Premio Nobel per la pace 2010, non passa anno in cui Liu Xiaobo in occasione dell’anniversario dei fatti del 4 giugno non raccolga le sue emozioni in poesia. China Files vi regala la prima elegia scritta nel giugno del 1990 dal carcere di Qincheng (per gentile concessione della casa editrice Lantana). 1
Il Monumento scosso dai singhiozzi
le venature del marmo intrise di sangue
Fede e giovinezza riverse sotto la ruggine di un cingolato
L’antica storia orientale stilla improvvisa freschezza
L’immensa corrente umana scompare man mano
come un fiume che pian piano inaridisce
E il paesaggio sulle due sponde impietrisce
Tutte le gole soffocate dal terrore
tutti i tremiti si disperdono
insieme al fumo della polvere da
sparo
Solo l’elmetto d’acciaio del boia
luccica
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Non riconosco più la bandiera
che come un bambino irragionevole
si getta sul cadavere della mamma
Torno a casa piangendo e non distinguo più il giorno e la notte Il tempo sbigottito dagli spari
come in stato vegetativo e senza memoria
La bocca del fucile premuta contro la mia schiena
ho perso carta d’identità e passaporto
Nell’alba aizzata dalla baionetta
il mondo un tempo familiare
non trova una manciata di terra
in cui seppellirsi
Un cuore nudo
cozza contro l’acciaio
La grande terra senz’acqua e senza verde
si lascia calpestare dal sole
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Aspettano, sì
Aspettano che il tempo tessa raffinate menzogne
Aspettano l’attimo in cui diventeranno belve
Fino a che
le dita diverranno artigli
gli occhi canne di fucili
i piedi diverranno cingoli
l’aria diverrà un ordine
È qui
finalmente è qui
l’ordine atteso per cinquemila anni
Fuoco… uccidete
Uccidete… fuoco
Petizioni di pace e indifesi
capelli bianchi con le stampelle e manine afferrate al bavero di una giacca
non potranno mai convincere il boia
Gli occhi ardono rossi
Le canne dei fucili sparano rosse
Le mani si tingono di rosso
Un proiettile
Un empito torbido
Un crimine
Un’impresa eroica
Quanto serenamente
la morte così giunge
Quanto facilmente
la bestia trova soddisfazione
I giovani soldati
forse hanno appena indossato l’uniforme
Non hanno ancor mai provato
l’ebbrezza d’esser baciati da una ragazza
Eppure in un batter d’occhio
hanno gustato sete di sangue
uccidendo han dato inizio alla loro giovinezza
Loro
non vedono il sangue che intride le gonne
non sentono le grida di chi lotta
La durezza degli elmetti non sente la fragilità della vita
Loro non sanno
che un vecchio stolto
sta trasformando l’antica capitale
in una nuova Auschwitz
Crudeltà e male sorgono da terra
splendenti come piramidi
Mentre la vita sprofonda nell’abisso
non si sente alcun’eco
Il massacro scolpisce la tradizione di un popolo
lunga come l’eternità, come una lingua abbandonata
dà il suo ultimo addio
4
Avrei voluto unirmi sotto il sole
al corteo dei martiri
con l’unico sottile osso rimasto
sostenere la loro fede devota,
Eppure, il Cielo non poteva certo
rivestire d’oro le vittime sacrificali
Un branco di lupi sazi di cadaveri
nel tepore meridiano colmi di gioia festeggiano
Lontano
ho esiliato la vita
in un luogo senza sole
Fuggendo l’era di Cristo
non oso incontrare lo sguardo sopra la croce
Da una sigaretta a un piccolo cumulo di ceneri
mi sono inebriato del vino dei martiri
credendo da questa primavera sbocciasse un broccato di fiori colorati
Notte fonda, vastità della strada deserta
Tornando a casa in bicicletta
sosto al chiosco delle sigarette
La bicicletta travolta dalla macchina che mi segue
Certi energumeni m’hanno bloccato
ammanettato, bendato gli occhi, tappato la bocca
gettandomi in un furgone diretto chissà dove
Dopo un tremito istantaneo,
mi risveglio all’improvviso
Al telegiornale della televisione di Stato
il mio nome è divenuto «l’oscuro manipolatore arrestato»
Mentre le bianche ossa di anonimi
svettano nell’oblio
sono stato sollevato in alto da menzogne autofabbricate
A chiunque incontro, racconto d’aver sperimentato la morte
come se «oscuro manipolatore» fosse una medaglia al valore
Sebbene sappia
che la morte è una misteriosa incognita
e che da vivi non è possibile sperimentarla
mentre da morti
non ci è più dato di sperimentarla
tuttavia
volteggio ancora nella morte
volteggio sprofondando
Infinite notti dietro finestre sbarrate
e tombe sotto la luce delle stelle
svelate dai miei incubi
Oltre alle menzogne
non possiedo nulla
*Liu Xiaobo (1955) è scrittore, critico e intellettuale dissidente. Mentre si trova a New York, nell’aprile 1989, scoppiano i moti di piazza Tian’anmen e Liu decide di tornare in Cina. Dopo il massacro viene arrestato e passa venti mesi in prigione senza processo. Tornato in libertà, continua a scrivere. Figura fra i promotori di Charta 08. Pochi giorni dopo l’uscita , viene arrestato. Nel 2010 gli è stato assegnato il premio Nobel per la Pace, con la seguente motivazione: «Per la sua lunga battaglia non violenta in favore dei diritti umani fondamentali in Cina».