L’ispettore Chen Cao è in vacanza, ospitato in una residenza di lusso sulle rive dell’idilliaco Lago Tai. Quando il direttore di una delle più importanti industrie chimiche della zona viene assassinato, i sospetti convergono su Shanshan, energica donna a capo di un movimento ambientalista. China Files vi regala uno stralcio dell’ultimo giallo di Qiu Xiaolong (per gentile concessione di Marsilio editori).
Il traghetto scomparve nella foschia. Chen si voltò e si diresse fischiettando verso il Centro, quando all’improvviso il suo cellulare cominciò a vibrare. Era un sms di Shanshan: “Adesso anche lei ha il mio numero. Shanshan.” Bene, pensò lui sorridendo.
Quell’sms dimostrava un entusiasmo per le nuove tecnologie che era forse caratteristico delle persone dell’età di Shans han. Chen aveva impiegato un paio di giorni, prima di imparare a scrivere e a inviare in modo corretto un sms in cinese.
Non aveva avuto scelta: era necessario per il suo lavoro, quindi aveva insistito. Ma non gli piaceva. Però sapeva che erano moltissimi i giovani che si scambiavano sms tutto il giorno. Non poté fare a meno di guardare di nuovo il traghetto, e proprio in quel momento ebbe l’impressione di essere osservato.
Una persona, che lo stava guardando, aveva sollevato un telefono cellulare come per scattargli una foto, ma poi si era girata di scatto quando si era accorta di aver richiamato l’attenzione di Chen. Poteva anche essere una coincidenza, ma quell’uomo aveva qualcosa che lo colpì: di mezza età, corporatura media, indossava una camicia bianca a mezze maniche.
Forse Chen l’aveva già visto, ma al momento non riuscì a ricordare dove. Magari era soltanto frutto della sua natura sospettosa.
A Wuxi era un anonimo turista in vacanza, e non un poliziotto che indagava su un delitto. Non c’era ragione di credere che qualcuno lo stesse pedinando. Chen riprese a camminare e, dopo aver oltrepassato diverse bancarelle, si voltò. Ma non lo vide più.
Ciò che gli aveva appena detto Shanshan, rifletté, poteva finire dritto nel suo rapporto per il compagno segretario Zhao. Certo, avrebbe dovuto svolgere delle ricerche, ma non c’era fretta, anche perché era sicuro che quelle notizie fossero importanti. E così si perse di nuovo.
La cartina che aveva con sé non gli fu di molto aiuto. Dopo aver vagato per due o tre isolati senza sapere bene dove andare, vide un gruppo di turisti diretti verso una strada costeggiata da salici, al seguito di una guida che teneva alta una piccola insegna.
Parlavano, gesticolavano, additavano un cartello stradale che indicava il parco, attraverso il quale, pensò Chen, avrebbe potuto tornare al Centro. Allora li seguì fino al cancello, dove una scritta avvertiva che il biglietto d’ingresso costava trenta yuan. Mostrò il pass del Centro ed entrò gratis.
Un altro dei vantaggi a disposizione soltanto degli alti dirigenti del Partito. Il parco brulicava di visitatori, la maggior parte dei quali provenienti dalle città vicine. Era sicuro che alcuni venissero da Shanghai, perché sentì una giovane coppia parlare con l’inconfondibile accento della sua città natale.
La donna, raggiante, era incinta di quattro o cinque mesi, e stringeva nella mano una coppia di minuscoli neonati in terracotta dai costumi sgargianti, oggetti tipici di Wuxi. Vicino al lago notò un assembramento di persone in attesa di salire a bordo di alcune grandi navi da crociera.
Una delle imbarcazioni aveva un aspetto così moderno e lussuoso, tutta luccicante e argentea, immersa nella luce del sole, che sembrava uscita da un film hollywoodiano. A ovest, non molto lontani dal molo, parecchi turisti stavano aspettando il loro turno per scattare fotografie di fronte a un’enorme roccia, sulla cui superficie piatta c’erano quattro grandi ideogrammi dipinti in rosso: “Incinta di Wu Yue”.
In origine l’espressione veniva usata in senso celebrativo, in realtà era il nome di quella zona del lago, diventata poi uno sfondo rinomato, perché secondo una credenza popolare quella roccia era benaugurante per le giovani coppie ansiose di formare una nuova famiglia.
Chen passò davanti a una statua di bronzo che raffigurava una tartaruga, il simbolo del parco, e vide una casa del tè costruita nello stile architettonico tradizionale: muri bianchi, colonne rosse, finestre a graticcio e, ricamato su uno stendardo oblungo di seta gialla che sventolava nella brezza, un grande ideogramma che indicava il tè.
I tavolini all’esterno erano gremiti di persone che bevevano tè, giocavano a poker e a scacchi, rilassandosi di fronte alla vista della superficie del lago, punteggiata da così tante vele bianche che rassomigliavano a nuvole. Era una scena fantastica.
Tuttavia, agli occhi della gente del posto, che l’avevano vista centinaia di volte, quello poteva sembrare semplicemente un locale dove si beveva il tè. Chen scelse un tavolo di bambù da cui si godeva, incorniciata dagli alberi, una vista sul lago scintillante, immerso nella luce del sole.
L’acqua non sembrava scura come quella che aveva visto vicino al traghetto, in compagnia di Shanshan. Arrivò una cameriera e posò una caraffa termica avvolta nel bambù e una tazza contenente un pizzico di foglie di tè.
*Qiu Xiaolong, scrittore e traduttore, è nato a Shanghai e dal 1989 vive negli Stati Uniti, dove insegna letteratura cinese alla Washington University di Saint Louis. Oltre ai sette episodi della serie dell’ispettore capo Chen Cao della polizia di Shanghai, tradotta in dieci paesi, di Qiu Marsilio ha pubblicato anche il romanzo Il Vicolo della Polvere Rossa.