Un esponente del Partito progressista unito sudcoreano è in carcere per le sue attività pro-Pyongyang; la presidentessa del Congress indiano chiamata davanti a un tribunale Usa per i pogrom contro la comunità sikh del 1984 e in Cambogia si attendono i risultati definitivi delle ultime controverse elezioni.
COREA DEL SUD – Accuse di cospirazione per il parlamentare
L’Assemblea nazionale sudcoreana ha dato il via libera all’arresto del parlamentare Lee Seok-ki, esponente del Partito progressista unito (Ppu), accusato di cospirazione. I sì a voto segreto contro l’esponente della forza più a sinistra del parlamento di Seul sono stati 258 su 298 parlamentari, compresi quelli del Partito democratico, principale forza d’opposizione ai conservatori.
Il voto potrebbe essere la luce verde per colpire il Ppu. Lee è accusato di aver pianificato attentati contro infrastrutture, nell’eventualità di un attacco nordcoreano. Già in passato il parlamentare era stato arrestato per le sue attività pro-Pyongyang.
Il Ppu grida alla caccia alle streghe e denuncia un tentativo di sviare l’attenzione dalle inchieste sull’intelligence nazionale per la campagna online con cui l’anno scorso avrebbe cercato di indirizzare il voto a favore dei conservatori.
INDIA – Gruppo sikh contro Sonia Gandhi
La corte del distretto orientale di New York ha emesso un mandato di comparizione contro la leader politica indiana Sonia Gandhi. L’organizzazione Sikhs for Justice chiede che risarcimenti per i pogrom e i massacri del novembre 1984 contro la popolazione sikh, scoppiati per rappresaglia contro l’omicidio dell’allora leader Indira Gandhi, uccisa dalle sue guardie del corpo per vendetta contro l’assalto al Tempio d’Oro di Amristar del giugno precedente, in un’operazione contro presunti terroristi sikh nella quale furono trucidati 462 civili.
Sonia Gandhi, che si trova attualmente negli Stati Uniti per visite mediche, è accusata di aver protetto funzionari del’Indian National Congress, che avrebbero avuto responsabilità nello scoppio delle violenze del 1984.
CAMBOGIA – Appello al re
L’opposizione cambogiana si appella al re affinché si esprima sugli scontri politici scatenati dalle elezioni legislative dello scorso luglio, che hanno visto il premier Hun Sen, uomo forte del Paese da 25 anni, mantenere il potere.
I risultati preliminari hanno sancito la vittoria del Partito popolare cambogiano, il movimento guidato dal primo ministro, L’opposizione del Partito per la salvezza, guidato Sam Rainsy, tornato dall’esilio francese appositamente per il voto, grida tuttavia ai brogli e continua a chiedere un’inchiesta indipendente.
I risultati definitivi si sapranno sabato 8 settembre. Alla vigilia è prevista una manifestazione dell’opposizione, che si pensa sarà una delle più imponenti mai avvenute nel paese, ma sulla quale aleggia lo spettro della dura risposta del governo.
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