basilare:
1) nel periodo di tempo T i soggetti A e B vanno d’accordo;
2) nel momento M di T un fattore rovina l’amicizia, cosicché il rapporto tra A e B diviene di inimicizia;
3) nel periodo di tempo P successivo a T i soggetti A e B non vanno d’accordo.

Nel momento M si osserva il cambiamento della concezione che A ha di B (e viceversa). Dal periodo T al periodo P la concezione di A verso B (e viceversa) è mutata.

La ricerca è stata effettuata tramite il campionamento degli articoli del 人民日报 (Rénmín Rìbào, Quotidiano del popolo) redatti nel suddetto periodo. Il campionamento è avvenuto in base ad un criterio di rilevanza storica fondato sulla Teoria delle Rappresentazioni Sociali di Moscovici. Ciò ha portato all’individuazione di quattro anni significativi della storia della Repubblica: il 1949 (Fondazione dell’RPC, 中华人民共和国/Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó per opera del Partito Comunista, 共产党/Gòngchăn dăng guidato da Mao Zedong, 毛泽东/Máo Zédōng), il 1961 (formalizzazione della rottura diplomatica sinosovietica, 中苏交恶/Zhōng Sū Jiāowù), il 1978 (avvio della politica cosiddetta “di riforma ed apertura”, 改革开放/Găigé Kāifàng, da parte dello statista Deng Xiaoping, 邓小平/Dèng Xiăopíng), il 2007 (sommossa della comunità cinese nella Chinatown milanese).

Al fine di scoprire se e come questi anni siano stati interessati da mutamenti della rappresentazione dell’identità nazionale italiana nella Repubblica Popolare Cinese si sono anche esaminate le rispettive annate precedenti e seguenti, cioè: il 1948 ed il 1950, il 1960 ed il 1962, il 1977 ed il 1979, il 2006 ed il 2008. Degli articoli trovati dal motore di ricerca della Biblioteca Nazionale di Pechino  per la chiave di ricerca 意大利 (Yìdàlì, Italia), sono stati scelti solo quelli con la maggiore rilevanza della chiave all’interno del testo.

Di questi, essendo il numero iniziale troppo ingente (circa 500), sono stati selezionati all’interno di ogni annata, mantenendo le proporzioni di quantità fra le diverse annate, articoli che si distribuissero il più possibile in modo uniforme sui dodici mesi, ed all’interno dei singoli mesi nei giorni del mese. Il numero di articoli reperiti per anno non è costante, il che ìndica una maggiore attenzione del medium cinese per l’Italia negli anni con più articoli e viceversa una minore attenzione negli anni con meno articoli. Le statistiche relative all’ammontare degli articoli reperiti sono le seguenti:

Totale articoli: 312
Media triennale: 78
Massimo annuo: 31
Anni col massimo numero di articoli: 1977, 1978, 1979
Minimo annuo: 12
Anni col minimo numero di articoli: 1961
Media annua: 26
Triennio col massimo numero di articoli (numero): 1977-79 (93)
Triennio col minimo numero di articoli (numero): 1960-62 (51)

Occorre spiegare che cosa s’intenda per “identità nazionale italiana” in questa ricerca. Si ricorre alla nozione di nazione prospettata da Benedict Anderson: “Una nazione è una comunità politica immaginata come intrinsecamente limitata e sovrana”. “Limitata” in quanto ha dei confini, né sogna di inglobare l’umanità intera. “Sovrana”, con riferimento alla concezione settecentesca di delegittimazione dei regni dinastici (a partire dalla Francia), in quanto indipendente, fuorché, al limite, da un dio. “Immaginata” in quanto nessun membro di una nazione conoscerà mai tutti gli altri membri della stessa. “Comunità” in quanto nonostante le perduranti disparità sociali (di grande o lieve entità che siano), la nazione viene percepita in modo cameratistico ed orizzontale.

L’idea di nazione nella storia dell’umanità si presenta soltanto in séguito al declino di tre fattori:
I) le grandi lingue che univano tramite segni (e non suoni) popoli di aree geografiche e culture distanti tra loro, ovverossia il latino (tipico della diffusione della cristianità), l’arabo coranico (tipico della diffusione dell’Islam) ed il cinese antico (tipico della diffusione delle filosofie orientali). Queste lingue non erano percepite come astrazioni, bensì come processi naturali di identificazione del reale;

II) il centripetismo legato all’identificazione del sovrano (il detentore dell’autorità) come mediatore fra trascendente e terreno, cosa che faceva di lui un centro di attrazione per i sudditi. Quanto più alto era il rango sociale, tanto più la figura che occupava tale ruolo diveniva punto di riferimento per gli inferiori;

III) la percezione sincronistica della storia, una concezione cioè che non intende il tempo come flusso lineare (orizzontalità), bensì come una sorta di eterno presente in cui origine del mondo e quella dell’umanità non sono separate l’una dall’altra (verticalità). Cadute queste pseudo-certezze, fu forse il “capitalismo-a-stampa”, vale a dire romanzo e giornale, a fungere da nuovo collante delle comunità.

Questo ruolo fondamentale dei quotidiani è uno dei motivi che hanno spinto il ricercatore a studiare le rappresentazioni sociali dell’identità nazionale italiana nell’RPC attraverso un’analisi coding-qualitativa del 人民日报 (Rénmín rìbào/Quotidiano del Popolo). L’analisi è stata svolta con l’ausilio dell’apposito programma ATLAS.ti.

Abbiamo analizzato gli articoli individuandone i temi emergenti e classificandoli in categorie. In séguito abbiamo osservato il numero di occorrenze delle categorie emerse ed il numero di legami tra ognuna e le altre. Fatto ciò abbiamo tripartito i risultati, assegnando ad ogni categoria uno statuto (Disapprovata, Approvata oppure Neutro-variabile secondo l’opinione del Partito Comunista Cinese diffusa attraverso il Quotidiano del Popolo).

Abbiamo stilato classifiche utili per definire quali categorie fossero Nucleari, quali Periferiche e quali trascurabili rispetto alla rappresentazione dell’Italia in ogni triennio in esame. Abbiamo infine utilizzato i dati così ottenuti per effettuare paragoni tra i periodi temporali considerati, al fine di individuare similarità e differenze fra le rappresentazioni dell’Italia nei quattro trienni esaminati ed evidenziarne l’evoluzione complessiva.

Nel capitolo 3 approfondiamo il pensiero cinese da una prospettiva storica, a scopo di contestualizzazione. Nel capitolo 4 esaminiamo i dati ricavati dall’analisi dei 312 articoli del Quotidiano del Popolo (i testi dei quali sono riportati nell’originale mandarino e nella nostra traduzione in italiano nelle Appendici 2-3), dalla quale sono emerse le diverse categorie concettuali informanti la rappresentazione dell’Italia diffusa dal PCC in patria dal 1948 al 2008.

Le categorie dei nuclei centrali elencate sono colorate di blu, rosso o nero a seconda che siano disapprovate dalla, approvate dalla o neutre (o variabili) per la RPC. Per una visione dettagliata delle categorie nucleari e periferiche e dei rispettivi valori, s’invita a consultare le tabelle riassuntive.
Si ricorda, infine, che l’interpretazione fornita si basa su dati a forte carattere propagandistico, dunque va osservata da un’ottica critica e consapevole. Speriamo che la contestualizzazione storica di cui è corredato ogni paragrafo aiuti il lettore a capire spirito ed intenti di fondo dei giornalisti del Quotidiano del Popolo.

I risultati mostrano come la rappresentazione sociale dell’Italia veicolata nella Repubblica Popolare Cinese dal Partito Comunista Cinese per mezzo del Quotidiano del Popolo dal 1948 al 2008 sia evoluta secondo il seguente schema:

1948-1950 (presidente Mao) i rapporti sono limitati agli scambi tra il Partito Comunista Cinese ed il Partito Comunista Italiano; la valutazione del PCC sull’Italia è di mezza condanna e mezza assoluzione, in quanto il Bel Paese è diviso tra proletariato oppresso e capitalisti reazionari;

1960-1962 (presidente Mao) i rapporti si deteriorano, poiché a séguito della rottura sino-sovietica del 1961 nemmeno il PCI, accusato di sottomissione alla politica revisionistica del PCUS, è più ritenuto un interlocutore valido dal PCC; la valutazione dell’Italia è dunque negativa, soltanto l’eroica lotta di classe del proletariato ed i sindacati sono ancora fonte di ammirazione;

1977-1979 (华主席/Huá zhŭxí/Presidente Huá) i rapporti migliorano, grazie all’avvento di 邓小平 (Dèng Xiăopíng), massimo esponente di un pragmatismo che vede nell’Occidente un utile partner commerciale; la valutazione dell’Italia è dunque neutra, scevra di connotazioni ideologiche determinanti;

2006-2008 (胡主席/Hú zhŭxí/Presidente Hú) i rapporti sono ottimi: il 2006 è l’anno della cultura italiana in Cina e nel 2007 si susseguono iniziative di corroborazione dell’amicizia tra i due Paesi; la valutazione dell’Italia è nel complesso molto buona: il nostro Paese è visto come erede di una cultura millenaria, le cui rimanenze si premura di conservare;

1948-1962: l’eroico popolo italiano è governato ed oppresso da servi del potere, difeso dalla CGIL e non rappresentato colla dovuta incisività dal Partito Comunista Italiano;

1948-1962-1979: l’Italia è in mano ad una serie di governi (DC) filostatunitensi cui si oppone sempre più debolmente un partito comunista sempre meno rappresentativo delle istanze proletarie;

1948-1962-1979-2008: la rappresentazione sociale dell’Italia dal 1948 al 2008 è caratterizzata da un nucleo neutro. Questo significa che nel periodo di tempo in esame il nostro Paese è nel complesso ritenuto né positivo né negativo dal Partito Comunista Cinese. L’Italia rimane sempre più filostatunitense che filocinese a livello politico, ma il capitalismo di cui sono espressione i ceti dirigenti è bilanciato dapprima da un potente Partito Comunista e dai sindacati, dappoi da una moltitudine di partiti d’ispirazione marxista ed ancora dai sindacati.

Dunque la tensione politico-sociale che caratterizza l’Italia dal secondo dopoguerra alla fine della Guerra Fredda (i primi tre trienni analizzati) non si scioglie mai del tutto a favore degli imperialisti statunitensi né, tantomeno, dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ciò impedisce al Quotidiano del Popolo di veicolare un’immagine univoca (positiva o negativa) dell’Italia, sebbene si verifichino importanti oscillazioni in un senso (triennio 2006-08) e nell’altro (triennio 1960-62).

Tali variazioni sembrano tanto determinate dagli effettivi cambiamenti politici italiani, i quali sono nel complesso lievi nella loro entità durante la cosiddetta Prima Repubblica, in quanto al potere resta sempre la Democrazia Cristiana, pur nelle contestazioni dei comunisti ed in quelle estreme dei terroristi, quanto dall’attitudine diplomatica della Repubblica Popolare Cinese, la quale dal 1978 avvia la politica di “riforma ed apertura” denghiana, collaborativa coll’estero e progressista, mentre negli anni Sessanta, complice la rottura sino-sovietica (1961), si chiude al mondo esterno e promuove la Rivoluzione Culturale.

L’importanza principale del presente studio risiede nel fatto che esso costituisce la prima applicazione della Teoria di Abric al pensiero cinese, declinato in questo caso nella sua componente diplomatica, nella fattispecie i rapporti con l’Italia. In secondo luogo la ricerca tratta una tematica di attualità sociologica massima: i rapporti tra cinesi ed italiani sono sempre più importanti, ad esempio perché l’espansione della comunità cinese immigrata in Italia pone seri interrogativi sulla futura evoluzione socio-urbanistica delle città italiane e sulla modifica delle abitudini dei loro abitanti.

Appare dunque rilevante ed urgente non soltanto conoscere la generalità del pensiero cinese, ma anche studiarne in modo scientifico-sperimentale la declinazione nelle relazioni con lo “straniero” e, processo epistemologico che si è provato ad avviare col presente lavoro, quali siano le caratteristiche della visione della Repubblica Popolare Cinese rispetto alla nazione italiana.

Lungi dal pretendere di fornire un quadro esauriente della rappresentazione sociale dell’Italia in Cina tra il 1948 al 2008, quest’opera mostra come la rappresentazione sociale dell’Italia in Cina veicolata nella Repubblica Popolare Cinese dal Partito Comunista Cinese per mezzo del Quotidiano del Popolo sia evoluta in suddetto periodo di tempo. Per avere un quadro d’insieme completo occorrerebbe svolgere un’uguale lavoro sulla televisione di Stato cinese, nonché sui principali media cartacei (escluso il Quotidiano del Popolo). Quella che è emersa dal nostro lavoro è soltanto la versione ufficiale della rappresentazione sociale dell’Italia in Cina tra il 1948 al 2008, cioè la più importante ma pur sempre una visione parziale.

In virtù tanto dei pregi quanto dei difetti del presente lavoro, auspichiamo successivi studi applicativi della Teoria di Abric alla rappresentazione dell’Italia nella Cina imperiale, nella Cina della guerra civile tra nazionalisti e comunisti e nella Cina governata dal Partito Comunista Cinese. Per quanto concerne quest’ultima, incoraggiamo l’uso del metodo analitico-sperimentale da noi adottato in questo studio al fine d’indagare il medesimo oggetto (la rappresentazione sociale dell’Italia nell’RPC dalla fondazione ai giorni nostri) attraverso filtri differenti, soprattutto CCTV (China Central Television) ed i principali quotidiani a stampa, escluso il Quotidiano del Popolo. I risultati ottenuti da queste eventuali ulteriori ricerche sarebbero integrabili con quelli della nostra in modo da delineare un prospetto più esaustivo e preciso.

Riteniamo che l’unico modo per ottenere risultati precisi sia esaminare testi in lingua originale. Crediamo che il metodo dell’intervista o dell’osservazione esterna in genere non sia soddisfacente. Auspichiamo pertanto la diffusione della conoscenza del mandarino tra gli studiosi, anche quelli non specializzati in lingue.

*Stefano Giovannini, stefanogiovannini87[@]gmail.com giornalista pubblicista, nasce a Milano il 23/04/1987. Nel 2012 ottiene il diploma di dottore magistrale in Comunicazione laureandosi con lode all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nell’anno accademico 2013-14 approfondisce tramite borsa di studio la conoscenza del cinese mandarino (livello avanzato) presso l’Università Normale di Pechino. Tra i suoi interessi gli scacchi e l’arte in ogni sua declinazione.

** Questa tesi è stata discussa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Relatore prof. Matteo Tarantino; correlatore prof. Simone Tosoni.

[La foto di copertina è di Federica Festagallo]