Il sesso in Cina è vissuto in maniera laica: i divorzi sono all’ordine del giorno, come le scappatelle che diventano dei casi mediatici quando coinvolgono politici o noti uomini d’affari. Fiere, giocattoli, sexy shop, internet e prostituzione nella Repubblica popolare, la seconda economia del mondo.
Parlare di sesso in Cina e della concezione che i cinesi hanno del sesso, significa – come spesso accade per il paese della Grande Muraglia – addentrarsi in ambiti apparentemente contraddittori ai nostri occhi occidentali. Per prima fu Shanghai ad ospitare una fiera del sesso (toys, unguenti, afrodisiaci) e lanciare un negozio al riguardo di ben quattro piani, oggi tocca a Canton (in cinese Guangzhou) con la sua Guangzhou Sexpo: i media ne parlano in modo entusiastico, le fiere sono popolate di ogni genere di persone, il business tira (pur essendo vietata la pornografia, su internet i cinesi da tempo sono i principali utenti dei siti porno, specie se di argomento giapponese).
La Cina è diventata la seconda potenza economica mondiale e sembra liberarsi ormai da tabù culturali al riguardo: i «monologhi della vagina» sono ormai sdoganati e chiunque visiti la Cina potrà notare la grande quantità di sexy shop per le vie cittadine; si tratta di negozi come altri, con vetrine «in chiaro», per nulla loschi, bensì normali, dove entra chiunque, per comprare o curiosare. Una signora a Shanghai, ha tirato su un business attraverso «lezioni di sesso», per le sue concittadine. Katrien Jacobs, studiosa di Hong Kong, ha invece scritto un libro, People’s Pornography: Sex and Surveillance on the Chinese Internet, sull’identità sessuale dei cinesi al tempo di internet, concentrandosi sul proliferare di blog e siti in cui le persone parlano liberamente di sesso.
Si dirà che un paese senza religione, laico e proiettato verso il futuro, in effetti, non soffra di alcuna remora a parlare e vivere il sesso in modo assolutamente normale, senza troppe ansie e senza quel senso del peccato che permea le società contrassegnate da una forte presenza delle religione.
Il sesso del resto è vissuto in maniera laica anche da un punto di vista delle relazioni; in Cina i divorzi sono all’ordine del giorno, come le scappatelle che spesso diventano dei casi mediatici, quando coinvolgono politici o noti uomini d’affari. Quando Bo Xilai, l’ex principino condannato all’ergastolo per corruzione, venne incriminato, cominciarono a girare notizie e rumor di sue presunte tresche con note attrici (in alcuni casi a pagamento).
Alcuni politici vennero condannati perché pizzicati a girare un video con alcune prostitute. O ancora, recentemente, la campagna anti corruzione lanciata dal neo Presidente Xi Jinping, ha visto come grandi protagonisti proprio le amanti dei politici: sono state loro, in molti casi, le principali «fonti» degli investigatori. Le «amichette» dei politici cinesi, del resto, spesso si trovano tutte nello stesso palazzo, in determinati quartieri della città. Sono tutte amanti di qualche potente, nascoste a occhi indiscreti e in luoghi considerati «sicuri» (ci sarebbe da chiedersi come si potrebbe tradurre «olgettine» in cinese).
In riferimento alla concezione del sesso e delle relazioni sentimentali in Cina, c’è infine il fenomeno della prostituzione; illegale, ma per certi versi, tollerato. In centri ad hoc, spesso nascosti da insegne che promettono massaggi. Tollerato, risaputo, ma anche punito quando scoperto o quando diventa un corollario di accuse per il politico di turno che ha incrociato il vento malefico del Partito. Le prostitute e spesso i loro clienti, finivano infatti nei noti «centri di rieducazione attraverso il lavoro», i famigerati «laojiao», che le nuove Riforme annunciate dal Partito dovrebbero abolire, per essere sostituite da strutture di cui ancora non si sanno i particolari.
Come ha scritto recentemente The Atlantic, «Il tasso di prostituzione – illegale in Cina – è aumentato ogni anno dal 1982, secondo un recente studio condotto da studiosi della Rutgers University. Una ragione potrebbe essere che le autorità non hanno realmente intenzione di stroncare il fenomeno, anche perché la polizia usa le multe come una forma di “fondi fuori bilancio”, che crea un incentivo a gestire la prostituzione piuttosto che cercare di eliminarla completamente».
[Scritto per Wired]