Miliardari in Parlamento

In by Gabriele Battaglia

Nell’Assemblea Nazionale del Popolo, il "Parlamento" della Rpc, siede il più alto numero di miliardari del mondo. A confermare quella che non suona come una novità ai media e al popolo cinese, è una lista del portale informativo Hurun. Intanto tra i super-ricchi cinesi si diffonde la paura per la tassa sugli immobili. L’Assemblea Nazionale del Popolo in Cina, oltre ad essere l’organo legislativo del paese è anche il luogo nel quale si annida il numero più alto di miliardari sulla terra. E’ quanto emerge da un report di Hurun, secondo il quale ben 83 membri del Parlamento cinese sarebbero miliardari.

La notizia non scuote certamente il mondo dell’informazione, abituato a segnalare casi di ricchezza spropositata in una nazione che solo cinquant’anni fa era abituata a fare la fame, ma crea una sorta di indignazione popolare in Cina, dove la differenza tra ricchi e poveri è sempre più evidente. E quando il governo, a sua volta composto da miliardari, prova a porre rimedio, anticipando la possibilità di una tassa sui patrimoni immobiliari, i ricchi cinesi reagiscono in modo bizzarro: vendendo o divorziando.

La connessione tra fortune economiche e potere politico non è una novità. Nei mesi scorsi alcuni report di Bloomberg e New York Times, avevano dimostrato come il vertice del potere politico in Cina, fosse gestito da persone, nella fattispecie l’attuale Presidente Xi Jinping e l’ex premier Wen Jiabao, in grado di dare vita ad imperi economico- finanziari dalle mille diramazioni in termini famigliari e geografici. Il tutto per altro senza l’ombra di operazioni illegali.

La Cina dopo l’epoca delle riforme, iniziate da Deng Xiaoping, ha cominciato un percorso tumultuoso durante il quale la propaganda del Partito Comunista ha spinto su un tasto ben preciso: “arricchirsi è glorioso”. La “fabbrica del mondo” ha creato dal nulla persone in grado di raccogliere patrimoni ingenti, grazie alla produzione a basso costo. La successiva spinta all’urbanizzazione ha finito per creare una nuova classe di ricchi, basata sul “mattone”. Traiettorie rese possibili solo grazie ad un elemento: i ganci politici.

Come riporta oggi 8 marzo il Wall Street Journal, “Zong Qinghou è la persona più ricca secondo la lista Hurun con un patrimonio stimato in 13 miliardi di dollari”. Zong è un legislatore dell’Assemblea Nazionale, al suo terzo mandato (della durata di cinque anni l’uno). E’ uno dei quattro miliardari che secondo Hurun sono stati inseriti nell’organo legislativo per la terza volta.

In totale i nuovi miliardari all’interno dell’Assemblea sarebbero tredici. “Altri sono rampolli di uomini ricchi”. E’ il caso di Lawrence Ho, figlio del magnate del gioco d’azzardo di Macao Stanley Ho, a soli 38 anni è tra i più giovani miliardari cinesi. In termini numerici, i ricconi cinesi sono una minoranza dato che rappresentano solo l’1% dei 2987 delegati dell’Assemblea a il 2,3% della Conferenza Consultiva, formata da 2237 membri, a testimoniare una diseguaglianza crescente.

Uno dei motivi di principale attrito sociale in Cina, nasce proprio dalla diseguaglianza, sempre più evidente, tra chi è ricco e chi non lo è. Anche per questo, nell’ottica di mantenere la situazione sotto controllo, Xi Jinping ha lanciato recentemente una campagna contro la corruzione dei quadri di partito.

Il motivo è semplice: il popolo cinese ritiene che l’arricchimento spropositato di alcuni dei propri connazionali, nasca dalla possibilità di intascare soldi in modo illegale. Per fare fronte alla corruzione sono stati banditi banchetti sontuosi, regali di lusso ed è stata paventata l’imposizione di una tassa sulle proprietà immobiliari, con il duplice scopo di bloccare la bolla del mattone ed evitare che terze o quarte case dei funzionari finiscano per essere vuote e disabitate.

Un piccolo segnale cui i miliardari cinesi hanno reagito mettendo in scena una sorta di psicodramma collettivo: moltissimi si sono recati negli uffici preposti a disdire acquisizioni di immobili. Altri, hanno divorziato.

Nei giorni scorsi a Shanghai, in una sola giornata ben 53 coppie hanno divorziato. La ragione? La possibilità che venga imposta una tassa sulle proprietà immobiliari. Si tratterebbe di una sorta di Imu con caratteristiche cinesi. Al solo accenno di questa possibilità numerose coppie hanno deciso di divorziare. In Cina spesso il matrimonio è semplicemente un “contratto” teso a regolare proprietà. Quindi di fronte al rischio di salassi sotto forma di tasse, in molti cinesi hanno deciso di separarsi, per dividere i propri patrimoni e non ricorrere alla perdita di soldi spesi per arricchire lo stato cinese.

[Scritto per Lettera43; foto credits: bloomberg.com]