I ‘nuovi’ nomi della politica cinese

In by Simone

Si è insediato il nuovo governo. Le scelte della nuova leadership Xi-Li premiano persone di esperienza, ma forse un po’ troppo in là con gli anni. Si tratta quindi di un ricambio graduale, in attesa che la “sesta generazione” possa dimostrare sul campo la propria efficienza e ritrovarsi nel Comitato permanente tra cinque anni.
L’età media è sui sessantacinque anni circa: la Cina nello svelare i nomi del nuovo governo sembra andare sul sicuro. Si tratta di persone con esperienza sia nei compiti che dovranno svolgere, sia nell’ambito delle lotte interne del Partito.

D’altro canto il ricambio decennale di fatto non è avvenuto: nell’ultimo congresso del Partito, nel novembre scorso, sono stati nominati i sette nuovi timonieri, cinque dei quali però al prossimo congresso andranno in pensioni per limiti di età. Si tratta quindi di un ricambio molto graduale, in attesa che la “sesta generazione” possa utilizzare questi cinque anni per dimostrare sul campo la propria efficienza.

Innanzitutto: con le nuove nomine stabilite dalla coppia Xi Jinping- Li Keqiang una donna arriva forse nella posizione politica più alta del pianeta. Si tratta di Liu Yandong 67 anni, nominata come vice premier (in Cina sono quattro). Liu respira grande politica da tempo: il padre aveva connessioni importanti con Jiang Zemin, lei ha studiato alla Tsinghua – ingegneria chimica – nella stessa facoltà dell’attuale premier Xi Jinping ed è considerata una protetta di Hu Jintao, tanto che prima del diciottesimo congresso era data come quasi certa tra i sette più potenti.

Una nomina sfumata, cui è seguito un ruolo importante, considerando che tra i venticinque membri del Comitato Permanente del Partito c’è solo un’altra rappresentante femminile, Sun Chunlan. Un’altra donna, Li Bin – come anticipato da Il Manifesto nei giorni scorsi – ha ottenuto un importante ministero, quello della salute. Un ufficio che nell’ambito del rimpasto generale diventa la “Commissione per la salute e la pianificazione familiare”.

Toccherà a Li Bin dunque provare a riformare la legge del figlio unico che proprio in questi giorni è tornata di attualità. Secondo dati ufficiali cinesi infatti, dal 1971 ad oggi sarebbero stati 336 milioni gli aborti in Cina. Una legge contestata da tempo e che potrebbe essere riformata, ma non cancellata.

Sempre nell’ambito dei vice premier altre novità importanti. Si dirà nei prossimi giorni di un governo conservatore e probabilmente nella media si tratta di scelte “sicure” per curriculum e fedeltà alla linea. Però tra i vice premier è finito anche Wang Yang, il più giovane, 58 anni. L’ex governatore del Guangdong, protagonista del “capolavoro di Wukan” quando scelse il dialogo anziché lo scontro con i rivoltosi, è considerato uno dei più liberali e più attenti alla società civile tra i nuovi funzionari cinesi.

Il terzo vice premier è Zhang Gaoli, già membro del comitato permanente del Politburo, ex capo di Partito di Tianjin, una metropoli a mezz’ora da Pechino che ha visto un boom finanziario impressionante negli ultimi anni. Infine, altro vice premier, lo shanghaiese Ma Kai, già responsabile della Commissione nazionale per le riforme.

Novità anche sul fronte degli esteri, con la decisione di affidarsi a persone in confidenza con quanto dovranno occuparsi e con rilevanti esperienze internazionali. Innanzitutto l’ex ministro degli esteri, Yang Jiechi è promosso consigliere di stato. Laureato alla London School of Economics era stato anche ambasciatore negli Usa durante il primo mandato di George W. Bush.

Al suo posto è stato nominato Wang Yi, 59 anni. Wang ha esperienza come ambasciatore in Giappone, è stato il funzionario incaricato di gestire i dialoghi a sei sugli armamenti nucleari nord coreani, è stato direttore dell’Ufficio che si occupa dei rapporti con Taiwan. La sua nomina evidenzia le priorità di Pechino: sistemare le contese con i vicini e riportare la Corea del Nord sotto controllo in favore della stabilità nell’area.

Infine alcune conferme e novità importanti sul fronte finanziario. Zhou Xiaochan rimane a capo della banca centrale cinese, sintomo della volontà di Pechino di rendere via via lo yuan più flessibile.

Lou Jiwei invece, l’uomo più desiderato d’Europa e non solo, in quanto a capo del gigantesco fondo sovrano cinese China Investment Corp., è diventato il neo ministro delle finanze (prima era il vice). E’ noto per intrattenere i giornalisti durante le sue tante pause per fumarsi una sigaretta. Ora dovrà rendere la Cina un paese finanziariamente appetibile per i soldi europei e statunitensi, con i quali Pechino, forse, sta pensando di pagarsi il suo futuro sviluppo, senza incappare nelle crisi finanziarie che hanno messo al tappeto l’altra parte del mondo.