La buona notizia è che Nguyen Ngoc Nhu Quynh è libera. Il 2 settembre scorso la blogger vietnamita, nota in rete con il soprannome di Me nam, era stata prelevata dalla polizia di Stato dalla sua casa nel città sudorientale di Nha Trang per aver criticato sul suo diario online il nuovo corso delle relazioni diplomatiche tra il Vietnam e la Cina.
Rilasciata dopo una settimana, per avere la libertà Me nam è dovuta tuttavia scendere a compromessi con le autorità imponendosi una sorta di autocensura e promettendo di smettere di scrivere articoli critici verso l’operato del governo. Nguyen Ngoc Nhu Quynh non è però la sola finita nel mirino delle autorità. Il 27 agosto, una settimana prima dell’arresto della donna, erano scattate le manette per Bui Thanh Hieu, meglio conosciuto con il nome online di Nguoi Buon Gio (che in vietnamita significa “venditore di vento") e prima di lui era finito in carcere Pham Doan Trang, giornalista del sito d’informazione VietnamNet.
L‘accusa per i tre è sempre la stessa:«abuso delle libertà democratiche» ed essere coinvolti in «presunte attività che mettono a repentaglio la sicurezza del Vietnam». Un portavoce del ministero degli Esteri di Hanoi parla di «esagerazioni e distorsioni», difende l’operato degli agenti di pubblica sicurezza che avrebbero agito «secondo la legge vietnamita». Probabilmente un riferimento alla nuova direttiva governativa, nota come Decisione 97. La legge, che porta la firma del primo ministro Nguyen Tan Dung, restringe il diritto a condurre ricerche sull’azione del Partito comunista al potere e del governo. La prima vittima della direttiva Institute of Development Studies (IDS), un think tank privato del quale fanno parte alcuni tra i maggiori studiosi del paese, molti dei quali hanno lavorato per il governo o sono membri del Partito. «Con queste nuove norme il nostro lavoro si fa più duro – è il commento dell’economista Pham Chi Lan, vicedirettore del IDS – Per questo abbiamo deciso di chiudere». Una decisione passata sotto silenzio nei media ufficiali, ma subito ripresa sulla rete da numerosi blog. Gli internauti vietnamiti hanno toccato quota due milioni e la crescente popolarità della rete diventa sempre più un problema per il governo, che deve ricorrere a giri di vite repressivi. «Il cyberspazio diventa una sfida, anonimi cittadini possono esprimere le loro opinioni con altre persone dentro e fuori il Vietnam – spiega alla BBC, Carlyle Thayer, analista dell’Australian Defence Force Academy – il Partito comunista e l’apparato di sicurezza non tollerano ciò che non possono controllare».
A passare sotto la scure della censura sono soprattutto i siti che esprimono posizioni anticinesi. I rapporti tra i due paesi sono sempre stati segnati dalla diffidenza se non da vera e propria ostilità. Nel 1979,quando era ancora in atto il conflitto tra Pechino e Mosca, Deng Xiaoping decise una sciagurata e fallimentare spedizione militare contro il Vietnam reo di essere uno strumento degli interessi dell’Unione sovietica nella ragione. E ancora, tra i due paesi esiste una prolungata disputa territoriale per il controllo delle isole Spratly e Paracel nel Mar Cinese meridionale. La contesa territoriale è uno degli argomenti preferiti dagli internauti che esprimo i loro sentimenti anticinesi e si infervorano nelle discussioni contro Pechino, ma a questo si è aggiunta nell’ultimo anno la protesta per l’ accordo tra il governo di Hanoi e il colosso cinese dell’alluminio, la Chinalco, per l’estrazione di bauxite nella provincia di Dak Nong.
Un affare da 460 milioni di dollari fortemente osteggiato dalle organizzazioni ambientaliste vietnamite che denunciano i gravi rischi per l’ecosistema del paese. Gli investimenti di Pechino in Vietnam sono terreno fertile per suscitare il malcontento di chi vede come fumo negli occhi l’interferenza della Cina nell’economia del proprio paese. Un’opposizione che trova nel vecchio generale Vo Nguyen Giap, l’eroe nazionale della lotta anticoloniale prima contro i francesi e poi contro gli americani, uno dei critici più agguerriti contro la Cina. E sullo sfondo si intravede la lotta di potere interna al Partito comunista che nel 2011 celebrerà il suo congresso. Hanoi cerca di bilanciare pragmatismo e nazionalismo. Mentre il Partito è diviso tra una corrente liberale,guidata dal primo ministro Nguyen Tan Dung, favorevole alle riforme e a maggiori contatti con l’ingombrante vicino – conscio anche del deficit commerciale del Vietnam con la Cina che nel 2008 ha toccato11 miliardi di dollari- e un’ala conservatrice che vede il paese esposto ai rischi della crisi economica globale.
[Pubblicato su Il Riformista del 6 ottobre 2009]