Il demone della prosperità (17.60 €; ebook 11,99 €) è un romanzo di fantascienza, una vivida distopia di orwelliana memoria. La Cina nel 2013 è un paese ricco che domina il mondo. E i cinesi sono finalmente felici. Tutti. China Files ve ne regala un estratto (per gentile concessione della casa editrice Longanesi).
Non mi va di tornare subito a casa, perciò prendo un taxi per lo Swire Village di Sanlitun, per andare da Starbucks. Da quando il Want Want China Group ha rilevato la catena di caffetterie, molte bevande cinesi si sono diffuse in tutto il mondo. Prendiamo per esempio questo squisito Lychee Black Dragon Latte che sto bevendo ora. Ho sentito dire che la Want Want Starbucks, insieme a un consorzio d’investimento cinese chiamato EAL Friendship Investments (EAL sta per Europa, Africa e America Latina) ha aperto filiali in diverse città islamiche del Medioriente e dell’Africa, tra cui Baghdad, Beirut, Kabul, Khartoum e Dar es Salaam. Si tratta di una nuova, enorme fetta di mercatoglobale, che garantisce che in qualsiasi parte del mondo vivano dei cinesi ci sia uno Starbucks. In affari, mai dimenticare la propria cultura: una dimostrazione di esercizio del potere con guanto di velluto in perfetto stile cinese.
Venire qui era la cosa giusta. Mi sento subito meglio e una familiare sensazione di felicità mi pervade di nuovo. Guardate com’è affollato il centro commerciale. I giovani sono bellissimi, e ci sono frotte di turisti: che città internazionale. E tutti fanno acquisti, stimolando la domanda interna e fornendo il loro contributo alla società. Ricordo che un paio di mesi fa, un’amica che studia cultura rurale all’Accademia cinese di scienze sociali mi ha chiesto un favore. Sua nipote, di Lanzhou, si trovava a Pechino per le vacanze invernali ed era sua ospite. Quando la mia amica ha chiesto alla nipote dove avesse voglia di andare, la ragazza ha risposto che voleva andare da Y-3 per comprare un po’ di vestiti. Non sapendo che cosa fosse Y-3, la mia amica si è rivolta a me per avere lumi.
Quella donna è veramente un topo di biblioteca. Y-3 è una nuova marca di abbigliamento, nata come collaborazione tra la Adidas e il celebre stilista giapponese Yohji Yamamoto. La «Y» è quella di Yohji, e il «3» probabilmente indica i tre petali del trifoglio dell’Adidas. Il marchio Y3 qui va alla grande. Pare che la Cina sia il mercato principale della Y-3 nel mondo, e il suo principale punto vendita si trova proprio di fronte a me, davanti allo Swire Village Want Want Starbucks. Quando hanno aperto, poco prima delle Olimpiadi del 2008, occupavano soloun’ala del quarto piano dell’outlet Adidas, che ne conta cinque in totale. Ora dispongono di un intero piano. Certo, l’Adidas ha anche ingrandito i suoi spazi nello Swire Village occupando quelli che in precedenza erano appannaggio della Nike.
Ufficialmente il tutto è dovuto alla fusione e riorganizzazione del marchio locale Li Ning con l’Adidas, ma il merito dell’operazione va senz’altro alla nuova politica del governo cinese. Ogni marchio che voglia entrare in questo mercato deve avere perlomeno il 25 per cento di capitale cinese; se la quota è pari o superiore al 50 per cento, può ricevere condizioni ancor più favorevoli. Chi vuol essere quotato alla Borsa di Shanghai deve conformarsi ad altri requisiti, anche se non ricordo esattamente quali. Ogni marchio straniero che non rispetti queste condizioni può solo sperare in un’autorizzazione speciale del ministero del Commercio: e se non la riceve, deve rassegnarsi ad abbandonare un mercato fatto da un miliardo e trecentocinquanta milioni di persone.
Ho vissuto più di metà della mia vita a Taiwan e Hong Kong, e ho sempre pensato che ogni Paese che abbia a cuore il proprio sviluppo deve basare l’economia sulle esportazioni. La popolazione all’inizio deve condurre una vita frugale, fino a riempire il primo secchio d’oro. Ma ora finalmente mi rendo conto di quanto siano importanti la domanda e il consumo interni. Se i cinesi sono disposti a spendere, forse non salveranno il mondo, ma perlomeno possono migliorare la propria condizione. Non sto innalzando un comodo peana alla Cina. So che ci sono molti problemi. Ma l’Occidente versa in acque molto peggiori.
Dopo lo tsunami finanziario del 2008, i Paesi a capitalismo avanzato, a cominciare dagli Stati Uniti, hanno imboccato il sentiero dell’autodistruzione, godendo solo di un paio d’anni di lieve ripresa prima di ripiombare nella stagnazione, nel 2011. La nuova crisi si è diffusa in tutto il mondo, senza risparmiare nessuno. E di questa crisi non si intravede la fine. Solo la Cina è stata in grado di riprendersi, facendo passi avanti mentre gli altri inesorabilmente affrontavano il declino. Con la domanda interna a soppiantare l’inaridito mercato delle esportazioni e il capitale di Stato a sostituire gli investimenti esteri ormai ridotti al lumicino, secondo le previsioni attuali la Cina registrerà per il terzo anno di fila una crescita superiore al 15 per cento.
In questo modo non abbiamo solo cambiato le regole del mercato internazionale: abbiamo cambiato anche la natura dell’economia occidentale. E tutto questo senza rivolgimenti sociali; anzi, ora la nostra società è più armoniosa che mai. Si tratta di un risultato incredibile, e a pensarci quasi mi commuovo. Ultimamente mi succede spesso, e talvolta alla commozione subentrano vere e proprie lacrime di gioia. Ma ora, ripensando all’aria triste di Piccola Xi, vengo colto dalla malinconia. Tutti intorno a noi si godono la bella vita, e lei invece diventa sempre più cupa. Faccio un paio di respiri profondi e ricaccio indietro le lacrime. Un tempo ero un tipo molto posato. Come mai ultimamente sono diventato così sentimentale? Non mi accorgo nemmeno che una lacrima solitaria mi è scivolata dall’occhio come un pesce dalla rete, per finire dritta nel mio Lychee Black Dragon Latte. Mi asciugo in fretta gli occhi con un tovagliolino di carta e mi fiondo fuori dallo Starbucks.
*Chan Koonchung nasce nel 1952 a Shanghai, cresce e studia prima a Hong Kong, poi a Boston. Ha vissuto anche a Taiwan e ora a Pechino. È sia tychoon televisivo, sia editore e scrittore. Nel 2009 ha pubblicato a Hong Kong e Taiwan il romanzo fantapolitico "Cina 2013: l’era della prosperità", che è circolato via Internet anche nella Cina continentale. "Cina 2013” è pubblicato in italiano da Longanesi col titolo "Il demone della prosperità".