L’importanza del ricucire i rapporti diplomatici tra Santa Sede e Repubblica popolare, la possibilità di un papa asiatico, il "lungimirante" viaggio a Pechino del Cardinal Romeo. Così Francesco Sisci, importante commentatore della realtà cinese e spesso facilitatore di incontri di altissimo livello tra Italia e Cina.Il 31 gennaio 2013, Francesco Sisci, editorialista dalla Cina per il Sole 24 Ore scrive dalle pagine della rivista online di geopolitica Asia Times: “è probabile, anche se non certo, che il Papa Benedetto XVI (nato nel 1927) passi a miglior vita nei prossimi dieci anni, ovvero sotto il governo del presidente cinese Xi Jinping”.
Nel suo articolo metteva in evidenza soprattutto l’importanza strategica per Roma e Pechino di trovare un terreno di dialogo. Sisci, non è solo un giornalista che scrive su uno dei più importanti quotidiani nazionali e sulle pagine di Asia Times. È soprattutto una persona informata dei fatti che in diverse occasioni si è trovata a costruire un ponte tra la Repubblica popolare e quella italiana, anche a livelli molto alti.
La sua credibilità in Cina è fuori discussione, è commentatore di politica interna ed estera per la televisione nazionale cinese, la Cctv, ed è stato l’unico straniero a commentare in diretta da quest’emittente l’apertura del XVIII Congresso del Partito comunista cinese e l’ultimo discorso di Hu Jintao da Segretario di Partito. Quando lo raggiungiamo telefonicamente è in Italia, e si mette immediatamente sulle difensive perché “le cose del Papa sono più delicate di quelle della Cina”. Poi in maniera più o meno aperta ci risponde con garbo e disponibilità su tutto. O quasi.
Con gli occhi di oggi non sembra un momento casuale, quello che ha scelto per scrivere sull’”eventuale” morte del papa.
Il Papa è del ’27, sta per compiere 86 anni e non è in ottime condizioni di salute, si sa da tempo. Inoltre quello del Papa è un lavoro a tempo pienissimo… Erano solo calcoli di buon senso.
Il punto fondamentale del suo discorso è che la Cina non ha una sua rappresentanza diplomatica in Vaticano e che farebbe bene a preoccuparsene…
Sì, come dicevo nell’articolo, si apre un problema. Certo, non ci saranno i funerali del Papa, occasione per la quale cui tutti i capi di stato tranne quelli della Repubblica popolare sarebbero venuti a Roma. Ma lo stesso problema si riproporrà per la cerimonia di elezione del Papa, una cerimonia a cui partecipa tutto il mondo.
Che ne sarà dei cinesi? Formalmente, poiché non hanno una rappresentanza diplomatica in Vaticano, non dovrebbero partecipare. Al loro posto dovrebbero partecipare i taiwanesi. È una questione molto delicata. Ad oggi lo Stato pontificio non riconosce la Repubblica popolare cinese, ma continua ad avere rapporti con Taiwan come rappresentante dell’”unica Cina”. Sono 28 i paesi nel mondo che riconosco Taiwan e non la Cina e il più importante tra questi governi è proprio quello di Taiwan.
Se si elegge il nuovo Papa ufficialmente dovrebbe partecipare Taiwan e non la Repubblica popolare. È come dare una festa senza invitare il proprio amico più influente. Anzi, senza poterlo invitare perché non esistono le precondizioni.
E chi lo sa… Si sta verificando in tempi strettissimi quello che io già avevo previsto come un problema effettivo.
Quanto secondo lei la presenza dei cattolici cinesi può influenzare le decisioni del Pcc?
I cattolici cinesi non hanno alcuna influenza nella politica cinese, perché sono meno dell’1 per cento della popolazione e non hanno alcuna rilevanza politica. I calcoli tra Pechino e Roma, da parte dei cinesi, son basati su dati di pura politica.
Nell’articolo in questione, si evidenzia come gran parte della popolazione mondiale viva in Asia. Una scelta lungimirante – suggerisce – potrebbe cadere su un cardinale filippino o vietnamita, magari proprio con origine cinese. Ora che il conclave è oggettivamente vicino, si sente di poter riconfermare quelle parole?
Certo che riconfermo. Il mio non è un invito, è un’analisi oggettiva. Oggi la terra di conquista, la terra di espansione per la Chiesa cattolica non può che essere l’Asia. Innanzitutto perché qui vive il 60 per cento della popolazione mondiale. E, in secondo luogo, perché qui ci sono i soldi. La Chiesa, come tutte le altre organizzazioni, è fatta anche di soldi. Questa è l’economia a più alto tasso di crescita quindi se si vuole risolvere un problema di “denaro” bisogna essere in Asia. Tanto più che gli Stati Uniti stanno venendo meno e tante diocesi americane sono fallite o stanno per fallire grazie agli scandali legati alla pedofilia.
I miei sono dati di buon senso. Nel concreto bisogna tener conto che l’unico paese a maggioranza cattolica in Asia sono le Filippine; Il Vietnam viene dopo, qui i cattolici sono una minoranza intorno al 10 per cento. Io metto in luce quest’aspetto, ma poi sarà il Conclave a far le sue considerazioni e a scegliere il nuovo Pontefice.
Leggendo il suo articolo sembra quasi che voglia convincere qualcuno. Chi immagina sia interessato ad ascoltare il suo consiglio conciliatorio verso la Chiesa cattolica?
Quando scrivo mi rivolgo sempre a un pubblico, quindi anche a Xi Jinping e quindi anche al Papa. Se uno dei due – o entrambi – ha letto l’articolo sono contento e li ringrazio per l’attenzione. Il mio articolo, si basa su un’analisi valida: il segretario Xi prenderà le redini del paese il prossimo marzo. Uno dei temi che dovrà affrontare, insieme ad altri miliardi di temi, sarà quello dei rapporti con il Vaticano.
Il Pontefice è un leader scelto tra pochi “eletti” con metodi misteriosi e poca trasparenza. Analogie e differenze tra l’elezione del papa e quella del Segretario del Pcc.
I due sistemi sono apparentemente simili: c’è un gruppo ristretto di persone che si chiude in un “conclave” per scegliere il leader. In realtà l’analogia è come quella che si fa tra spaghetti italiani e spaghetti cinesi: sembrano uguali, ma sono completamente diversi perché fatti di sostanze diverse. Abbiamo delle regole molto precise per la scelta del papa, a Roma il tutto si chiuderà in un mese, massimo quaranta giorni. Le gradi manovre in Cina, invece, durano anni. Ed è tutto molto più confuso. Le differenze di sostanza sono enormi, anche se apparentemente ci sono delle similitudini.
In Italia si parla di un possibile successore italiano il patriarca di Venezia, Angelo Scola, o il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione dei Vescovi. Al limite di una possibile candidatura che potrebbe arrivare dall’America Latina, nessuno ha ancora menzionato un papa asiatico.
I nomi sono una lotteria, e siamo solo agli inizi. Oggi è il 12 febbraio, Ratzinger si dimetterà solo il 28. Poi ci saranno una o due settimane per annunciare il Conclave. Ma sappiamo che Pasqua è il 31 marzo, quindi abbiamo grosso modo tutto il periodo della Quaresima davanti… 40 giorni non sono pochi, staremo a vedere che succede.
Esattamente un anno fa, il Fatto Quotidiano pubblicava un documento riservato arrivato nelle mani di Marco Lillo che parlava del“Viaggio del Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, a Pechino a novembre 2011”. Nell’articolo si legge che “durante i suoi colloqui in Cina, il Cardinale Romeo ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi. Le dichiarazioni del Cardinale sono state esposte, da persona probabilmente informata di un serio complotto delittuoso, con tale sicurezza e fermezza, che i suoi interlocutori in Cina hanno pensato con spavento, che sia in programma un attentato contro il Santo Padre”. Poi nel ritirare fuori gli stessi documenti ieri, dopo la notizia delle dimissioni del Papa, ne hanno ridimensionato l’interpretazione sostenendo che è più probabile che si sapesse che il Papa fosse gravemente malato…
Quest’ultima interpretazione mi pare di gran lunga più veritiera. C’era una contingenza seria, adesso lo sappiamo con certezza, sia da Roma che da Pechino qualcuno stava pensando a come risolvere i problemi che si sarebbero trovati ad affrontare. Quindi non si trattava di un complotto, ma di saggezza. Saggezza da parte di Romeo e di chi l’ha invitato in Cina. Qualcuno che un anno fa già si poneva il problema: se il Papa non c’è più, che facciamo?
Il viaggio del cardinal Romeo in Cina dimostra semplicemente la lungimiranza di alcune persone che stanno a Roma e a Pechino e che affrontano per tempo un problema politico molto serio. Purtroppo in Italia siamo abituati a pensare alla politica giorno per giorno. Le persone serie non fanno così, hanno bisogno di anni, non di settimane. La Cina e il Vaticano, che sono istituzioni serie, lavoravano in modo serio. Questa è la sostanza.
[Foto credits: runescape.salmoneus.net]