Terremoto in Sichuan. Un nuovo test per Pechino

In by Gabriele Battaglia

Sabato scorso, un terremoto ha colpito la contea di Ya’an nella provincia del Sichuan, Cina centro-meridionale, 5 anni dopo un altro forte sisma. Il bilancio è ancora provvisorio, ma i danni a cose e persone sarebbero ingenti. Mentre i soccorsi proseguono, sulla rete si moltiplicano le iniziative di raccolta di aiuti. Il bilancio del terremoto del settimo grado che sabato ha colpito la contea di Ya’an, in Sichuan, è ancora in divenire. A oggi (lunedì mattina), i media cinesi riportano 186 vittime, 11mila feriti e 21 dispersi, mentre 120mila persone sono già ospitate nei ricoveri di fortuna e un milione e mezzo circa sarebbero state in qualche modo afflitte dal sisma.

Il governo provinciale ha fatto sapere che sono stati danneggiati 2986 chilometri di strade e 327 ponti, nonché parecchie di quelle infrastrutture – come le centraline per le comunicazioni fisse e mobili – che potrebbero rendere più agevoli i soccorsi nelle aree remote di una provincia considerata “la porta del Tibet”. Tuttavia l’impressione è che i soccorsi siano piuttosto tempestivi e le comunicazioni sono state parzialmente ripristinate grazie a stazioni mobili giunte con gli aiuti.

Il governo di Pechino ha stanziato per l’emergenza un miliardo di yuan (oltre 123 milioni di euro) nella giornata di domenica, mentre 18mila effettivi, tra esercito e polizia, sono al lavoro nelle aree interessate dal sisma. Squadre di volontari e contributi di ogni tipo stanno arrivando un po’ da tutto il mondo.

Il premier Li Keqiang è rapidamente giunto in elicottero nella zona del terremoto e le differenze rispetto al disastroso sisma che nel 2008 si cominciano a notare. Allora, i media recitarono da subito all’unisono il ritornello secondo cui il Partito aveva la situazione completamente sotto controllo proprio mentre il bilancio delle vittime si impennava. Oggi, Li è stato il primo a chiarire che le prime ventiquattr’ore dopo il sisma sarebbero state fondamentali per evitare che il bilancio diventasse più grave e ha esortato i soccorsi ad agire di conseguenza.

E poi siamo nell’era dei social media. Nel 2008 il fenomeno era agli albori, Sina Weibo non esisteva ancora, mentre c’erano Fanfou e Jiwai che furono poi chiusi dopo i disordini in Xinjiang del 2009 (così come fu interdetto l’accesso a Twitter e Facebook). Oggi siamo al dispiegamento pieno di questo strumento.

Il Quotidiano del Popolo esce con un editoriale per rimarcare che questo è il primo terremoto nell’era dei social network e dei microblog: “La ‘micro-era’ testimonia il grande amore della Cina”, si intitola il pezzo, dove si snocciolano le cifre della enorme e spontanea rete di solidarietà che si è automaticamente creata nel mondo virtuale: i messaggi dell’unità di soccorso costituita dal governo sono stati ritwittati 460mila volte, mentre sono circolati almeno 10 milioni di messaggi di solidarietà e, soprattutto, si sono costituiti appositi forum e blog per lo scambio di informazioni pratiche.

Il giornale del Partito osserva nel fenomeno un nesso virtuoso tra la tradizionale solidarietà umana e le moderne tecnologie, giudicate un aspetto della “continua energia cinese in direzione del progresso”, anche se la potenza virale dei network – osserva il Renmin Ribao – ha fatto circolare qualche notizia falsa.

Il Global Times pone l’accento sul fenomeno delle donazioni in denaro attraverso le piattaforme di beneficenza online basate sui servizi di microblog, “un canale non governativo sempre più popolare”.

Con involontario tempismo, Sina Weibo ha lanciato la propria piattaforma lo scorso febbraio e, a domenica, già 29 progetti di soccorso per il terremoto erano stati lanciati “con l’aiuto di istituzioni e privati”. I progetti di micro-beneficenza – continua il Global Times – permettono al pubblico di “donare denaro con carte bancomat, carte di credito o tramite il pagamento on-line con la piattaforma Alipay, e hanno già raccolto quasi 80,4 milioni di yuan (13,01 milioni dollari) da più di 60.000 utenti Internet”.

C’è poi chi comincia a ragionare sulle conseguenze economiche del disastro, in una fase in cui la Cina sta già rallentando e i rischi di inflazione sono alti. Nonostante il Sichuan sia una delle province più popolose e più strategiche del Paese – osserva il China Real Time Report del Wall Street Journal – il suo output è ancora un misero quattro per cento sul totale nazionale e quello dell’area strettamente interessata dal sisma è una frazione di questo. Si ricorda inoltre che nel 2008, di fronte a un disastro ben più grande, l’economia regionale devastata a marzo era tornata sui livelli abituali già ad agosto.

“Un altro potenziale problema è una più elevata inflazione – osserva l’articolo. In Cina i prezzi alimentari minacciano di crescere e il Sichuan rappresenta il 4,9 per cento della superficie agricola del Paese. Una sospensione delle forniture potrebbe gravare sulle tasche delle famiglie cinesi. Anche in questo caso, la lezione dal terremoto del 2008 ci dice che l’impatto sarà probabilmente limitato. Allora, i prezzi al consumo non registrarono alcuna conseguenza dovuta al terremoto né a livello nazionale né a quello provinciale”.

Anzi, per uno di quei paradossi insiti nel calcolo del Prodotto Interno Lordo, “l’economia regionale potrebbe beneficiare della spinta data dalla ricostruzione. Nel 2009, l’economia cinese fu colpita dalla crisi finanziaria globale, con un rallentamento della crescita dal 9,6 del 2008 al 9,2 per cento. Ma grazie anche all’impulso degli investimenti per la ricostruzione, la crescita del Sichuan accelerò anno su anno, dal 11 per cento del 2008 al 14,5”.

Circolano infine informazioni sulla salute dei panda giganti, perché nella contea di Ya’an ci sono sia alcune delle più note riserve sia esemplari allo stato brado. Tutto a posto, tranquilli. L’agenzia Nuova Cina annuncia che “nessun panda gigante ferito è stato segnalato finora all’interno delle strutture che li ospitano nella loro zona d’origine, vicina all’epicentro del terremoto”. A Ya’an ce ne sono circa 50 e la cronaca riporta che si sono spaventati ma stanno bene. Tuttavia, non sono disponibili ancora informazioni su quelli allo stato selvaggio.

[Scritto per Lettera43; foto credits: bbc.co.uk ]