Natale, tempo di bilanci e di regali. Ai ritardatari interessati all’Asia ci permettiamo di consigliare i libri pubblicati quest’anno da China Files. Ce ne è per tutti i gusti: dalle sfide della nuovissima Cina alla narrazione tossica sul caso Marò fino ad arrivare al Tibet. Dal ricordo di Tian’anmen alle sfide che internet impone a un regime totaliario. E, sicuramente, Asia Magazine la nostra rivista mensile. Buone feste e buone letture.
Il nuovo sogno cinese (Simone Pieranni, manifestolibri, 2013)
Come trasformare la quantità in qualità? In che modo la Cina si organizza per preparare un nuovo cambiamento, anch’esso di dimensioni epocali e globali? La Cina ha rappresentato per grandi masse il sogno socialista. Poi, con gli anni Novanta, la speranza di un paese capace di affrancare milioni di persone da povertà a condizioni disumane, trasformandosi in una potenza economica. Oggi il "nuovo sogno cinese", più volte citato dal neo-presidente Xi Jinping, è quello di riportare la Cina ai fasti del passato, quando dominava l’Asia e spaventava il mondo intero con la sua cultura, le sue invenzioni e la sua forza militare. Il volume mira a presentare il nuovo corso cinese attraverso l’analisi del cambiamento politico che ha portato la "fabbrica del mondo" sulla strada di nuove riforme destinate a cambiarne radicalmente la natura, non senza alimentare conflitti politici e contraddizioni sociali. Forse non esisteva e non esisterà in futuro un "modello cinese", ma la strada intrapresa dal Dragone finirà per pesare, economicamente e culturalmente, anche sugli equilibri del mondo occidentale attanagliato dalla sua crisi.
Potete leggerne un estratto qui e comprarlo qui.
I due Marò. Tutto quello che non vi hanno detto (Matteo Miavaldi, Alegre, 2013)
Il caso dei due marò italiani, accusati di aver ucciso due pescatori indiani, fatti rientrare in Italia e poi rispediti in India, si è trasformato nella peggiore debacle della diplomazia italiana. Le responsabilità politiche principali ricadono sulle spalle del titolare della politica estera, Giulio Terzi di Sant’Agata, non a caso poi dimessosi. Ma la vicenda si rivela torbida sin dagli inizi in una miscela di toni sensazionalistici contro l’India e "informazione tossica". Matteo Miavaldi ricostruisce tutti i singoli passaggi di questa storia iniziata il 15 febbraio 2012 quando dalla Enrica Lexie, petroliera privata protetta dalla Marina militare italiana, partono i colpi che uccideranno Ajesh Binki (25 anni) e Valentine Jelastine (45), le vere vittime di questo affaire pasticciato. Da lì in poi, ci si imbatte in ricostruzioni inventate, notizie nascoste e non verificate, doppie versioni costruite dalla Farnesina e dalla stampa compiacente, un ruolo ambiguo della destra più estrema fino alla farsa politica, diplomatica e umana, dello scontro con il gigante indiano. Una vicenda che mette in mostra un’Italia debole e inetta dal punto di vista della politica internazionale ma che rivela anche il peso formidabile della campagna nazionalista promossa dalla destra e, soprattutto, il ruolo di un’informazione costruita su finzioni e quasi-verità.
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#35maggio. Ricordare Tiananmen (Cecilia Attanasio Ghezzi, BeccoGiallo, 2013)
Un ragazzo. Una madre. Un funerale. Una piazza. Una sola moltitudine. Un cortile. Il 35 maggio.
Oltre duecento studenti morti in piazza accertati, ma si pensa siano stati almeno dieci volte tanto. Silenzio e negazionismo da parte di uno Stato che non vuole aprire una ferita troppo dolorosa. Il ricordo delle madri che ogni anno chiedono sia ristabilita giustizia e verità. Piazza Tian’anmen rappresenta una pagina della storia cinese completamente cancellata al grido degli slogan "arricchirsi è glorioso" e "non importa se il gatto sia bianco o sia nero, l’importante è che mangi i topi". La rete però non dimentica e ogni anno trova nuovi stratagemmi per aggirare la censura. Così inventa il 35 maggio e costringe la grande Repubblica popolare alla situazione ridicola di dover censurare una data che non esiste su nessun calendario.
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La danza del drago digitale. Informazione e censura: voci dal web cinese (China Files, 5diCopertina, 2011)
Internet in Cina ha costituito un bizzarro esperimento sociale: da un lato il governo ha provveduto in ogni modo a contrastare la diffusione di dibattiti politici e le critiche sul suo operato, cercando un controllo attraverso il Great Firewall, un sistema di filtri alla navigazione, nonché finanziando quello che viene definitio “l’esercito dei 50 centesimi” per la paga corrisposta ad ogni commento favorevole al governo postato on line. Dall’altro lato la stretta censura ha creato meccanismi di superamento dei controlli dando vita ad uno straordinario e vivace internet locale, attraverso lo sviluppo di blog che hanno reso celebri nel più grande mercato internet del mondo e non solo voci di protesta e ripensamento dell’identità cinese. Con esse si sono sviluppate nel tempo discussioni sul resto del mondo, svelando una coscienza nell’uso dei social network che avvicina la Cina ai paesi del Mediterraneo in rivolta, pur senza una ricaduta reale negli equilibri politici del paese. Le caratteristiche del web cinese, i meccanismi di censura e i modi fantasiosi con i quali i cinesi li superano quotidianamente e – soprattutto – le voci in presa diretta dal web cinese.
Potete comprarlo qui. Molti dei blogger tradotti sono consultabili anche su Caratteri Cinesi.
Brand Tibet: la causa tibetana e il suo marketing in Occidente (S. Pieranni e M. Crocenzi, DeriveApprodi, 2010)
In Occidente, la "questione tibetana" ha riscosso grande successo, arrivando a coinvolgere numerosi personaggi della politica, dello spettacolo, dello sport… Manifestazioni di solidarietà al popolo tibetano, che spesso si risolvono in aperto schieramento anti-cinese. Il fenomeno del "Free Tibet" si inserisce, però, in una realtà occidentale dove spesso non è presente una conoscenza precisa dei fatti storici. Questo volume prova anzitutto a rispondere a due domande: perché il Tibet ha riscosso tanto successo all’interno delle dinamiche comunicative occidentali? Quali sono stati, storicamente, i rapporti tra cinesi e tibetani? Dall’antichità all’epoca dell’imperialismo, dall’avvento del comunismo ai giorni nostri, la storia dimostra quanto le relazioni tra Cina e Tibet siano complesse. Una complessità che in quasi tutte le posizioni occidentali esplicitamente filo-tibetane non è mai presa in esame. A farne le spese è ancora una volta la capacità di comprensione, barattata per un marketing politico di scarso valore che prova a vendere la "questione tibetana" come fosse un marchio qualunque. Per questo il problema del Tibet e del Dalai Lama può trasformarsi in un vero e proprio brand commerciale, da sommare come valore aggiunto spirituale a qualunque prodotto in vendita. Per questo può diventare un brand politico facile da diffondere, che dietro la presunta difesa della spiritualità buddhista e tibetana nasconde un’evidente campagna anti-cinese.
Potete compralo e leggerne un estratto qui.
Asia Magazine è a nuova scommessa digitale de il manifesto e China Files. È a pagamento e costituisce un tentativo unico in Italia: creare una rivista dedicata all’Asia, con foto, immagini e testi originali e in grado di avvicinare il continente asiatico ai lettori italiani. Per farlo però, abbiamo bisogno di download e pagamenti, perché la qualità ha un suo costo. Qui troverete le monografie dedicate a classe media, urbanizzazione e innovazione più l’ultimo numero dedicato ai confini (non solo geografici). Con in cantiere una sorpresa per i 120 anni di Mao.
Acquistate la app qui. Anche l’anno prossimo faremo uscire una monografia al mese. Le prime tre del 2013 sono acquistabili anche singolarmente.
L’Asia è vicina. La rivoluzione della classe media
Come sostiene Wang Hui – un intellettuale caro sia alla nuova che alla vecchia sinistra in Cina come in Europa, copiosamente citato sia dal Manifesto che da China Files – è giunto il tempo di trovare nuove parole, di indagare nuovi processi, perché le vecchie letture – e ancora di più le vecchie soluzioni – non funzionano più. Così China Files, grazie all’incoraggiamento e al supporto del Manifesto, si è lanciata in questa nuova avventura. Raccontare l’Asia attraverso un mensile che prenda di petto un tema e lo svisceri nelle diverse accezioni in cui prende forma in varie parte del continente estremo orientale. Apriamo con la classe media. Ma che cos’è la classe media? Nei ben più conosciuti Stati Uniti sotto questa etichetta vanno sia i colletti bianchi di Wall Street, sia quelli blu delle fabbriche, sia i redneck sul trattore. E quando c’è crisi, il presidente Obama parla sempre di impoverimento della “classe media”. E in Asia?
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Urban Asia. Le metropoli del futuro
L’Asia nei media nostrani è stata spesso associata ad un’immagine esotica, di mistero, ricca di elementi sconosciuti, quando non un po’ pericolosi. Anche per questo, il secondo numero dedicato all’Asia realizzato da China Files in collaborazione con il manifesto, è dedicato alle metropoli asiatiche. Megalopoli che oggi rappresentano una cartina di tornasole di processi storici, urbanizzazione, trasformazioni sociali che hanno cambiato per sempre l’immagine delle città – e delle società – asiatiche. L’importanza di analizzare i cambiamenti urbani, sotto diversi punti di vista, nasce dalla volontà di scrutare la complessità del continente: registrare i cambiamenti che possono accomunare molte città asiatiche al mondo che conosciamo e analizzare le novità, le caratteristiche, che invece fanno dell’Asia un mondo altro rispetto al nostro.
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InnovAsia. Come cambia un continente
"Io non innovo, tramando", diceva Confucio. E allora c’è da chiedersi in che modo il continente asiatico, così segnato da questa massima, affronti oggi la sfida delle sfide, quella sull’innovazione. E’ vero che alcuni paesi hanno saputo sviluppare fenomeni innovativi nel tempo – il Giappone, la Corea del Sud – in modo più globale di quanto non abbia fatto ad esempio la Cina.
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