Morto Chen Xitong, sindaco di Pechino nell’89 inviso a Jiang Zemin. Firmò il documento che bollava i moti di piazza Tian’anmen come controrivoluzionari ma l’anno scorso scrisse che il massacro si poteva evitare. Epurato dal Partito per corruzione, è scomparso il 2 giugno. all’età di 84 anni.
Falco o ingenuo ingranaggio nella macchina del potere del Partito Comunista Cinese? Chen Xitong, sindaco di Pechino nel 1989 e considerato uno degli artefici della sanguinosa repressione di piazza Tiananmen, è morto.
La notizia, che circolava da ore in rete, è stata data ieri da un canale della televisione di Hong Kong. Il politico cinese – 84 anni, malato da tempo – pare sia morto il 2 giugno ma l’annuncio è stato dato solo ieri, proprio nel giorno del ricordo dei fatti di 24 anni prima, arrivando in contemporanea ad un acquazzone, con lampi e vento forte, capaci di avverare le profezie di chi avrebbe giurato che ieri, anche il cielo avrebbe pianto. Secondo la madre di una della vittime, la morte di Chen è una “compensazione divina”.
Chen Xitong è una figura controversa nella storia contemporanea del Partito Cinese. Passa agli annali come uno dei principali responsabili a spingere perché la scelta di Deng Xiaoping, fosse di procedere alla repressione feroce. E’ sua la firma su un documento del 1989, nel quale descrive Pechino nelle mani di milioni di “controrivoluzionari”.
Non a caso dopo il massacro Chen venne nominato segretario del Partito di Pechino e eletto come membro del Politburo. La sua carriera a quel punto divenne folgorante; sempre ritratto insieme ai leader, cominciò a gestire Pechino come il proprio cortile di casa. Nell’ebbrezza della candidatura della capitale alle Olimpiadi 2000 forse si fece prendere la mano e incappò nella classica buccia di banana pechinese, ovvero un procedimento disciplinare per corruzione.
Pare che per tutto quanto si costruì in quegli anni a Pechino, si dovesse passare sempre attraverso le tasche di Chen e dei membri della sua famiglia. Condannato a 16 anni di carcere, nel 1998, era stato trasferito ai domiciliari due anni fa per motivi di salute: la sua caduta fu spettacolare, paragonabile alla recente traiettoria di Bo Xilai, l’ex boss di Chongqing (per altro nelle indagini su Chen rischiò grosso anche Bo Yibo, uno degli Otto Immortali e padre di Bo Xilai).
Pare che l’epurazione di Chen sia stata sostenuta da quella vecchia volpe di Jiang Zemin, in uno scontro tra cricche: il vecchio Jiang a Shanghai, Chen a Pechino. Che tra i due non corresse buon sangue, lo avrebbe confermato anni dopo lo stesso Chen.
L’ex sindaco infatti lo scorso anno ha dato alle stampe, ad Hong Kong, una pubblicazione nella quale prende le distanze dalle sue responsabilità. “Tiananmen – ha scritto – è una tragedia che poteva essere evitata”, sostenendo che sarebbe un insulto per lo stesso Deng Xiaoping affermare che l’ex leader avesse deciso per la repressione, dopo l’imbeccata di Chen, “semplicemente” sindaco di Pechino.
[Scritto per Il Manifesto; foto credits: thedailybeast.com ]