Nel 2013 i cinesi sono diventati il popolo che viaggia di più al mondo e nel 2015 saranno oltre 100 milioni, un risultato che era previsto per il 2020. Aumentano in Italia, così come aumenta la loro spesa, ma i nuovi viaggiatori d’Oriente richiedono servizi specifici e cambiamenti da parte degli operatori nazionali.
Tiao tiao da lu tong Luoma è un’espressione piuttosto comune in Cina ed è la versione locale di «tutte le strade portano a Roma». Un buon viatico per il nostro paese, considerando che i cinesi nel 2013 sono diventati il popolo che viaggia di più al mondo, superando americani, tedeschi e giapponesi. Siamo di fronte ad un cambiamento epocale, come tanti altri di cui è stato protagonista il Dragone: da paese chiuso in se stesso e falcidiato da tentativi di crescita finiti male o violenti disordini (il Grande Balzo in avanti e la Rivoluzione Culturale) dopo la morte di Mao nel 1976 e l’apertura ai capitali stranieri messa in atto da Deng Xiaoping, negli ultimi trent’anni la Cina è cresciuta a ritmi vertiginosi (anche al 14 percento), consentendo alla propria popolazione di emergere dalla povertà e aprirsi al mondo.
Così, prima era stato il turno di quei cinesi che – approfittando delle Riforme, dei giusti contatti politici e di investimenti nel clamoroso boom immobiliare – si erano arricchiti a tal punto da poter viaggiare all’estero, poi è stata la volta dei viaggi di gruppo organizzati dai primi tour operator che avevano intravisto le potenzialità di questo mercato, infine oggi tocca alla novella classe media locale: nel tempo il turismo cinese è mutato, si è modificato, per certi versi è diventato più maturo e sofisticato. Di sicuro i cinesi che viaggiano oggi sono tanti, spendono molto e sembrano ormai privilegiare le mete europee.
Secondo un documento dell’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite i visitatori cinesi all’estero nel 2013 saranno 90 milioni, per una spesa record di oltre 80 miliardi di euro (nel 2000 era di solo 8 miliardi). Secondo il rapporto, nel 2015 saranno oltre 100 milioni i cinesi in giro per il mondo, un risultato che era previsto per il 2020. I viaggiatori del Dragone prenotano per lo più i propri viaggi on line, il 52 percento, considerando che l’internet cinese è il più grande mercato al mondo, con quasi 600 milioni di netizen e ha una sviluppata attitudine all’e-commerce: i cinesi sono ormai abituati a comprare on line gran parte dei prodotti e dei servizi.
Una volta organizzato il viaggio, cosa cercano i cinesi all’estero? Oltre a rincorrere mete culturali, i cinesi spendono e pure tanto, soprattutto per quelli che vengono definiti luxury brands: nel 2012 hanno comprato il 25 percento dei beni di lusso mondiali, per una spesa vicino ai 40 miliardi di euro e il 60 percento di questi acquisti sono stati effettuati all’estero. Queste spese di lusso, per altro, hanno scatenato polemiche in Cina, perché a causa di una tassa nazionale, ai cinesi conviene comprare i prodotti firmati all’estero: una borsa di Louis Vuitton che in Europa costa circa 500 euro, in Cina ne costa almeno 700.
E’ naturale dunque che se i cinesi cercano mete culturali e shopping costoso, l’Italia diventi una meta privilegiata: nel 2013 secondo un report di Hurun i ricchi cinesi hanno votato l’Italia come il sesto paese preferito al mondo per acquisti di lusso; da quest’anno al 2016 è previsto che i turisti cinesi aumentino in Italia del 16 percento, con il Belpaese in grado di superare la Francia come meta preferita, pur essendo ancora seconda alla Spagna.
Cambiano anche i gusti, perché i cinesi che appartengono alla classe media (un ceto in espansione che è previsto possa raggiungere il 40 percento della popolazione nazionale entro una decina d’anni), sono persone che spesso hanno studiato all’estero e hanno già viaggiato: dai tour organizzati (otto capitali europee in dieci giorni) si passa quindi all’esplorazione fai da te, autonoma, meno frenetica, attenta e indipendente.
Questo fenomeno naturalmente comporta alcuni cambiamenti nei comportamenti, nei gusti e necessarie modifiche alle strutture turistiche dei paesi ospitanti, tanto che secondo una ricerca di associazioni turistiche internazionali, almeno il 27 percento degli operatori europei ha modificato il proprio modello di business per rispondere al meglio alle visite dei viaggiatori provenienti dai Brics (i paesi le cui economie sono considerate in via di sviluppo: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).
Per quanto riguarda i viaggi in Italia dei cinesi, sono cambiate anche le mete: i nuovi turisti non visitano più solo le grandi città, ma cercano posti particolari, esclusivi; Cinque Terre in Liguria, Capri sono due esempi di luoghi ormai ambiti dai turisti con gli occhi a mandorla. Non tutto però procede al meglio: secondo i commenti dei cinesi sui forum nazionali on line, l’Italia non sembra ancora pronta alle nuove richieste del mercato; il primo problema riscontrato dai cinesi in Italia è dovuto alla barriera linguistica, con informazioni turistiche, brochures, senza la versione in lingua cinese. E questa massa di cinesi in arrivo sembra valer bene un sito internet di una destinazione turistica italiana, in mandarino.