Più di due terzi della redazione di Caijing, la pubblicazione economica più influente della Cina, ha rassegnato le dimissioni quando si è sparsa la voce che che la sua direttrice e fondatrice Hu Shuli avrebbe presto lasciato il giornale.
Hu Shuli, che l’Economist qualche tempo fa definì la donna più pericolosa della Cina e a cui il New Yorker ha dedicato recentemente un ritratto, ha 56 anni ed è di buona famiglia. Guardia rossa durante la rivoluzione culturale, si è poi laureata in giornalismo e si è specializzata in America con una borsa di studio. Nel 1989 è stata sospesa come giornalista per aver simpatizzato per i manifestanti a piazza Tiananamen. Nel 1998, insieme al banchiere Wang Boming, ha fondato Caijing, unico giornale nel panorama editoriale cinese, il cui capitale viene da fondi privati e che quindi si può permettere di ospitare voci indipendenti. Per questo è diventato, negli anni, un esempio di giornalismo non corrotto né corruttibile (si ricordi l’inchiesta del 2003 sulla Sars e quella del 2009 sul numero di scolari morti durante il terremoto dello Sichuan).
La crisi interna alla redazione della rivista, deriverebbe dai contrasti tra la linea editoriale della direttrice della rivista Hu e lo Stock Exchange Executive Council (Seec), l’organismo di controllo all’interno della Borsa cinese costituito in gran parte dai rampolli dei leader politici del paese, proprietario ed editore della rivista. La direttrice Hu vorrebbe infatti che il Seec rinunciasse alla maggioranza per fare spazio ad altri investitori. Il presidente del Seec Wang Boming, ex banchiere di Wall Street e cofondatore di Caijing, avrebbe invece deciso di sottrarre a Caijing la maggior parte degli introiti pubblicitari, oltre 17 milioni di euro l’anno.
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