Le elezioni di domenica in Corea del Nord hanno visto l’elezione del leader Kim Jong Un a componente dell’Assemblea suprema del popolo, il parlamento di Pyongyang. Il voto è servito a legittimare il potere e come forma di controllo della popolazione. Tra gli eletti anche il vicemaresciallo Choe, dato per epurato. Cento per cento di approvazione. Kim Jong Un è stato eletto all’Assemblea suprema del popolo, quanto di più simile a un parlamento esista in Nord Corea. Il giovane leader ha raccolto la totalità dei sì nella circoscrizione del monte Paekdu, in cui tutti gli aventi diritto sono andati ai seggi.
L’affluenza nazionale è stata del 99,8 per cento. Come precisa l’agenzia di Stato Kcna, tutti i cittadini sono andati a votare, con l’eccezione di quanti si trovano all’estero. La macchina elettorale nordcoreana ha funzionato alla perfezione e centrato i due obiettivi preposti: legittimazione del potere e controllo dei cittadini.
La tornata è stata la prima da quando il giovane Kim è salito al vertice del regime due anni fa. La scelta di presentarsi nella circoscrizione 111 del monte Paekdu ha un valore simbolico visto che la montagna è considerata sacra. Lì, si narra, sia nato il padre Kim Jong Il: in realtà fu in un accampamento militare in Unione sovietica, e i picchi sono legati alla resistenza anti-giapponese guidata dal “fondatore della patria” Kim Il Sung. La “linea di sangue” del monte serve quindi a legittimare il rappresentante della terza generazione della dinastia rossa al potere da oltre sessant’anni.
Le elezioni fungono anche come sorta di censimento, per mantenere il controllo sulla popolazione. In un sistema in cui per ogni circoscrizione c’è un unico candidato, scelto dal Fronte democratico per la riunificazione della patria, organizzazione ombrello che fa capo al Partito dei lavoratori, gli elettori possono soltanto dire sì o no ai nomi proposti.
Respingere il candidato o non presentarsi al seggio rischiano di essere considerati atti di tradimento. Farlo può, infatti, essere scambiato come un “atto sovversivo contro il volere dello Stato" e portare alla "distruzione della famiglia di chi dissente”, spiega un’esule su New focus international, sito che raccoglie le testimonianze dei fuoriusciti. “Dare la propria approvazione alle decisioni ratificate dallo Stato”, continua, “è considerato un obbligo e un dovere”. Allo stesso tempo, con l’affluenza al voto, Pyongyang può rafforzare il proprio controllo sulla popolazione e capire se e quanti nordcoreani abbiano tentato di rifugiarsi all’estero.
Gli eletti danno inoltre modo di studiare la nuova conformazione del potere nordcoreano e capire se Kim stia attuando un ricambio almeno generazionale o, al contrario, sia ancora legato alla vecchia guardia e alla sua fazione.
Quando mancava una settimana al voto, l’attenzione di studiosi e commentatori è stata attirata dalla purga di Choe Ryong Hae, l’uomo considerato il nuovo numero due del regime dopo l’epurazione e l’esecuzione di Jang Song Thaek, zio e mentore di Kim.
L’indiscrezione è stata poi smentita da una foto che lo ritraeva in pubblico accanto al leader e successivamente dall’elezione dello stesso Choe a membro dell’Assemblea, accanto ad alcuni funzionari ritenuti vicini a Jang. Tuttavia, secondo l’ipotesi più accreditata, il suo ruolo non è più, sempre che lo sia mai stato, quello di membro del cerchio magico del “Brillante Leader”.
[Scritto per il Fatto quotidiano online. Foto credit: veooz.com]