La Corea del Sud fa sapere che risponderà colpo su colpo nel caso Pyongyang dovesse dare avvio ai suoi annunciati "attacchi chirurgici". Intanto il governo birmano ristruttura gli organi di censura e in Cambogia si teme per la vita di Ieng Sary: potrebbe non arrivare a essere giudicato per i suoi crimini di guerra. COREA DEL SUD – Seul risponderà a ogni provocazione di Pyongyang
L’esercito sudcoreano ha fatto sapere che risponderà colpo su colpo a una qualsivoglia provocazione proveniente dal Nord. Se le vite dei sudcoreani saranno messe in pericolo, ci saranno "serie ritorsioni" su Pyongyang, ha fatto sapere il generale Kim Yong-hyun, citato dalla Bbc.
La Corea del Nord ha infatti fatto sapere ieri che porrà fine all’armistizio con il Sud il prossimo 11 marzo, a causa delle nuove sanzioni imposte dalle Nazioni Unite su Pyongyang e esercitazioni militari in Corea del Sud. Le sanzioni sono parte di una risoluzione proposta da Usa, in accordo con Pechino, in seguito al comunicato dell’esercito di Pyongyang riguardo al lancio di "attacchi chirurgici(..) senza il vincolo dell’accordo di armistizio". La risoluzione dovrebbe essere adottata alla fine di questa settimana.
Le due Coree sono tecnicamente ancora in guerra, non avendo mai firmato un trattato di pace. Dallo scorso 12 febbraio, giorno del più recente test nucleare nordcoreano, poi, i rapporti tra Pyongyang e Seul si sono fatti ancora più tesi.
BIRMANIA – Ripristinata la censura
Il governo birmano ha ammesso di aver costituito un nuovo ente che porterà avanti le attività che erano, sotto il regime militare, del consiglio per la censura. Il comitato di supervisione, scrive Democratic Voice of Burma, monitorerà i media e revocherà le licenze di pubblicazione ai giornali che dovessero infrangere le regole.
Secondo il portale d’informazione indipendente birmano, una commisione di una decina di alti funzionari del governo, dell’esercito, della polizia e dei servizi segreti è stato costituito a gennaio di quest’anno per sorvegliare alle procedure di registrazione per tutti i media che intendono pubblicare in Birmania.
La decisione di "ricostituire il comitato centrale di supervisione per la registrazione e distribuzione della stampa e degli editori, con un nuovo nome e nuove responsabilità", come ha specificato il portavoce del governo Zaw Htay, è stata presa lo stesso giorno in cui formalmente il consiglio per la censura è stato abolito, il 23 gennaio 2013. La decisione non sarebbe stata tra l’altro comunicata per vie ufficiali né tantomeno al Parlamento nazionale.
Zaw Htay ha comunque tenuto a precisare che "non ci sarà maggiore censura" e che i "media potranno pubblicare liberamente", finché seguiranno "i principi costituzionali". Tuttavia la decisione a molti appare come un segno della "sfiducia" del governo nei confronti dell’informazione.
CAMBOGIA – leader Khmer rossi in fin di vita
Ieng Sary, ex leader degli Khmer rossi, accusato di genocidio, potrebbe non affrontare la giustizia. Sarebbe in condizioni di salute critiche, conferma il suo avvocato. Ieng, 87 anni, sarebbe stato ricoverato lunedì scorso per problemi allo stomaco, scrive l’Afp.
Ieng Sary è uno dei tre leader anziani degli Khmer rossi ancora in vita. Da studente radicale divenne negli anni 70 uno dei volti pubblici del feroce regime cambogiano del "Fratello numero uno" Pol Pot. È accusato in patria di crimini di guerra e contro l’umanità in un processo supportato dalle Nazioni Unite. Insieme a Nuon Chea, 86 anni, e l’ex capo di stato Khieu Samphan, 81, gli altri due leader ancora in vita, ha finora negato tutte le accuse di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità. Il regime di Pol Pot, morto nel 1998, in quattro anni (tra il 1975 e il 1979) fece circa due milioni di vittime, con una combinazione di sfruttamento del lavoro, carestia ed esecuzioni di stampo politico.
"Se uno dei tre morisse, il cammino per ottenere giustizia si arenerebbe e tutti i nostri sforzi saranno vanificati", ha detto Chum Mey, 82enne sopravvisuto della prigione di Tuol Sleng, una delle più dure del regime di Phnom Penh. "Voglio che ammettano i loro errori" .
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