Birmania – Tornano i quotidiani non governativi

In by Simone

Per la prima volta dopo quasi 50 anni, sono stati pubblicati quotidiani indipendenti. Presto in edicola anche il quotidiano del partito di Aung San Suu Kyi e di svariate testate appena rientrate dall’esilio. Ennesima tappa del percorso di apertura birmano, non privo di insidie e incertezze.
La mattina del primo giorno di aprile, un lunedì, in Birmania sono stati pubblicati i primi quattro quotidiani indipendenti dal 1964, anno in cui ne era stata dichiarata l’illegalità. La messa al bando era stata causata principalmente dall’ingestibilità del lavoro a carico dell’Ufficio Censura, istituito dalla legge sulla stampa ("Printers and Publishers Registration Law") del 1962, anno del colpo di Stato guidato dal generale Ne Win.

La stampa birmana degli anni ’50 era considerata tra le più libere in Asia, con più di trenta quotidiani indipendenti, tra cui sei in cinese, tre in inglese e numerosi in diverse lingue indiane.

Oggi sono sedici i quotidiani che hanno superato lo scrutinio del Ministero dell’Informazione e delle Comunicazioni, tra questi quello della National League for Democracy (Nld), il partito di Aung San Suu Kyi, e il quotidiano di Mizzima, voce birmana sorta a New Delhi nel 1998 dall’iniziativa di tre esuli appartenenti alla generazione dell’88 e ristabilitasi con una sede a Yangon alla fine del 2012.

L’uscita in edicola varia da testata a testata: le difficoltà da superare sono parecchie, a partire dalla rete distributiva, che certamente non sarà capillare in tutto il Paese, fino alla carenza di reporter e stamperie.

Oggi ce l’hanno fatta in quattro: Golden Fresh Land, che non a caso ha il vantaggio di possedere un paio di stamperie a Yangon, The Standard Time, The Voice Daily e The Union, emanazione del partito attualmente al governo, l’Union Solidarity and Development Party.

Fino alla fine di marzo gli unici quotidiani ammessi erano quelli diretti e redatti dallo Stato (Myanmar Alin e Kyemon in birmano e New Light of Myanmar in inglese), dalla città di Yangon (City) e dai militari (Myawaddy).

Tutti i giornali frutto dell’impresa privata avevano cadenza settimanale o superiore, a causa dei tempi richiesti dalla revisione dell’Ufficio censura. Sebbene ad agosto 2012 l’ufficio sia stato eliminato e sia stato abolito l’obbligo di sottoporre il materiale per la pubblicazione a un controllo preventivo, sembra che la stessa struttura sia stata rimpiazzata da un team con simili funzioni, ma preposto a controllare (ed eventualmente sanzionare) i giornali dopo la pubblicazione, aumentando palesemente i rischi per proprietari e giornalisti.

La Birmania sta percorrendo un faticoso e difficile percorso di democratizzazione, in cui sono tuttora evidenti le incertezze e gli errori. A inizio febbraio il Press Council, una commissione costituita ad hoc per redigere la nuova legge, aveva pubblicato una prima bozza ("Press Law Bill"), duramente contestata dai giornalisti locali e dalle associazioni internazionali che si occupano di diritti umani e libertà di stampa.

Dopo un incontro con i rappresentanti della stampa, il 24 marzo è stata resa pubblica direttamente dal Ministero una seconda proposta ("Printing and Publishing Enterprise Law Bill", di cui Article19 ha disposto una traduzione qui), che risulta ancora più pericolosa e restrittiva della prima.

Si fa riferimento ad esempio al divieto di discutere in maniera offensiva di temi riguardanti le minoranze etniche e si è stabilita, per chi operasse nella stampa senza il necessario certificato di registrazione, una pena detentiva di 6 mesi (in caso di mancato pagamento di una multa tra i 4.400 e i 9.000 euro).

La nuova legge per la regolamentazione della stampa è stata rimandata a luglio, privando così le testate e i giornalisti della protezione offerta da una legge chiara e rispettosa della libertà d’espressione. Si può sperare che la proroga serva per ulteriori consultazioni atte a preparare una legge significativamente direzionata al sostegno di una stampa libera e alla tutela delle professioni coinvolte.

Ricordiamo che soltanto a gennaio 2012 è arrivata la liberazione dei numerosi prigionieri politici incarcerati per il loro coinvolgimento nella diffusione di notizie on-line durante la Rivoluzione zafferano nel 2007.

La fragilità della libertà di informazione in Birmania emerge da alcuni fatti recenti. A febbraio, un blogger, che scrive sotto lo pseudonimo di Dr. Seik Phwar, ha scatenato l’ira del Parlamento con un articolo dal titolo Il Parlamento è sopra la legge? (Article19 ha tradotto in inglese l’articolo Is parliament above the law?), in cui viene contestata l’azione del Parlamento in relazione a un progetto di legge che, per essere approvato, richiederebbe una modifica costituzionale.

Nonostante le indicazioni di incostituzionalità arrivate dal presidente Thein Sein, il parlamento ha ugualmente votato la legge. L’articolo ha portato a indagini parlamentari sull’identità del giornalista, il quale pubblica dal 2011 su giornali di propaganda vicini all’attuale presidente.

Sempre all’inizio di febbraio diversi giornalisti birmani e internazionali hanno ricevuto da Google la notifica che i loro account email erano stati violati da attacchi governativi ("state-sponsored attackers"), da cui l’esecutivo ha preso le distanze in una nota pubblica. Nello stesso periodo due delle principali pubblicazioni private birmane, Eleven Media and The Voice Weekly, avevano subito attacchi hacker.

La novità di aprile è quindi da accogliere con un entusiasmo vigile, poiché, per quanto certe riforme sembrino irreversibili, è anche chiaro che all’interno del governo ci sono forze che spingono in direzioni diverse e il risultato è la mancanza di un percorso dichiarato e univoco.

Fondamentale è che rimanga alta l’attenzione sulle violazioni della libertà d’espressione e che arrivino al governo pressioni sufficienti perché venga promulgata una legge per la stampa giusta e democratica.

Sempre ad aprile è stata data l’autorizzazione ufficiale ad aprire sedi pienamente operative all’Associated Press e alla tv giapponese NHK.

[Foto credit: Thomas Nadal Poletto]