Otto pagine di diari di pesca, resoconti di partite di go e shogi, haiku. La novità editoriale del momento in Giappone è la newsletter della Yamaguchi-gumi, il più grande clan della yakuza in tempi in cui la mafia nipponica perde pezzi.Si chiama Yamaguchi-gumi Shimpo ed è la più recente, e interessante, novità editoriale giapponese. Interessante perché non è una casa editrice a pubblicarla, ma un clan di yakuza, la malavita organizzata nipponica. E non uno qualsiasi, ma il più influente e grande per numero di affiliati (27mila secondo l’ultimo libro bianco della agenzia nazionale della polizia), lo Yamaguchi-gumi.
Il caso ha attirato l’attenzione dei quotidiani nipponici. Secondo fonti di polizia, lo “shimpo”, letteralmente “newsletter”, sarebbe stato distribuito durante una riunione regolare tra boss locali appena dieci giorni fa. Già negli anni 70, dicono le fonti, la Yamaguchi-gumi aveva una sua newsletter interna, di cui però non si è più avuta notizia negli ultimi tempi.
L’obiettivo primario è uno: serrare i ranghi, far vedere che i vertici ci sono e sono vicini anche in periodi di grave difficoltà. Al di là del tono pessimistico di alcuni passaggi (“Viviamo in un periodo in cui non è possibile fare shinogi – “gli affari” – con le nostre armi tradizionali”, si leggerebbe nell’editoriale), la ‘scaletta’ della pubblicazione punta all’intrattenimento. Otto pagine piene di diari di pesca, resoconti di partite a go e shogi e haiku, una delle forme tradizionali di poesia giapponese.
Ma la yakuza continua a perdere pezzi. Secondo le stime dell’Agenzia nazionale di polizia, il totale degli affiliati sarebbe di poco più di 63mila, in continuo calo da 8 anni a questa parte. Nel 2012, il solo clan Yamaguchi (a cui appartiene un quarto del totale degli affiliati) ne ha persi circa 3mila.
Un successo per il governo di Tokyo che a inizio dello scorso anno ha dato via a un serio giro di vite contro la criminalità organizzata. Da una parte, è stata predisposta una serie di provvedimenti per colpire chi fa affari con la malavita organizzata, prima con avvertimenti e la pubblicazione del nome delle aziende “irregolari”. Nel caso di ripetuta infrazione, le pene previste vanno da multe per un massimo di 500mila yen (poco più di 3800 euro) al carcere. Dall’altra, la polizia ha ottenuto più margine di manovra e può adottare misure preventive nei confronti di chi è sospettato di essere un affiliato.
Finora, tuttavia, per quanto le autorità abbiano colpito nel segno, sembra abbiano chiuso gli occhi su alcuni traffici. Un caso esemplare è stato quello dei lavori di bonifica dell’area intorno alla centrale di Fukushima.Gli appaltati, come ha rivelato un’inchiesta dello Asahi Shimbun, sono stati assegnati ad aziende legate ai clan di yakuza.
È dal 2009, l’anno della storica vittoria del Partito democratico alle elezioni, che la polizia ha intrapreso una "guerra alla mafia". Ma per oltre un secolo la yakuza è stata tollerata ed è prosperata grazie al controllo di prostituzione, gioco d’azzardo e del traffico di droga e di esseri umani. E ancora oggi gode di uno status semi-legale.
I clan hanno costruito un’immagine popolare di sé, amplificata dalla vasta produzione cinematografica a tema: la yakuza ha un ruolo fondamentale nel controllo della microcriminalità e, in più occasioni, è stata la prima a portare soccorso in situazioni di emergenza. Nel ’95, a seguito del terremoto dello Hanshin – la regione compresa tra le due metropoli di Osaka e Kobe – e più di recente con il terremoto nel Nordest del Paese del 2011.
Una dimostrazione che la yakuza molto spesso si è sostituita allo Stato. Forse anche per questo, dietro l’apparente severità, lo Stato ancora oggi fatica a fare a meno della yakuza.
[Scritto per ilfattoquotidiano.it. Foto credit: japansubculture.com]