Cina-India. Ultime da un conflitto sommerso

In by Gabriele Battaglia

Nuove frizioni tra Cina e un paese vicino. Stavolta tra le montagne himalayane, dove il 15 aprile scorso un contingente dell’esercito cinese avrebbe sconfinato di dieci chilometri in India. L’India ha inviato subito un contingente dei suoi militari. I due paesi si rimbalzano responsabilità, mentre vecchie tensioni ritornano a galla. Dimentichiamo per un attimo le tensioni nei mari che circondano la Cina a est e a sud e facciamo invece un salto in montagna. La nuova zona di frizione tra Pechino e i Paesi limitrofi è l’Himalaya, dove il 15 aprile un contingente dell’Esercito Popolare di Liberazione avrebbe sconfinato di dieci chilometri in territorio indiano, per poi ivi accamparsi.

La zona è quella di Daulat Beg Oldi, in Ladakh, area delimitata dai 4mila chilometri della Line of Actual Control (LAC – “linea di controllo effettivo”), un confine fittizio condiviso provvisoriamente sia da Pechino sia da Delhi ma ben lungi dal venire a capo delle rispettive rivendicazioni su quella parte di Himalaya. Sullo sfondo, le mai risolte questioni territoriali lasciate aperte dalla guerra del 1962.

Il battaglione cinese è ancora lì e gli indiani, come riportano i media di Delhi, hanno immediatamente inviato sul posto un contingente dei Ladakh Scouts, coadiuvati dalla polizia di frontiera Indo-Tibetana. Le unità contrapposte sono ora accampate a trecento metri di distanza e si tengono reciprocamente d’occhio.

Sia i media cinesi sia quelli indiani riportano che già diversi incontri si sono susseguiti per risolvere la questione, tuttavia le versioni inevitabilmente divergono.

Secondo Delhi, le incursioni cinesi sono piuttosto comuni e il governo indiano denuncia centinaia di casi negli ultimi tre anni. Tuttavia, i militari di Pechino raramente restano a lungo in territorio conteso e le controversie si risolvono rapidamente, a differenza di quanto sta accadendo ora. La televisione indiana ha anche denunciato lo sconfinamento di due elicotteri cinesi in contemporanea con quello dei soldati.

Il Times of India riporta le parole di Syed Akbaruddin, portavoce del ministero indiano degli Affari Esteri, che ha chiesto alla Cina di “mantenere lo status quo che vigeva nel settore prima dell’incidente”. Akbaruddin ha anche citato un protocollo comune, che risale al 2005, per la gestione di situazioni del genere; ha quindi aggiunto che entrambe le parti devono esercitare autocontrollo e prendere tutte le misure necessarie per evitare una escalation.

Pechino ha smentito lo sconfinamento per bocca della portavoce degli Esteri, Hua Chunying, la quale ha aggiunto che non è il caso di alzare il livello della tensione in un momento in cui le relazioni tra i due Paesi sono buone.

Hu Shisheng, dell’Istituto cinese di relazioni internazionali , ha detto al Global Times che “le frequenti accuse reciproche di questo genere hanno origine nella diversa percezione della LAC, soprattutto nelle sue sezioni occidentale e orientale”. Hu ha aggiunto che il conflitto sommerso resta inevitabile per un lungo tempo, ma ritiene altamente improbabile che si ricorra alla violenza come soluzione: “Dal 1967 non è stato sparato un solo proiettile tra le due nazioni”, ha detto Hu, attribuendo questo fatto alla lungimiranza dei leader di entrambi i Paesi, che stanno vivendo analoghi sviluppi economici pacifici ed accelerati.

Da più parti si avanzano ipotesi sull’accaduto. Osservatori cinesi hanno respinto le denunce dell’India come clamore mediatico. “Ci sono decine di chilometri di terra di nessuno”, ha detto una fonte cinese vicino ai militari. “A volte i soldati cinesi pattugliano qualche posto, non c’è nessuno, e quindi marcano l’area come punto di controllo effettivo della Cina. A volte i soldati indiani fanno lo stesso in qualche zona dove non trovano soldati cinesi, segnandola come luogo controllato dall’India. La linea di controllo effettivo è sempre mobile”.

Analisti della Difesa indiana rimarcano invece la preoccupazione di Delhi, dove si ipotizza che l’incidente rappresenti un tentativo da parte della nuova leadership cinese di testare le reazioni dell’India in un settore in cui la LAC è sempre stata in discussione.

Come ricorda il South China Morning Post, le questioni lasciate aperte dalla guerra del 1962 sono così sintetizzabili: l’India accusa la Cina di occupare 38mila chilometri quadrati del proprio territorio in Jammu e Kashmir, a ovest, mentre Pechino rivendica 90mila chilometri quadrati in Arunachal Pradesh, attualmente India orientale.

[Scritto per Lettera43; foto credits: news.yahoo.com]