In controtendenza rispetto al totale degli investimenti diretti cinesi all’estero, le operazioni collegate alla Nuova Via della Seta non hanno registrato frenate, anzi sono quasi raddoppiati.
Nel 2017 le acquisizioni e le fusioni effettuate nell’ambito dell’iniziativa Belt & Road sono aumentate dell’81% per un valore di 48,2 miliardi di dollari. Di contro gli investimenti fuori dalla Repubblica Popolare nel loro complesso sono calati di un terzo, in gran parte a causa delle restrizioni alla fuoriuscita di capitali dalla Cina adottate a fine 2016 e allentate solo lo scorso autunno. Gli investimenti, spiega una ricerca di EY riportata dal Global Times, sono stati quindi indirizzati verso l’economia reale, in particolare i trasporti. Il dato trova conferma nelle parole di un banchiere d’affari, che spiega come nella pratica l’etichetta Belt & Road sia di aiuto nell’approvazione dei progetti.
Attorno al piano, lanciato nel 2013 dal presidente Xi Jinping per creare una rete logistica e infrastrutturale marina e terrestre che favorisca il commercio globale, ci sono ancora timori. Lo scorso gennaio durante la visita a Pechino il capo di Stato francese Emmanuel Macron aveva messo in guardia Xi dall’eventualità che la Via della Seta diventi un percorso a senso unico, ossia attraverso il quale le imprese cinesi potranno raggiungere i mercati asiatici ed europei ma non viceversa.
Nel corso del forum di Bo’ao il leader cinese ha voluto pertanto allontanare i sospetti, negando che si tratti di una «cospirazione cinese» e respingendo anche gli accostamenti con il piano Marshall. Tant’è che per fare il punto sui cinque anni dal lancio a Pechino è stato organizzato un forum, con ospiti da 70 Paesi coinvolti nel progetto, occasione per analizzare non soltanto i risultati raggiunti sul piano infrastrutturale ma anche le nuove direttrici che la Via della Seta potrà prendere: dalla creazione di una piattaforma per il commercio online a nuovi strumenti di finanziamento, come i Belt & Road bond.
Sul tema ieri è intervenuta anche la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde mettendo in guardia dal rischio di ripercussioni sulla bilancia dei pagamenti e sul debito pubblico di alcuni dei Paesi coinvolti nell’iniziativa. Potenziali rischi dei quali, ammette comunque la numero uno dell’Fmi, la leadership cinese è conscia
[Pubblicato su Milano Finanza]