5 morti e 38 feriti. È questo il bilancio provvisorio dell’”incidente automobilistico” avvenuto ieri 28 ottobre in Piazza Tian’anmen quando una jeep lanciata a tutta velocità ha rotto le barricate di fronte alla città proibita e si è incendiata sotto il ritratto di Mao Zedong. La polizia indaga su cittadini provenienti dallo Xinjiang (updated). 30 ottobre – Update
Update – La polizia di Pechino è alla ricerca di 8 persone e 5 numeri di targa (4 macchine e una motocicletta). I sospettati sono tutti uiguri della regione autonoma dello Xinjiang tranne uno: Liu Ke (21 anni) è originario della regione sudoccidentale del Sichuan e ha registrato la sua residenza in una città dello Xinjiang in un palazzo di proprietà della polizia. Gli alberghi di Pechino hanno ricevuto l’obbligo di non accettare ospiti che rispondano alla seguente descrizione: "maschio, uiguro e con folta barba".
29 ottobre – La notizia
Secondo i media ufficiali sono decedute tutte e tre le persone – al momento ancora non identificate – che si trovavano all’interno dell’auto e due turisti: una donna filippina e un cinese della regione meridionale del Guangdong. Le prime ricostruzioni parlano di una Jeep 4×4 di colore chiaro che ha percorso a tutta velocità 400 metri, si è schiantata su una barriera di sicurezza e ha preso fuoco per ragioni ancora sconosciute.
L’esplosione è avvenuta nel luogo simbolo di Pechino, proprio sotto il ritratto di Mao Zedong che domina l’ingresso sud della Città Proibita e ha fatto pensare a molti che si trattasse di un attentato ma né la polizia né i media statali hanno diffuso un comunicato ufficiale a proposito.
Solo il Global Times in lingua inglese sposa esplicitamente l’ipotesi dell’attentato. Riporta la testimonianza di una turista filippina di nome Francesca: “Ho sentito un clacson, ma me ne sono resa conto troppo tardi. Sono svenuta e quando mi sono risvegliata ero per terra”.
Sempre secondo quanto riportato dallo stesso quotidiano, lunedì sera la polizia avrebbe avvisato tutti gli alberghi della capitale di informarla su eventuali “ospiti sospetti” e sarebbe alla ricerca di informazioni su “veicoli sospetti”.
Nello stesso comunicato si legge che tra i sospettati ci sarebbero due persone provenienti dalla regione autonoma dello Xinjiang, la provincia dell’estremo occidente cinese a maggioranza musulmana spesso teatro di “attentati” indipendentisti.
A corroborare questa lettura dei fatti, sempre secondo la nota diffusa dalla polizia e riportata dal Global Times, ci sarebbe anche la descrizione del “suv di un colore chiaro e acceso” (secondo una testimonianza raccolta dal New York Times l’auto sarebbe stata bianca) e 4 numeri della targa che testimonierebbero la provenienza dalla regione autonoma.
Ieri sera su internet circolava un documento in cui si leggeva che la polizia di Pechino avrebbe spiccato un mandato d’arresto per i due cittadini originari dello Xinjiang che rispondono ai nomi di Youssef Ashanti e Youssef Oumarniaz. Uno dei due sospettati, per altro, sarebbe un residente di Lukeqin, teatro degli scontri etnici che hanno fatto 27 morti lo scorso giugno.
L’incidente, oltre che in un luogo sensibile, è accaduto mentre si aspettano le date definitive del terzo plenum del Pcc. Il meeting che dovrebbe tenersi nel mese di novembre è importante perché indicherà le linee guida in materia economica e sociale della nuova era, con Xi Jinping alla guida del Paese. In effetti, al momento dello schianto, tutti e sette i membri del Comitato permanente del Politburo, il gotha del Partito, erano riuniti nella Grande Sala del popolo che si affaccia anch’essa su piazza Tian’anmen, a qualche centinaia di metri da dove è avvenuto l’incidente. L’agenzia di stampa Xinhua riporta anche che un funzionario di alto grado del governo centrale ha ispezionato la scena.
Il dipartimento della polizia di Pechino ha comunicato dal suo account Weibo, il twitter cinese, che l’incidente è avvenuto alle 12:05 di lunedì e che per le 13:09 “il traffico era tornato alla normalità”. Secondo quanto riportato dal New York Times il portavoce del ministero degli Esteri si sarebbe rifiutato di rispondere sulla possibilità che l’incidente potesse essere un attacco terroristico.
A luglio di quest’anno un petizionista in sedia a rotelle si era fatto esplodere al terminal internazionale degli aeroporti di Pechino per protestare contro la giustizia locale, ma l’ultimo incidente avvenuto nella piazza più controllata del pianeta risale al 2011, quando un altro petizionista si era dato fuoco più o meno dove ieri ha preso fuoco la jeep. Le fiamme erano state spente dalla polizia in una decina di minuti.
Un evento simile era accaduto un paio di anni prima, mentre nel 2001 due persone erano morte e tre erano rimaste ferite sempre a seguito di tentativi di autoimmolazione. Nel 2009 altre tre persone si erano fatte esplodere nella vicina via dello shopping, Wangfujin. I dettagli di tutti questi episodi sono rimasti per lo più sconosciuti ma negli ultimi anni la sicurezza nella piazza si è fatta sempre più attenta. Si accede solo passando attraverso bodyscanner e metal dector, chiunque ricordi alla polizia un petizionista viene perquisito e postazioni con estintori sono visibili ovunque.
Immediatamente dopo il tragico evento è stata chiusa la stazione della metropolitana e i turisti sono stati allontanati. Due giornalisti della France Press sono stati costretti a cancellare le foto che avevano fatto sul luogo.
Le fotografie che sono circolate online mostrano un veicolo in fiamme e il fumo nera che copre il ritratto di Mao. Immagini e discussioni sono state velocemente cancellate dall’intranet cinese. Impossibili le ricerche alla voce "Tiananmen", a cui si aggiungono termini come suicidio, attacco a sorpresa, incendio, incidente stradale, esplosione.
Le migliaia di censori che operano sulla rete sono stati forse addirittura più veloci del solito. Al di là delle notizie riportate da Xinhua, sembrano essere scomparsi anche gli update di media in genere considerati mainstream come Caijing e China Weekly. Perfino un primo resoconto del Quotidiano del Popolo – considerato il megafono della voce del Partito – sembra essere scomparso. E il tg della televisione di stato delle 19:00 non ha fatto menzione dell’accaduto. I tweet su Weibo sono stati quasi tutti cancellati forse proprio per evitare una discussione che può assumere direzioni potenzialmente “pericolose per la stabilità” della grande Repubblica popolare.
Stando alla cronaca del New York Times ai turisti che chiedevano spiegazioni sulla chiusura del tratto di marciapiede di fronte alla città proibita la polizia avrebbe fornito questa risposta: “si tratta di un’attività speciale di cui non conosciamo i dettagli. Ma domani sarà tutto finito.”
[Scritto per Lettera43]