La nostra rassegna quotidiana
Via Tillerson, incognite sui rapporti Washington-Pechino
Il licenziamento del segretario di Rex Tillerson, ex segretario di stato Usa, ha colto di sorpresa la Cina. Con chi dovrà dialogare da oggi in poi la diplomazia di Oltre muraglia? La risposta è una: Mike Pompeo ex vertice della Cia, un difensore della linea dura contro la Cina — fu lui a dire a gennaio che il paese asiatico costituiva una grossa minaccia per gli Stati Uniti a causa delle infiltrazioni cinesi in scuole e ospedali. Tillerson invece era visto come una presenza mediatrice rispetto all’impulsività del presidente Usa Donald Trump. Il cambio al vertice del Dipartimento di Stato rientra poi nel contesto di sempre crescenti dispute commerciali e sulla sicurezza, con Washington che da poco ha approvato dazi commerciali su prodotti come acciaio e alluminio — di cui la Cina è uno dei maggiori produttori e esportatori al mondo. Per Pechino quindi l’elezione di un membro della destra repubblicana non è una buona notizia per i rapporti tra le due potenze.
Aso non si dimette, ma lo scandalo si allarga
Il governo giapponese è di nuovo nell’occhio del ciclone per la vendita a di un terreno in dismissione scontata dell’85 per cento a un’azienda scolastica di indirizzo nazionalista vicina alla famiglia Abe. Coinvolto anche il ministero delle Finanze e il ministro e vicepremier Taro Aso accusati di aver falsificato decine di documenti in cui venivano nominati il premier Shinzo Abe e la first lady Akie: pochi giorni fa, le dimissioni del responsabile dell’agenzia delle entrate, Nobuhisa Sagawa, e il ritrovamento del corpo senza vita di un altro funzionario. Abe non sembra a rischio di perdere il suo posto di primo ministro ma potrebbe avere difficoltà a confermarsi al vertice del partito liberaldemocratico a settembre di quest’anno.
Le Filippine si ritirano dalla Corte penale internazionale
Il presidente Rodrigo Duterte ha abituato il pubblico filippino e internazionale alle decisioni senza compromessi. Il paese si ritirerà dallo Statuto di Roma, il documento che riconosce il Tribunale penale internazionale. Il motivo? L’insofferenza nei confronti dell’indagine dell’ente sulla guerra alla droga del presidente filippino che ha finora provocato la morte di 12mila persone, ni maggioranza tossicodipendenti e piccoli spacciatori. Per Duterte il tribunale internazionale è usato al momento come strumento politico contro le Filippine. La Corte penale internazionale è stato istituito nel 2002 e si occupa di istruire processi per crimini di guerra in assenza di iniziative da parte delle corti nazionali.