Più che una democrazia compiuta, le Maldive rischiano seriamente di diventare una Repubblica delle Banane. L’arcipelago tropicale a sud della penisola indiana si trova infatti ad affrontare una crisi politica di cui non si intravede la fine. E che rischia di mettere a rischio gli equilibri geopolitici sull’Oceano indiano. Sabato la polizia ha fatto irruzione nell’ufficio del responsabile della commissione per le elezioni impedendo lo spostamento delle scatole per le schede elettorali e altri materiali verso le stazioni di voto.
“Un giorno nero per la democrazia”, ha spiegato all’agenzia di stampa locale Minivan un altro rappresentante della commissione elettorale. La polizia infatti ha effettuato un vero e proprio colpo di mano, bloccando tutte le operazioni e facendo sapere che nessun documento riguardante le elezioni lascerà l’ufficio della commissione.
Affermazioni smentite dalle forze dell’ordine: "La commissione per le elezioni non era abbastanza preparata al voto: le liste elettorali non erano pronte", ha spiegato al quotidiano locale online Haveeru il capo della polizia di Malé Abdulla Riyaz. "Non è giusto dare la colpa ad altri per i loro errori".
È però vero che è la seconda volta nelle ultime tre settimane che un’elezione viene cancellata per le ragioni più diverse e non sempre del tutto convincenti. Ma procediamo con ordine.
Il 7 settembre scorso si sono tenute le prime elezioni. Il presidente eletto nel 2008, Mohammed Nasheed del Maldives Democratic Party (Mdp), ha ottenuto il 45 per cento dei voti, appena 5 per cento al di sotto del quorum necessario per evitare il ballottaggio. Nasheed, in realtà non ha mai concluso il proprio mandato: è stato deposto a febbraio 2012 da un altro coup militare e sostituito dal suo vice Mohamed Waheed. Il quale si è presentato alle elezioni contro il suo presidente ottenendo appena il 5 per cento, per poi ritirarsi dalla corsa elettorale.
Il secondo turno di votazioni si sarebbe dovuto tenere il 28 settembre scorso, ma la Corte suprema ne ha ordinato la cancellazione del risultato del primo turno. La massima autorità giudiziaria del paese-arcipelago ha infatti accolto un ricorso per irregolarità nel voto di uno dei candidati. L’avversario del 46enne Nasheed al ballottaggio sarebbe dovuto essere Abdulla Yameen, cognato dell’uomo che ha governato le Maldive per trent’anni, Maumoon Abdul Gayoom. Ora è tutto da rifare.
Gayoom, appunto. Secondo molti ci sarebbe lui dietro quello che appare un complotto per impedire a Nasheed di vincere un secondo mandato. Nei suoi trent’anni di governo, infatti, avrebbe stretto una rete di relazioni estensiva, in particolare nella polizia e nelle alte sfere giudiziarie. “In questa situazione non ci sono le condizioni per delle elezioni democratiche. La polizia ha già fermato questo processo legittimo ben due volte”, ha dichiarato al quotidiano singalese Sunday Times, Ibrahim Zaki, ex consigliere e ministro di Nasheed.
E ora il rischio è che la crisi politica si risolva in violenza: il che metterebbe in serio pericolo l’economia del paese, basata soprattutto sul turismo che costituisce il 60 per cento del Pil del paese ed è la principale fonte di rendita fiscale per il governo di Malé.
Ma il rischio è anche di tipo geopolitico. Le Maldive infatti si trovano in una zona cruciale per le tratte commerciali che passano nell’Oceano indiano. Anche per questo motivo, l’India ha espresso la sua più “seria preoccupazione”.
Nuove elezioni entro il 20 ottobre sono di fondamentale importanza, dicono gli analisti. Consigli rimasti inascoltati. Trascorso il weekend di tensione, infatti, oggi la commissione elettorale del paese ha fissato una data per le nuove elezioni: il prossimo 9 novembre. Sarà sufficiente per avere entro l’11 novembre, ovvero secondo i tempi previsti dalla costituzione nazionale, un nuovo presidente? Da pacifico paradiso di villeggiatura, oggi le Maldive rischiano di diventare una mina vagante per i precari equilibri regionali.
[Scritto per Linkiesta; foto credits: Afp]