In Cina esistono perfino "villaggi di riproduzione della ceramica antica" dove, alla luce del sole, si produce il falso nell’arte. Nessuno stupore quindi che nelle aste circolino migliaia di opere di artisti che, in tutta la loro vita, ne hanno fatte solo centinaia. Viaggio in due puntate nella bolla dell’arte cinese. “Del gran numero di collezionisti cinesi, meno dell’uno per cento merita davvero di essere considerato tale. Oggi, la febbre del collezionismo di beni culturali e opere d’arte è principalmente una febbre speculativa” afferma con un sospiro il vice direttore del Museo di Shanghai, Chen Kelun durante l’intervista rilasciata all’Economic Information.
A causa dei limiti che riguardano i parametri per l’autenticazione, la mancanza di integrità nelle transazioni e le debolezze della standardizzazione del sistema di mercato, oggi la speculazione sulle opere d’arte e sui beni culturali dilaga in Cina, portando con se un boom senza precedenti di riproduzione e vendita di falsi. La conseguenza di ciò è proprio l’inondazione di falsi sul mercato, dove l’assoluta maggioranza degli oggetti collezionati sono nuove riproduzioni; addirittura anche quegli speculatori che coltivano il sogno di arricchirsi in una notte, vengono ripetutamente ingannati e si ritrovano nella disperata situazione di fallimento.
Persone con una certa capacità di intuizione implorano: i dipartimenti governativi e i media dovrebbero dare maggiori indicazioni al fine di raffreddare la febbre speculativa sulle opere d’arte e far sì che il collezionismo ritorni alla normalità.
La diffusione selvaggia dei falsi necessita una disciplina urgente.
“Il volume delle transazioni nel mercato dell’arte in Cina, raggiunge ogni anno cifre che superano i cento miliardi di yuan. Proprio per via degli ingenti fondi nelle operazioni sul mercato delle aste e del grande numero dei partecipanti, questo è diventato il primo grande mercato in cui vengono scambiate pitture o altre opere d’arte false. Tuttavia, la legislazione sulle aste prevede una liberatoria: la casa d’asta non è mai responsabile per la vendita di articoli falsi. In questo modo il mercato delle aste è il mercato più grande in Cina in cui non vengono protetti i diritti e gli interessi di acquirenti e venditori. Alcuni collezionisti spendono milioni o anche decine e centinaia di milioni di yuan, per ritrovarsi nelle loro collezioni opere false. Tutto questo è davvero desolante. È arrivato il momento di prendere delle decisioni per risolvere questo problema”. [Questo è quanto] afferma, concitato, il famoso collezionista ed esperto Liu Wenjie, quando tocchiamo il tema dei falsi nel mercato delle opere d’arte di valore culturale e archeologico.
Sul mercato delle aste, negli ultimi anni, opere di calligrafia e dipinti di famosi artisti quali Qi Baishi, Fu Baoshi, Li Keran, Zhang Daqian si trovano quasi ad ogni asta, non importa quanto importante questa sia. “Come mai le opere di artisti famosi sono sempre di più?”, si chiede Liu Wenjie, che non crede all’esistenza di quarantamila opere di Qi Baishi come affermano gli pseudo-esperti: “Non è necessario essere un esperto di calligrafia o pittura per autenticare le opere, anche solo riflettendo sui numeri si capisce quanti articoli falsi circolino selvaggiamente sul mercato”.
Nella prefazione, contenuta nel volume «Antologia delle opere di Qi Baishi» pubblicato nel 1956, lo stesso Qi Baishi afferma: “Ho vissuto un’infanzia difficile, sono stato pastore e poi muratore ma ho sempre amato l’arte e la cultura; lavoro in questo settore da più di ottant’anni, e ora che ne ho quasi cento, tra le mie opere si contano alcune migliaia tra dipinti, poesie e timbri…”. In questo volume che ritrae Qi Baishi nel 1955, lui stesso affermava che il numero delle sue opere era di più di ottomila pezzi; in base ai conteggi apparsi nei documenti postumi compilati dai familiari e dai suoi studenti, le sue opere non sono più di quindicimila, dei quali cinque o seimila si trovano nelle collezioni di diversi musei. Se togliamo quelli danneggiati o persi nel tempo, possiamo calcolare che il totale di quelle in circolazione oggi sul mercato non siano più di diecimila. Ciò nonostante, in base alle statistiche incomplete del sito Arton, dalla metà degli anni Novanta dello scorso secolo, il numero delle opere di Qi Baishi oggetto di aste è attestato a circa venticinquemila articoli, di cui quattordicimila sono stati i lotti aggiudicati. Una quantità di gran lunga superiore alle opere originali in circolazione. In base alle stime di operatori interni al settore, le opere originali di Qi Baishi che potrebbero finire all’asta sono solo qualche migliaia. Il restante novanta per cento sono tutti falsi.
Nel caso di Fu Baoshi, i circoli accademici sono d’accordo nel calcolare che sono circa duemila le sue opere ancora in circolazione. Di queste più di mille sono conservate nei musei, eppure negli ultimi anni, all’asta, sono stati offerti più di seimila articoli dell’artista, e sono stati 2878 i lotti aggiudicati. Se prendiamo ancora ad esempio le opere di Li Keran, gli accademici stimano che il numero dei suoi quadri prodotti nell’intera vita sia oltre i mille articoli. Se si escludono quelle regalate ai musei, le opere sul mercato sono appena cinque o seicento in tutto, eppure ne sono state messe all’asta più di 7800.
Per quanto riguarda ceramiche e altri manufatti antichi, a causa delle enormi difficoltà di conservazione, dei numerosi danni, della difficoltà nell’autenticazione, i falsi sul mercato sono ancora più numerosi. Alcuni addetti del settore hanno dichiarato al giornalista dell’Economic Information che al giorno d’oggi sul mercato antiquario di primo livello è già difficile poter trovare lavori autentici di elevata qualità; se guardiamo al mercato di secondo livello, la percentuale dei pezzi autentici è davvero bassa: la messa all’asta e la vendita di fasi è diventata una consuetudine in questo settore.
La diffusione di pezzi falsi sul mercato ha fatto prosperare la produzione di copie di oggetti antichi, [tanto che] la riproduzione delle ceramiche è diventata [una vera e propria] industria. Recentemente il giornalista si è recato nel villaggio di Fanjiajing, a Jingdezhen, nella municipalità di Jingde, provincia del Jiangxi. All’entrata del villaggio il suo occhio è stato catturato da uno striscione orizzontale che informava: «Villaggio di riproduzione della ceramica antica»; eccoci nella famosa base della riproduzione di ceramica antica. Camminando per strade e vicoli larghi solo due o tre metri, i negozi sui due lati straripano di porcellane di ogni tipo e cartelli che indicano i motivi in smalto monocromatico, quello a pastelli oppure a fiori blu su sfondo bianco, tutti con il timbro della fornace imperiale delle dinastie Ming e Qing.
Vi si trovano perfino le porcellane smaltate a tre colori dell’epoca Tang, le figurine di terracotta delle dinastie del Nord e del Sud. C’è tutto quello che avrebbe dovuto esserci, un piacere per gli occhi che di tanto in tanto intravedevano giovani donne sedute all’interno, intente a decorare alcune teiere. Il proprietario di un negozio avverte con franchezza: “Le cose che vedi qui sono tutte copie di oggetti antichi, non credere di comprare pezzi originali. Però se li rivendi come originali, non se ne accorge nessuno”.
In alcuni laboratori di alto livello, i responsabili affermano ripetutamente, allo stesso modo, che loro non producono falsi ma copiano antichità, pertanto non hanno nessuna responsabilità se i vasi che portano il marchio attestante la produzione durante il regno dell’imperatore Qianlong, una volta usciti dai loro negozi finiscono all’asta e vengono rivenduti come pezzi originali.
Yanjian, un villaggio del paese di Gezhai, contea di Yichuan, municipalità di Luoyang, nella provincia dello Henan, è il luogo più famoso in Cina per le imitazioni degli oggetti in bronzo della dinastia Qing. In quasi ognuna delle ottocento e più famiglie del villaggio, c’è una persona coinvolta nella riproduzione di copie dei bronzi Qing. [Questa attività] infatti dà lavoro a un totale di circa ottocento persone. In base a quanto dimostrano i dati forniti dall’amministrazione locale del paese di Gezhai, lo scorso anno l’industria delle riproduzioni dei bronzi di epoca Qing del villaggio di Yanjian ha realizzato un fatturato di centoventi milioni di yuan, [portando a] un aumento del reddito pro-capite di milleottocento yuan.
In merito alle imitazioni di calligrafie e dipinti, vista la semplicità nella tecnica, basta trovare una mano esperta e iniziare a produrre. Il giornalista dell’Economic Information si è recato a Pechino, a Liulichang, per fare alcune interviste; in quell’occasione è stato ripetutamente bloccato da alcuni commercianti che, in piccoli gruppi, lo hanno invitato a visitare i loro negozi. All’interno, vi ha trovato un gran numero di copie di calligrafie di Fan Ceng, Qi Baishi, Zhang Daqian e altri. In alcuni distretti, qualche studente dell’Accademia d’arte, alcuni appassionati di pittura se non addirittura persone formate appositamente dai mercanti d’arte, chiamate "le mani dei fantasmi", sono specializzati nell’imitazione di dipinti antichi e di qualsiasi tipo di calligrafie di eminenti personaggi. Alcuni ne copiano solo un tipo, facendo del loro meglio per raggiungere la perfezione nella forma riprodotta. Secondo quanto rivelano alcuni addetti del settore, in seguito al forte stimolo degli interessi economici, in molte città tra cui Pechino, Tianjin, Nanchino, Shanghai e Canton sono nati dei laboratori che oggi sono la base per l’imitazione specializzata di dipinti e calligrafie famose.
La speculazione porta all’accumulo dei rischi
Due o tre anni fa, misteriosi fondi di dubbia origine si sono materializzati all’improvviso sul mercato dell’antiquariato: il dollaro d’argento con il ritratto di Yuan Shikai del periodo della repubblica del 1912 era diventato molto richiesto e così il suo prezzo – un valore di qualche decina di yuan negli anni precedenti – era aumentato rapidamente a qualche migliaio di yuan. Alcuni commercianti hanno guadagnato velocemente una fortuna, mentre alcuni collezionisti che non avevano capito cosa stava accadendo, hanno pensato bene di accumulare quelle monete considerate rare, senza aspettarsi che le quotazioni sarebbero presto scese da migliaia di yuan a quattro o cinquecento yuan al pezzo. Molti collezionisti si sono così ritrovati in trappola.
“È tutta colpa della speculazione", ha detto al giornalista dell’Economic Information il signor Zhang Yunmin, un esperto collezionista di Shenyang. Negli ultimi anni, il collezionismo nel senso più tradizionale del termine ha subito uno stravolgimento alla base e i collezionisti, che erano gruppi minoritari, sono diventati ormai gruppi consistenti. Così anche l’atto del collezionare, un tempo caratterizzato dalla discrezione, è diventato qualcosa da pubblicizzare su grande scala e il suo scopo, in origine il lavoro di ricerca e di valutazione, oggi è diventato l’investimento e la speculazione. Le antichità, che raccontano storie di altri tempi, sono ormai trattate come fonte di guadagno e passano così di mano in mano.
Nei due o tre anni successivi allo scoppio della crisi finanziaria del 2008, c’è stata una nuova ondata di aumento delle quotazioni delle opere d’arte cinesi: gli investimenti speculativi si sono affacciati sul mercato, che ha assistito a ondate speculative sempre più alte.
Nel 2009, il rotolo di Wu Bin «Shiba ying zhen tujuan» (Il rotolo dei diciotto scenari veritieri), dell’epoca Ming è stato venduto a 16,9 milioni di yuan, segnando l’inizio di quotazioni milionarie per le pitture cinesi.
Nel 2010 i lotti all’asta con un prezzo di aggiudicazione a otto zeri sono rapidamente aumentate: «Dizhuming», la calligrafia di Huang Tingjian è stata venduta a più di 400 milioni di yuan; «Aihen hu», (Lago Aihen), il dipinto di Zhang Daqian è stato aggiudicato per 108 milioni di yuan, «Baren jishui tu», (Trasportatori d’acqua) di Xu Beihong per 17,1 milioni, mentre «Ping’an tie» (Libro della pace), la calligrafia di Wang Xizhi, è stata assegnata a 308 milioni di yuan.
Nella primavera del 2011, il dipinto «Zhichuan yiju tu» (La migrazione di Zhichuan), di Wang Meng è stato venduto all’asta per più di 400 milioni mentre «Songbai gao li tu – zhuanshu siyan lian» (Aquila su albero di pino – Distico di quattro caratteri in stile sigillare) di Qi Baishi ha superato i 425 milioni di yuan.
Sia le organizzazioni che i fondi di investimento hanno introdotto nel mercato enormi quantitativi di capitale e la febbre speculativa, attraverso la grande quantità di moneta, ha diffuso turbolenze sul mercato, portando con sé un aumento notevole del volume d’affari totale delle aste sui reperti del patrimonio culturale cinese. Nel 2012 ha raggiunto i 39,696 miliardi di yuan, ovvero un aumento del 74,03 per cento; [un aumento] di gran lunga superiore a quello su scala mondiale, che si è fermato al 52 per cento.
I prezzi alle stelle vanno ben oltre la capacità d’acquisto dei comuni collezionisti, che, impotenti, denunciano: “non possiamo più comprare le opere”, “il collezionismo si è arreso al capitale”.
Gli operatori delle case d’asta fanno continuamente pubblicità agli articoli che costano cifre esorbitanti: i prezzi dei beni del patrimonio culturale cinese sono differenti da quelli esteri, ma le cose di valore dovrebbero essere comunque vendute a un prezzo adeguato. In futuro de il margine di aumento del valore sarà ampio come [già successo] in precedenza, ci saranno anche aste miliardarie.
Ma le cifre astronomiche seducono, così molte persone non sono più disposte a concentrare oltre modo i loro interessi sull’autenticità di un opera d’arte, sul valore artistico, su quello storico e su quello scientifico. Tutto è secondario rispetto al riuscire a far soldi. Nella valutazione del successo di un collezionista, il primo indicatore è quanto costui si sia arricchito, mentre sul mercato aleggia impetuosa l’etica della speculazione.
Un operatore di questo settore ricorda che una volta, in una casa d’asta, era stato offerto un dipinto di un famoso artista ancora in vita. Fu l’autore stesso a rivelare che quel quadro era un falso quando, durante l’asta, si alzò in piedi dicendo: “Il quadro è un falso, l’asta deve essere bloccata”. In quel momento un ragazzo di fianco all’artista lo invitò a sedersi, rispondendogli “Io lo compro anche se è falso, non stare a preoccuparti per me”. Proseguì alzando ripetutamente la paletta e riuscì ad aggiudicarsi il quadro.
Un’altra persona che lavora da tempo nel settore dei musei, è riuscito a mettere insieme una somma cospicua, rastrellando fondi anche dai mercati esteri per molti anni. In questo modo ha potuto comprare porcellane imperiali delle epoche Ming e Qing per la cifra di centinaia di milioni di yuan.
Tuttavia, i rischi e la bolla sull’accumulo derivante da una eccessiva speculazione crescono rapidamente. Un operatore del settore che preferisce rimanere incognito, ci ha raccontato la storia di un vaso [cinese] apparso sul mercato delle aste a New York: il banditore aveva annotato il periodo a cui il vaso risaliva, fissato al tempo della Repubblica di Cina [1912], ma un contendente poco esperto di aste, una volta visionato il pezzo da vicino, si convinse che era del periodo dell’imperatore Qianlong e così durante l’asta ha combattuto fino alla fine per aggiudicarselo. Il risultato fu che questo vaso di inizio secolo, pure gravemente danneggiato, da un prezzo iniziale di qualche migliaia di yuan è arrivato a ben cento milioni di yuan, ed è stato per un po’ la barzelletta di ogni mercato d’asta.
Non molto tempo fa, un museo privato dello Shandong è stato chiuso dalle autorità perché sospettato di reperire fondi in maniera illecita. Sotto questo museo vi erano case d’asta, centri di scambio di opere d’arte e beni culturali e numerose altre aziende. In base a quanto riportato dai giornali, questo museo "usava i soldi per fare soldi", impiegando degli “addetti all’attrazione dei capitali” che raccoglievano i fondi offrendo rendimenti a tassi di interesse molto alti. Alla fine il blocco del flusso finanziario che tutto ciò aveva provocato, lasciò molti investitori senza più lacrime con cui piangere.
[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Tania Di Muzio]