Giappone – Da luglio anche la politica sarà “social”

In by Gabriele Battaglia

La scorsa settimana, il governo giapponese ha messo a punto una modifica alla "Legge  per l’elezione alle cariche pubbliche". Dalle prossime elezioni per la Camera alta, i politici potranno usare a pieno i mezzi della Rete per fare propaganda. Una vittoria per i sostenitori della libertà di espressione.   La bozza di emendamento è già pronta. Entro il mese prossimo, il governo giapponese metterà fine al divieto di utilizzo della Rete a scopi elettorali per i candidati e i normali cittadini nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni.

A partire dalle prossime elezioni per la Camera alta del Parlamento, che si terranno a luglio di quest’anno, si potrà infatti fare campagna elettorale fino alla vigilia del voto anche attraverso strumenti come l’e-mail, YouTube e i social network: una vera rivoluzione per la libertà di espressione.

Il Giappone è un paese ad altissima densità tecnologica, con un altrettanto alto tasso di accessibilità alla Rete: sarebbero circa 94 milioni i netizens (quasi il 78 per cento della popolazione totale), il 75 per cento dei quali si connette a Internet su banda larga. Alcuni dati emblematici: il giapponese è, a livello planetario, la lingua più usata per scrivere i blog e la seconda più diffusa su Twitter.

Tuttavia, la propaganda politica in Rete è ancora fortemente limitata dalla “Legge per le elezioni ai pubblici uffici”(in giapponese: Koshoku Senkyo-ho). L’articolo 142 della norma proibisce infatti che sotto elezioni, “immagini e testi usati in campagna elettorale” vengano distribuiti, eccezion fatta per un numero ristretto di volantini e cartoline. Un vero e proprio “blackout” della libertà di espressione che può durare da due a tre settimane prima del voto.

La legge è figlia del sistema propagandistico giapponese, ancora molto legato ai network informali, ai legami familiari e alle comunità locali. Oggi, però, la Koshoku Senkyo-ho non risponde alle necessità del leader politico “social” che la politica la fa anche – se non soprattutto – online, via Facebook e Twitter e non più con cartoline, volantini e manifesti.

“Gli elettori non possono aprire un sito internet per incoraggiare un dato candidato. Gli elettori non possono trovare informazioni sui programmi dei partiti in Rete, a cominciare dal fatto che non si possono rintracciare informazioni personali sui candidati. Da un ambiente simile non può prodursi un politico affidabile”
, scriveva qualche tempo fa Kensuke Harada, attivista per i diritti online e iniziatore della campagna One Voice sul suo blog. “Con la legge attuale, in nessun modo il Giappone potrà diventare un posto migliore”.

La Koshoku Senkyo-ho in origine una sua ragion d’essere l’aveva. La legge fu approvata nel 1950 per regolamentare le elezioni nazionali e quelle regionali: era stata pensata in origine per limitare gli episodi di compravendita di voti e per non far prevalere i candidati più facoltosi su quelli con meno risorse finanziarie a disposizione. Tuttavia dal 1946, circa 90 mila giapponesi, si legge su un articolo del 2011 sulla Stanford Technology Law Review, sono stati condannati per violazioni alle leggi sulla propaganda politica.

Nel 1996, il Ministero degli Interni applica l’interpretazione di “immagini e testi” a fini propagandistici anche a Internet. Pochi anni dopo, nel 2001, un deputato del Partito democratico, Kan Suzuki denunciò le difficoltà di raggiungere i suoi elettori con la legge vigente: era riuscito, a forza di volantini e cartoline a raggiungere solo il 3 per cento del suo elettorato. Se solo avesse potuto usare Internet, i suoi elettori sarebbero stati molti di più.

La notizia della prossima modifica alla legge, è quindi una vittoria per Harada e One Voice, che già avevano ottenuto l’appoggio anche di alcuni candidati alle scorse elezioni per la Camera bassa. Lo stesso Shinzo Abe, attuale primo ministro giapponese, ha dato prova di essere un leader aperto alle possibilità delle nuove tecnologie: ha aperto un profilo Facebook dove racconta il suo lato più privato a elettori e sostenitori.

Una vittoria che però arriva con qualche ritardo. Il legislatore nipponico infatti è sempre cauto sul tema, anche per la paura di possibili attacchi di hacker e frodi online, ai danni degli stessi candidati. Nel giugno 2010, ad esempio, pochi minuti dopo l’elezione di Naoto Kan a primo ministro, apparve un suo account su Twitter. Un fake che in pochi minuti aveva raccolto ben 10 mila followers e aveva costretto il partito del premier a smentire l’esistenza di un suo account sul social network.

La proposta di modifica di legge, conclusa ieri, ha messo d’accordo tutte le forze politiche del Sol Levante. Chissà che non sia un primo passo verso un maggior coinvolgimento dell’elettorato nipponico, tradizionalmente apatico.

[Scritto per il FattoQuotidiano.it; foto credits: techinasia.com]

*Marco Zappa nasce a Torino nel 1988. Fa il liceo sopra un mercato rionale, si laurea, attraversa la Pianura padana e approda a Venezia, con la scusa della specialistica. Qui scopre le polpette di Renato e che la risposta ad ogni quesito sta "de là". Va e viene dal Giappone, ritorna in Italia e si ri-laurea. Fa infine rotta verso Pechino dove viene accolto da China Files. In futuro, vorrebbe lanciarsi nel giornalismo grafico.