Le attività finanziarie al di fuori del sistema bancario tradizionale continuano a crescere senza controlli. Parla Joe Zhang, “shadow banker” cinese, autore di un libro dal titolo esplicito: Inside China’s Shadow Banking: The Next Subprime Crisis. Per lui, l’antidoto a una rischiosa bolla del credito è nel mercato stesso. L’autorevole rivista economica cinese Caijing, ha fatto il punto sullo shadow banking – “credito ombra” – la parte di sistema finanziario che si sottrae al credito ufficiale rappresentato dalle banche di Stato. Il magazine riporta che, secondo il rapporto di un think-tank vicino al governo di Pechino, a fine 2012 il complesso delle attività sommerse poteva essere valutato intorno ai 20.500 miliardi di yuan (3.350 miliardi dollari), a fronte di un dato ufficiale di 14.600 miliardi di yuan (2.390 miliardi dollari ).
Non c’è una chiara definizione di credito bancario ombra, ma si ritiene in genere che in Cina sia costituito da fondi fiduciari, prodotti di wealth management e altri tipi di prestito che avvengono tra soggetti privati, siano essi singoli imprenditori, agenzie di prestito, di intermediazione o di patrimonio gestito.
Fatto relativamente recente, si è scoperto che anche le banche di Stato “impacchettano” parte dei propri soldi e li collocano sul mercato ombra, fuori dal sistema degli interessi decisi politicamente, a tavolino, e tenuti generalmente bassi. Succede così che anche una certa percentuale di credito ufficiale finisca in un settore senza regole, senza assicurazioni, che presenta un forte rischio di effetto domino lungo tutto il sistema nel caso di insolvenza dei debiti.
Ipotesi remota? Niente affatto: a giugno, una contrazione del credito sul mercato interbancario (il denaro che le banche si prestano tra di loro) ha rivelato proprio quello: gli istituti ufficiali erano a corto di liquidità perché troppo esposti in bad loans sul mercato ombra. E il governo è dovuto intervenire iniettando liquidità.
Le stime degli analisti variano anche circa la dimensione dello shadow banking, e vanno da un minimo di 2mila miliardi a oltre 30mila miliardi di yuan (4.900 miliardi dollari).
Secondo Haibin Zhu, capo economista per la Cina di JPMorgan, le società fiduciarie e di gestione patrimoniale rappresentano la fetta più grossa del settore. L’insieme della ricchezza che gestiscono ammonterebbe a circa il 28 per cento del Pil cinese. Zhu fa una stima per eccesso: secondo lui, il “credito parallelo” del Celeste Impero equivale a 36.000 miliardi di yuan (5.860 miliardi dollari) in tutto.
Se si prende per buona la stima ufficiale di 14.600 miliardi di yuan, quella “moderata politicamente”, staremmo già parlando del 40 per cento del Prodotto interno lordo e del 16 per cento delle attività bancarie nella seconda economia più grande del mondo.
È ancora poco rispetto ai Paesi evoluti, dove le attività finanziarie slegate dall’economia reale hanno ormai superato di gran lunga il totale del Pil, ma il punto è che in Cina il sistema è appunto “ombra”, totalmente fuori dalle regole, e quindi a rischio.
A un insider di prima categoria, Joe Zhang, chiediamo alcuni chiarimenti sullo shadow banking cinese – cos’è, come funziona, quali rischi comporta – e una sua visione prospettica, anche perché nel 2012 ha scritto un libro dal titolo esplicito: Inside China’s Shadow Banking: The Next Subprime Crisis.
Dopo aver lavorato per 17 anni nel mondo della finanza ufficiale, nel 2011 Zhang è rimasto folgorato sulla via di Damasco e, parole sue, “sono diventato io stesso un banchiere ombra. Ho gestito una società di microcredito a Guangzhou, che elargiva finanziamenti a migliaia di piccoli imprenditori: fioristi, ristoratori, allevatori, coltivatori di ortaggi, venditori ambulanti di strada”.
Secondo il suo libro, il credito ombra cinese rappresentava un paio d’anni fa circa il 20 per cento del Pil, mentre ora si parla del 40 per cento. È una crescita rapida, ma la quota è comunque ancora lontana dal 200 per cento del Pil che le attività finanziarie rappresentano nelle 26 principali economie del mondo. Tuttavia la maggior parte degli analisti guardano al loro boom in Cina come a una bolla, cioè un rischio. Perché?
Le stime si basano su definizioni diverse di shadow banking. Io utilizzo la definizione di Standard& Poor’s [“tutte le attività finanziarie al di fuori del sistema bancario tradizionale”, ndr]. Di fatto, la crescita del sistema bancario ombra sta rallentando, a causa dell’ampliamento della base e anche per la repressione da parte del governo. Ma cerchiamo di essere onesti: oggi il credito ombra sta ancora crescendo a ritmo elevato. Tuttavia non crollerà, almeno nell’immediato. Ne do una valutazione equilibrata: rappresenta un rischio importante, ma non esplosivo.
Può spiegare perché lo shadow banking attiri anche i soldi delle banche? E quali sono i principali prodotti di gestione patrimoniale cinesi?
Sia le famiglie, sia le banche vogliono fare più soldi. Il sistema bancario ombra (i prodotti di wealth management e prodotti fiduciari) sono meno regolamentati e offrono rendimenti più elevati. E così la gente, molto semplicemente, insegue i rendimenti.
I prodotti di gestione patrimoniale cinesi sono diversi da quelli occidentali. Sono essenzialmente dei depositi sotto mentite spoglie. Le stesse banche ufficiali offrono prodotti di wealth management che di fatto sono semplici depositi con interessi più alti, quali che siano le distinzione teoriche. Io stesso li ho comprati.
Lei sembra puntare il dito contro le società fiduciarie. Sono davvero un problema? Come funzionano?
Non sono altro che l’equivalente delle banche d’affari degli Stati Uniti negli anni Ottanta e Novanta. Permettono alle aziende fortemente indebitate, a quelle con poco cash-flow, oppure alle società di qualità inferiore o limitate dai regolamenti (come quelle del settore immobiliare), di raccogliere fondi attraverso prodotti fiduciari a rendimenti più elevati. E i tassi di interesse sono alti.
Il microcredito dovrebbe in teoria aiutare l’economia reale, soprattutto le Pmi. Oggi, in Cina, lo fa?
Lo shadow banking comprende molte cose: il microcredito, i monti di pietà, i prodotti di gestione patrimoniale presso le banche, le società fiduciarie e i prestiti tra imprese.
In realtà, da biasimare sono le autorità di regolamentazione e il settore bancario pubblico. A mio avviso, hanno idee assolutamente stupide su due cose: tengono i tassi di interesse bancari artificialmente troppo bassi. E regolano strettamente il microcredito, danneggiando le Pmi (invece di aiutarle).
In un articolo per Bloomberg, Zhang scrive anche che, certo, il settore potrebbe essere anche regolato meglio. «Ma molte delle norme già in vigore sono vaghe e irragionevoli. Le autorità non hanno per esempio mai definito chiaramente cosa costituisca “raccolta di fondi illegale”, un aspetto fondamentale». E d’altra parte «agenzie di microcredito come la nostra possono avere prestiti da non più di due banche e per più del 50 per cento del loro capitale sociale. Perché solo due banche? Perché solo il 50 per cento? Queste restrizioni sono arbitrarie e limitano fortemente la nostra capacità di concedere prestiti a clienti disagiati.».
Quasi scontata, quindi, la sua risposta alla successiva domanda.
Come può la leadership cinese aprire ulteriormente il mercato finanziario (cioè ottenere più soldi per finanziare la grande transizione economica) senza attirare la grande speculazione finanziaria internazionale? In altre parole , come possono mantenere il controllo sull’economia?
Non hanno bisogno di controllare l’economia. Non sono in grado di controllarla. La lascino crescere per conto suo. Liberalizzino i tassi di interesse e deregolamentino il sistema bancario ombra.
Pensa sia possibile sgonfiare la bolla?
La bolla può essere sgonfiata, sì. Come? Alzando i tassi di interesse bancari. Lentamente, ma con decisione.
La leadership cinese è sul punto di rilasciare le principali linee guida di una grande riforma economica. Lei cosa si aspetta?
Un sacco di discorsi vuoti. Niente di importante o di diverso dal passato.
«Lo shadow banking – scrive Zhang – è fiorito in Cina per una semplice ragione: la repressione finanziaria. Mantenendo i tassi di interesse artificialmente bassi, le autorità hanno indotto i risparmiatori a cercare prodotti finanziari più redditizi. E favorendo le banche [di Stato] – che a loro volta offrono i prestiti alle imprese di Stato o o quelle private dotate di “buone relazioni” – hanno costretto le piccole imprese a cercare gente come me.»
Alzare i tassi d’interesse bancari, offrire maggiori rendimenti ai risparmiatori. Solo così, secondo un banchiere ombra «è possibile ridurre la quantità di credito che perfino dal settore bancario formale fluisce verso i prestiti loschi».