Se mi paghi, ti cancello

In by Simone

La lotta contro la corruzione all’interno del Pcc è sulla bocca di tutti. Recentemente ci sono stati decine di funzionari inquisiti per corruzione. Il 42 per cento delle accuse sono state possibile grazie al lavoro di ricerca e di denuncia che i semplici cittadini hanno fatto su internet. E ormai i funzionari sono terrorizzati dalla rete. Così nascono nuove aziende, specializzate a far sparire i contenuti dal web.
Non importa quanto grande o sensibile sia la storia, noi siamo in grado di farla scomparire”, così recita una pubblicità della Yage Times, una tra le più note aziende di dark public relations. Questo tipo di aziende si è affermato sul mercato all’epoca di internet e in genere lo scopo principale è quello di screditare un prodotto, un azienda o un ipotetico concorrente. I principali clienti della Yage Times sono nomi universalmente noti: China Mobile, Pizza Hut, Yoshinoya e Volkswagen. Un inchiesta del settimanale Caixin ha però fatto luce sul fatto che il 60 per cento degli affari di questa azienda dipendeva dai contatti con i funzionari pubblici. Un esempio? L’azienda aveva stipulato un accordo di partnership con un sito controllato dalla municipalità di Pechino. Qui pubblicava articoli negativi su queste aziende, le stesse aziende che poi l’avrebbero pagata per farli scomparire. Ma la collusione con il giro dei funzionari corrotti, evidentemente, non si è fermata qui.

Il trentenne Gu Dengda, un ex impiegato di Baidu – un’azienda per dimensioni e prodotti possiamo paragonare a Google – ha fondato la Yage Times mettendo a frutto tutta la sua esperienza nel settore dei reclami e servendosi della rete di conoscenze maturata lavorando. Così ha costruito un business da oltre 6 milioni di euro. Parte della sua strategia era mettere decine di impiegati a navigare su internet alla ricerca di notizie e commenti negativi sui funzionari pubblici. Quando li trovava, chiamava l’interessato e gli offriva i servizi della Yage per cancellare qualsiasi nota negativa sul loro conto. Lavorava molto soprattutto a ridosso degli importanti appuntamenti politici nazionali. Alla fine di febbraio, la polizia si è finalmente decisa a un giro di vite e lo ha arrestato assieme a altri dieci “specialisti” della cancellazione a pagamento di contenuti dal web. Si dice che la Yage abbia chiuso, ma è probabilmente rinata con un altro nome.

Come ha spiegato al Telegraph Zhang Shaolong, un funzionario che lavora nell’Ufficio disciplinare del Partito, il 42 per cento dei casi di corruzione dei funzionari pubblici vengono fuori solo grazie a internet. E con la lotta alla corruzione inaugurata dal nuovo governo presieduto da Xi Jinping, questo tipo di aziende fiorisce. Nell’ultimo anno, nella sola Pechino, ne sono nate almeno trenta. È un business redditizio perché i potenziali clienti sono potenzialmente agiati e ben felici di spendere per vedere il proprio curriculum ripulito. E cancellare i contenuti dal web costa. Alla fine della catena, ci sono semplici impiegati, redattori di testate giornalistiche e, a volte, addirittura censori ufficiali che devono essere corrotti. Alcune aziende si sono spinte fino a falsificare i timbri ufficiali per inviare ai siti comunicazioni formali di censura.

Nell’inchiesta di Caixin si legge che l’azienda di private equity Shenzhen è arrivata a pagare oltre 125mila euro per cancellare ogni pubblicità negativa sul suo conto. Più è grande e visibile il media interessato e più persone bisogna corrompere. Per un contenuto pubblicato sull’agenzia di stampa Xinhua o sul Quotidiano del popolo (o la voce del Partito, come la chiamano) si arriva a spendere oltre 1500 euro. Senza contare che da lì ogni contenuto viene ripreso da centinaia di siti web. Ora in teoria fondatore e dipendenti di Yage sono stati arrestati, anche se non si hanno notizie della data del processo. E questo fa riflettere. La prima volta che i media hanno denunciato il giro di corruzione attorno i contenuti web era il 2010 e l’inchiesta era addirittura passata sulla televisione di stato, la Cctv. Sembra incredibile, ma quell’inchiesta non provocò altro che un aumento della clientela dell’azienda, come fosse una vera e propria pubblicità. Ora se si cerca su internet il nome di Yage si leggono ancora i suoi spot: “filtrare le parole chiave, una soluzione a tutto ciò che è negativo”. Evidentemente non è stato conveniente cancellarli.

[Scritto per il Fatto Quotidiano; foto credits: Beijing News]