Xi, Li e la Cina che verrà

In by Gabriele Battaglia

Tutti credono nel "grande sogno cinese". Anche ieri Li Keqiang, appena eletto premier, ha confermato la crescita stabile del Paese di mezzo, e la volontà di garantire più giustiza sociale e welfare per tutti. I media stilano il bilancio dei giorni di lianghui. In attesa dei primi provvedimenti del governo. Xi Jinping e Li Keqiang sono a tutti gli effetti i nuovi leader cinesi, dopo che nel fine settimana hanno riunito nelle proprie mani sia le cariche nel Partito (segretario e numero due, già conseguite a novembre) sia quelle dello Stato (presidente e premier). Il discorso del primo in chiusura del congresso e la conferenza stampa del secondo, a distanza di un giorno uno dall’altra, ci offrono quindi la fotografia della Cina che verrà.

Il presidente Xi ha sottolineato il concetto di “grande sogno cinese” – la parola d’ordine del suo mandato. Per conseguirlo, la Cina dovrà seguire “una propria strada”, fondata sulla promozione dello spirito patriottico e sulla leadership del Partito comunista. Ha poi ricordato che la Cina punterà per il futuro su uno “sviluppo sostenibile” a beneficio del suo miliardo e trecento milioni di cittadini

Il premier Li ha detto in conferenza stampa che la priorità della Cina è una “crescita stabile”, aggiungendo che uno degli strumenti per garantirla è il rinnovamento dell’esecutivo (Consiglio di Stato), che nei giorni scorsi è stato reso più snello attraverso l’accorpamento di alcuni ministeri e agenzie. Meno burocrazia, per un governo più vicino ai cittadini, ma Li ha anche ammesso che le resistenze vengono da sacche di potere all’interno della stessa nomenklatura: “A volte, stimolare gli interessi costituiti è più difficile che farlo con le anime”.

Il China Daily dà enfasi al fatto che, oltre a incentrare il proprio discorso sul “mantenimento della crescita economica e sul miglioramento della vita delle persone”, Li Keqiang ha parlato di “salvaguardia della giustizia sociale”, sottolineando l’importanza di “creare una solida rete di sicurezza sociale per garantire il benessere pubblico di base, soprattutto per quanto riguarda l’istruzione, le cure mediche, l’assicurazione sociale e abitativa. Un sistema di welfare e di assistenza medica devono essere offerti ai poveri per fare fronte alle loro difficoltà”.

Li ha aggiunto “che il suo governo farà di tutto per garantire a tutto il popolo cinese di godere di pari opportunità e di ricevere il giusto compenso per il suo duro lavoro, indipendentemente dall’estrazione sociale o familiare”. Ha infine concluso che questi compiti possono essere raggiunti solo con “l’approfondimento delle riforme e il sostegno allo Stato di diritto”.

Nonostante queste dichiarazioni del premier, il richiamo del presidente Xi Jinping al fatto che la Cina continuerà a seguire un proprio percorso originale, ha indotto molti osservatori a concludere che vere e proprie riforme politiche non siano all’ordine del giorno.

Reazioni compiaciute invece da parte degli ambienti finanziari alla promessa di Li che “mentre consentiremo maggiormente ai capitali privati di investire nei settori finanziario, energetico, ferroviario e così via, punteremo anche alla riforma della sicurezza sociale, medica e pensionistica, per contribuire alla mobilità del lavoro”.

China Daily pubblica un lungo articolo sulle reazioni ai discorsi dei due nuovi leader nel mondo politico internazionale. Tra queste, spiccano quelle di Romano Prodi, definito “ex presidente della Commissione europea”, che avrebbe “esortato i leader cinesi a privilegiare l’Europa come partner economico in quanto l’UE è generalmente più aperta rispetto agli Stati Uniti quando si tratta di accettare investimenti ed esportazioni cinesi”. Prodi ha anche riconosciuto la grandezza del progetto di urbanizzazione sostenibile di Pechino, sottolineando l’importanza di costruire una società più eguale: “Questo grande movimento verso l’urbanizzazione deve essere completato da un processo di maggiore parità di reddito tra regioni diverse”.

Un articolo “pop” del Global Times raccoglie le sette migliori proposte espresse dai delegati dell’Assemblea nazionale del popolo e le cinque invece più “assurde” o “ridicole”. Tra le prime, importanti perché sono uno specchio dei problemi più urgenti della Cina contemporanea, sono citate l’eliminazione della rieducazione attraverso il lavoro, l’elaborazione di standard più efficienti per il controllo dell’inquinamento, l’assegnazione all’Assemblea nazionale del popolo di poteri di tassazione, l’apertura degli esami di ammissione all’università per i non residenti, il rilassamento della censura sui film, la trasformazione della politica del figlio unico in “politica dei due figli” e l’assegnazione di alloggi convenzionati ai migranti.

Tra le proposte “assurde”, ci sono quella di retribuire i giudici (inefficienti perché “poco pagati”) con una parte delle commissioni spettanti agli avvocati; l’applicazione della politica del figlio unico solo alle aree meno sviluppate del Paese (“sei povero? Fai meno figli”); la riduzione della pena per i corrotti che si sono intascati almeno 100mila yuan da dieci a un anno; il treno gratis nei giorni delle feste nazionali; l’imposizione di un “costume nazionale cinese” in occasione degli eventi ufficiali.

Quest’ultima proposta, espressa da un certo deputato Song Xinfang dello Shandong, è stata esplicitamente motivata con un richiamo a Mo Yan, premio Nobel per la letteratura, che si è presentato a Stoccolma in un normale abito all’occidentale. Secondo Song, lo scrittore vestito in tal modo “non era abbastanza cinese”. Il Global Times osserva divertito che, in effetti, vincere un Nobel è “davvero una vergogna per la Cina”.

[Scritto per Lettera43; foto credits: bloomberg.com]