Dopo un anno e mezzo di attesa e colpi di scena Bo Xilai è ufficialmente accusato di corruzione, tangenti e abuso di potere. Il processo potrebbe svolgersi già il 5 agosto. China Files riassume la complicata vicenda che ha tenuto le prime pagine mondiali da febbraio 2012 e su cui si appresta ad essere scritta la parola fine.
Stando all’agenzia di stampa Xinhua la corte di Jinan, nello Shandong, ha ufficialmente accusato Bo Xilai di corruzione, tangenti e abuso di potere: “l’imputato Bo Xilai, in qualità di funzionario, ha approfittato dei privilegi del suo ufficio per ottenere benefici per altri e ha ricevuto illegalmente denaro e oggetti in grandi quantità. Ha inoltre sottratto una quantità estremamente grande di fondi pubblici e abusato dei suoi poteri, causando pesanti perdite per gli interessi della nazione e del popolo in modo estremamente grave”.
Bo diventerà il terzo membro del Politburo ad essere processato negli ultimi due decenni, dopo l’ex capo del partito di Pechino, Chen Xitong, nel 1998, e quello di Shanghai, Chen Liangyu, nel 2008, che hanno ricevuto rispettivamente condanne per 16 e 18 anni di carcere. Ma il caso Bo Xilai è molto più importante del loro. Perché?
Bo Xilai innanzitutto è un principino. È il carismatico figlio di Bo Yibo, uno dei fondatori del Pcc, e l’ultima carica che ha ricoperto è quella di segretario del Partito a Chongqing, una megalopoli della Cina centrale da 32 milioni di abitanti. La sua amministrazione è stata a lungo considerata un modello possibile di sviluppo: alloggi popolari, politiche sociali e lotta alla mafia; ma anche sms ai cittadini con citazioni dal libretto rosso e canzonette nostalgiche del periodo maoista in filodiffusione per le piazze della città.
Una città che nel 2011 vantava un tasso di crescita del 16,4 per cento (e, si è scoperto dopo, un disavanzo di oltre 10 miliardi di euro). Forte di questi successi, Bo Xilai era diventato l’astro nascente della politica cinese, tanto che si credeva fosse destinato a sedersi in uno dei sette scranni del Comitato permanente del Politburo, il gotha del Partito e della Repubblica popolare. Un errore.
La corsa politica che ha portato alla nuova presidenza di Xi Jinping è stata una spy story, una lotta senza esclusione di colpi che finirà – lasciando aperti giganteschi punti interrogativi e vuoti di informazione – solo con la condanna di Bo Xilai che, nel bene e nel male, è stato il personaggio più carismatico che si sia mai affacciato nella politica cinese dopo il Grande Timoniere.
La sua caduta è cominciata con la sensazionale fuga del suo braccio destro – Wang Lijun, il capo della polizia della megalopoli di Chongqing – al consolato americano della vicina città di Chengdu. Era il 6 febbraio 2012. Ne uscirà 33 ore dopo per consegnarsi “di sua spontanea volontà” alla polizia dell’allora presidente Hu Jintao.
Nessuno sa cosa sia successo durante quelle ore, si dice abbia chiesto asilo politico, certo è che a metà marzo Bo Xilai viene sostituito nelle sue funzioni di segretario di Partito di Chongqing e ad aprile viene epurato dal Politburo e dalla Commissione centrale. Da allora Bo Xilai si eclissa: nessuno lo ha più visto in pubblico.
Il 20 marzo 2012 a Pechino girano voci di un tentato golpe. Si dice che ci sia dietro Zhou Yongkang, l’ex numero nove della nomenklatura, capo dei servizi di sicurezza e convinto sostenitore della “sinistra” di Bo Xilai. Cinque giorni dopo il governo britannico chiede ufficialmente alla Cina di riaprire l’inchiesta sulla morte di un suo cittadino.
Si tratta di Neil Heywood, un uomo d’affari, che viveva da vent’anni in Cina e frequentava la famiglia Bo, morto per “eccesso d’alcol” quattro mesi prima, in una camera d’albergo della città di Chongqing. Peccato che gli amici sostenessero che Neil fosse astemio. In ogni caso il corpo del britannico era stato immediatamente cremato e non era più possibile fare alcuna verifica.
Nei mesi a venire cominciano a cadere tutti gli uomini di cui si era circondato Bo Xilai. Il 10 aprile la moglie di Bo viene arrestata perché sospettata di aver avvelenato Neil Heywood. Sarà processata (per un omicidio di cui non esiste cadavere) in piena estate, “confesserà” e sarà condannata alla pena di morte “sospesa”, ovvero all’ergastolo.
Nel frattempo si fanno sempre più insistenti le voci per cui Bo Xilai avrebbe intercettato illegalmente molti alti quadri, tra cui l’allora presidente Hu Jintao e si provano torture e metodi non convenzionali che avrebbe usato nella “lotta alla mafia”, un altro fiore all’occhiello della sua amministrazione.
Il 5 settembre Wang Lijun, l’ex capo della polizia che si era rifugiato nel consolato americano, viene ufficialmente accusato di abuso di potere, corruzione, intercettazioni illegali e defezione. Sono quelli gli stessi giorni in cui scompare Xi Jinping, l’attuale presidente. Nel totale silenzio dei media di Stato, Xi non appare in pubblico e manca diversi appuntamenti ufficiali, tra cui quello con il Segretario di Stato americano Hillary Clinton.
Cosa gli è accaduto? Quando ricompare, due settimane più tardi, non ritiene di dover dare alcuna spiegazione. Ma è trascorso il tempo necessario perché circolasse qualsiasi congettura: dal malore all’attentato. Qualsiasi cosa sia successa, appena Xi ricompare si apre il processo al capo della polizia legato a Bo Xilai.
L’atteso processo si svolge il 18 settembre in due tempi, il primo in segreto e il secondo in “pubblico”. L’imputato “non solleva obiezioni” alle accuse mossegli. A conclusione esce un lungo comunicato dell’agenzia di Stato Xinhua che ricostruisce tutta la vicenda dell’omicidio Heywood senza spiegare mai in maniera convincente i moventi.
La moglie di Bo l’avrebbe assassinato per difendere (da cosa non è dato sapere) il figlio e il capo della polizia avrebbe coperto il reato. In due brani compare la figura di Bo Xilai senza che il suo nome venga mai esplicitato a chiare lettere. Il poliziotto viene condannato a soli 15 anni perché ha fornito informazioni importanti su “reati gravi che coinvolgono altri”.
Solo dieci giorni dopo, il 28 settembre, l’agenzia di stampa Xinhua annuncia che Bo Xilai è stato ufficialmente espulso dal Partito comunista cinese, interdetto dai pubblici uffici e che “presto” sarà chiamato chiamato a rispondere dei suoi crimini in un tribunale comune. Nello stesso comunicato leggiamo finalmente anche le date ufficiali del XVIII Congresso.
Fatto fuori il “nuovo Mao”, si può procedere alla selezione dei nuovi dirigenti. La successione ai vertici della seconda economia mondiale si svolge senza scosse apparenti, ma ancora nessuno sa il destino che aspetterà il principino Bo Xilai. Siamo ancora a novembre 2012.
Per mesi, i leader di partito hanno discusso su come gestire il suo caso in un modo che sia coerente con le loro preferenze ideologiche e il claudicante stato di diritto cinese. Alcuni pensavano non potesse essere perseguito e prevedevano una “detenzione morbida”, come quella a cui fu costretto il segretario del partito Zhao Ziyang all’epoca del massacro di piazza Tian’anmen: 16 anni di arresti domiciliari, ma senza processo.
Il 25 luglio scorso finalmente sono state ufficializzate le accuse. Secondo la legge cinese trascorsi 10 giorni da questo momento, il processo potrà cominciare. Gli avvocati di Bo hanno fatto sapere di non avere avuto mai occasione di incontrare il loro assistito che, da marzo dell’anno scorso, è confinato in una località segreta.
[Scritto per il Fatto Quotidiano]