Cosa fare con la Corea del Nord?

In by Gabriele Battaglia

Ci sono numerose possibilità di una guerra in Corea. O forse no. Gli stessi esperti cinesi interpellati dai media si dividono. Il Partito ha dettato una linea ufficiale, critica verso Pyongyang, ma che non risparmia Corea del Sud e Giappone. Tuttavia l’alleanza sembra sempre più essere verso la fine. Oltre il 70 per cento di possibilità che la penisola coreana entri in stato di guerra. E non lo dice né un organo sudcoreano, né uno statunitense. Ad affermarlo è Zhang Lianghui, uno dei massimi esperti cinesi di relazioni con la Corea del Nord e ricercatore di strategie internazionali presso la Scuola centrale del Partito comunista cinese.

Le possibilità che scoppi una guerra sono tra il 70 e l’80 per cento perché il leader nordcoreano Kim Jong un potrebbe voler usare quest’opportunità per forzare la riunificazione della penisola coreana”. Così Zhang intervistato da Global Times, spin off in lingua inglese del Quotidiano del Popolo e quindi molto vicino alle opinioni del Partito.

La minaccia di Pyongyang è presa altrettanto seriamente da Corea del Sud e Stati Uniti che da un paio di giorni ripetono che la Corea del Nord potrebbe fare un test missilistico in qualsiasi momento, soprattutto dal momento in cui il prossimo lunedì sarà l’anniversario della nascita di Kim Il sung, fondatore della patria nonché nonno dell’attuale leader.

Il 15 aprile in Corea del Nord si onora infatti il il giorno del Sole. Gli slogan di propaganda recitano “Il grande leader è sempre con noi”. Esattamente come il sole, cui lo paragonò un compagno d’armi durante gli anni della guerriglia in Manciuria nella prima metà del secolo scorso. Secondo gli esperti, niente di più facile che il nipote, ora alla guida della dinastia comunista, voglia celebrare l’anniversario con un test missilistico, ennesima sfoggio di forza dopo l’esperimento nucleare dello scorso 12 febbraio e il test missilistico di dicembre.

L’esperto della Scuola del Partito comunista mette in guardia le grandi potenze su un punto. Anche se non scoppierà nessuna guerra, la situazione attuale dimostra l’urgenza di risolvere questa situazione per evitare che una simile situazione di caos possa ancora verificarsi in futuro. Secondo Zhang bisognerebbe ancora negoziare la rimozione degli armamenti nucleari nella penisola coreana. “Più si rimanderà una soluzione, più difficile diventerà la situazione” sono le parole che ha usato.

“La Cina deve cominciare ad affrontare seriamente il problema”. Parole che sembrano in qualche modo ricalcare l’opinione del presidente della Repubblica popolare Xi Jinping che domenica scorsa, durante il forum delle economie asiatiche a Bo’ao, aveva tuonato: “a nessun Paese dovrebbe essere permesso di gettare una regione e persino il mondo intero nel caos per i propri interessi. La stabilità in Asia deve ora affrontare nuove sfide, dato che questioni calde continuano ad emergere ed esistono minacce alla sicurezza di tipo sia tradizionale sia non tradizionale” .

In oggi caso lo stesso Global Times oggi riporta anche punti di vista diversi, segno che la leadership cinese non ha ancora una posizione netta sul da farsi. Un’intervista a Cai Jian, direttore del Centro di studi coreani dell’Università Fudan di Shanghai, mette in luce come un conflitto su larga scala sia improbabile in quanto la Corea del Nord starebbe solo giocando sul piano psicologico con gli Usa e la Corea del Sud. E Pang Zhongying, che insegna relazioni internazionali all’Università del Popolo di Pechino, sottolinea come la situazione sta diventando un “mal di testa” per Cina e Usa che potrebbero addirittura arrivare a cooperare per contenere il giovane Kim.

Gli editoriali dei giornali della Repubblica popolare invece sembrano avere trovato una linea comune. Incolpano sì, la Corea del Nord dell’escalation di tensione, ma pongono l’accento anche su come l’atteggiamento di Giappone, Usa e Corea del Sud abbiano amplificato il senso di insicurezza del regime nordcoreano. Non bisogna inoltre dimenticare che a febbraio Deng Yuwen è stato sospeso dal suo incarico alla scuola di Partito per aver firmato un editoriale che invitava la Cina a liberarsi dello scomodo alleato per cominciare a muoversi seriamente per la riunificazione della penisola.

Nel frattempo ieri a Pechino sono usciti i dati sulle esportazioni in Nord Corea del primo quadrimestre 2013. Nonostante la Repubblica popolare non abbia mai affermato di aver rafforzato le sanzioni Onu, le esportazioni sono calate quasi del 14 per cento, circa 720 milioni di dollari americani. E Hong Lei, il portavoce del ministro degli esteri ha confermato che il confine con la Corea del Nord è monitorato e che per il momento sono interrotti i viaggi turistici.

[Scritto per Lettera43; foto credits: scmp.com]