Si infittisce il mistero del volo Malaysian Airlines scomparso. I passaporti rubati, appartenuti a un austriaco e a un italiano, sono stati utilizzati da due iraniani che, secondo un amico, volevano emigrare clandestinamente in Europa. Fonti militari malesi aggiungono che l’aereo avrebbe cambiato rotta. Si sarebbe diretto volando a bassa quota verso lo Stretto di Malacca (deviando di circa 500 km a ovest rispetto al percorso previsto) dopo aver perso il contatto radar, la qual cosa lascerebbe ipotizzare un dirottamento. I resti del Boeing della Malesia Airlines, che trasportava 227 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio, partito da Kuala Lumpur e destinato ad atterrare a Pechino, non sono ancora stati trovati. Ieri, vietnamiti, cinesi e malesiani sono stati impegnati a cercare parti del velivolo, in una zona di mare che si supponeva potesse essere quella giusta (da residui sull’acqua e tracce di carburante), ma si è trattato di ricerche vane, cui sono seguite le smentite: le tracce che si pensava fossero del volo Mh370, in realtà, non lo erano.
E i dettagli di quello che ormai viene definito dai media internazionali come un «mistero», aumentano. Subito dopo il mancato arrivo a Pechino, sabato scorso, nella lista dei passeggeri era stata sottolineata la presenza di un italiano. Ma lui, Luigi Maraldi, poco dopo ha fatto sapere di essere vivo e in Thailandia. E proprio in Thailandia, mesi fa, a quanto detto da Maraldi, gli sarebbe stato rubato il passaporto.
Sulle prime la notizia è stata presa per una coincidenza, anche perché in Thailandia il traffico legato ai furti di passaporti europei è piuttosto fiorente. Il problema è nato poco dopo: anche un cittadino austriaco ha dichiarato di essere vivo e di aver subito il furto del proprio passaporto. E a quel punto i passaggeri sospetti sono diventati due. Secondo le indiscrezioni giunte ieri, sarebbero in totale cinque i potenziali passeggeri saliti a bordo con passaporto falso.
Potrebbe trattarsi di una coincidenza, ma queste casualità, unite al fatto che il volo era destinato a Pechino, ha fatto drizzare le orecchie ai dirigenti del Partito comunista, che prima hanno chiesto ai colleghi malesi più efficienza, poi hanno raddoppiato i propri mezzi dedicati alla ricerca del velivolo. Che ad ora, non si trova. Per contestualizzare le difficoltà delle ricerche, è stato ricordato il caso di un aereo francese, ritrovato solo cinque giorni dopo il suo tuffo nell’Oceano.
Ci sono dei distinguo, come ha riassunto il Wall Street Journal. Nel caso del velivolo malese ci sarebbero dei particolari che non tornano: « I Boeing, sono dotati di transponder che trasmettono i dettagli sull’altitudine, la direzione e la velocità degli aerei. Ma il transponder sull’aereo malese, a quanto pare, non ha riportato nulla di anomalo». Nella serata di ieri un quotidiano canadese ha spiegato che i due passeggeri che hanno usato i passaporti falsi, avrebbero preso quel volo perché il più economico per l’Europa (lo avrebbe rivelato l’addetto ai biglietti che avrebbe realizzato il ticket per i due passeggeri).
In Cina tira una brutta aria, lo Stato ha assicurato che aiuterà i familiari delle vittime, ma a Pechino serpeggia un certo nervosismo, dato dai recenti attacchi uighuri e dal pericolo di essere nel mirino, benché i metodi seguiti dalla minoranza musulmana, turcofona di Cina, non abbiano mai avuto similitudini con un eventuale attacco aereo.
[Scritto per il manifesto]