Sfidando la comunità internazionale, Cina compresa, la Corea del Nord ha condotto il suo terzo test nucleare e minaccia di condurne altri. A New York si riunisce il Consiglio di Sicurezza per decidere come reagire e gli occhi sono puntanti sulle posizioni di Pechino.
Il botto che Pechino non avrebbe voluto sentire in questo inizio di anno del serpente è quello del test nucleare compiuto dal regime nordcoreano dopo settimane di minacce e bellicosità verbale verso gli Stati Uniti. L’esplosione è avvenuta alle 11:57 ora locale (le 3:57 in Italia) nella provincia di Hamgyong, 378 chilometri a nordest della capitale.
Già ieri le agenzie battevano notizie sui preparativi e sui tecnici e lavoratori che abbandonavano i tunnel dove sarebbe avvenuto il test. La conferma, dopo che i sismografi hanno rilevato una scossa di magnitudo 5.1, è arrivata con il comunicato dell’agenzia di Stato Knca.
L’esperimento è “riuscito perfettamente e in condizioni di massima sicurezza”, ha sottolineato il dispaccio che spiega come scopo dell’esperimento fosse "difendere la sicurezza del Paese e la sovranità contro il comportamento aggressivo degli Stati Uniti che hanno violato le prerogative legittime della nostra repubblica”.
Nelle scorse settimane Pyongyang aveva indicato in Washington il burattinaio che avrebbe spinto per la condanna in sede Onu del riuscito test missilistico a lungo raggio dello scorso dicembre, che il regime ha sempre definito come un esperimento scientifico per portare in orbita un satellite. Un successo che unito alle informazioni sull’ordigno miniaturizzato utilizzato per l’esplosione odierna, fa temere che, almeno in teoria sebbene ancora molto indietro, la Corea del Nord sia sulla strada di poter montare una testa nucleare su un missile a lunga gittata.
Secondo quanto riferisce l’agenzia sudcoreana Yonhap, che cita i servizi di intelligence di Seul e il ministero degli Esteri nordcoreano, a seconda delle reazioni statunitensi Pyongyang potrebbe anche decide di condurre un test addizionale, ipotesi questa circolata nei giorni scorsi, quando si cercava di capire fino a dove si sarebbe spinto il regime di Kim Jong-un.
Le prime analisi sull’esperimento stimano in circa 6-7 chilotoni la potenza dell’ordigno, sebbene altri dati arrivino a quantificarlo a 10 chilotoni. Meno potente se paragonata alle bombe sganciate sul Giappone nel secondo conflitto mondiale, ma che fanno registrare progressi se paragonati ai test del 2006 e del 2009, rispettivamente di 1 chilotone e tra i 2 e i 4.
Altro dato da analizzare sarà l’uso di plutonio o uranio. Come rivelato dall’ex direttore dei laboratori di Los Alamos, Siegfried Hacker, che visitò nel 2010 l’impianto di Yongbyon, si stima che il regime sia in possesso di una quantità di plutonio tale da fabbricare tra i quattro e gli otto ordigni. Nel commentare il riferimento a forme diversificate di deterrenza di cui parla la Knca e citare esperti da lui contattati, il corrispondente a Tokyo del Washington Post, Chico Harlan, ha avanzato l’ipotesi che si potesse intendere come uso di uranio arricchito.
Condanna per l’azione nordcoreana è arrivata dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite. Per il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon il test è una violazione delle risoluzioni contro Pyongyang, ultima in ordine di tempo quella contro il lancio del missile a lungo-raggio, in cui i membri del Consiglio di Sicurezza rimarcavano la propria determinazione a prendere misure significative in caso di ulteriori test missilistici o nucleari. La riunione d’urgenza del Consiglio è prevista per oggi alle 15 ora italiana.
In sede Onu il Giappone e la Corea del Sud cercheranno risposte coordinate non escludendo tuttavia l’ipotesi di sanzioni unilaterali. Gli occhi saranno puntati però sulle decisioni cinesi. Nel comunicato del ministero degli Esteri di Pechino si ricorda l’opposizione al test e si rimarca la necessità di affrontare la questione nordcoreana all’interno dei colloqui a sei che oltre ai cinesi comprendono le due Coree, il Giappone, gli Stati Uniti e la Russia.
L’appoggio alla risoluzione di condanna contro il lancio del missile è già costata alla Cina una reprimenda nordcoreana e l’accusa di aver abbandonato i propri principi. A Pechino c’è tuttavia chi inizia chiedere di rivedere il rapporto con Pyongyang. Il quotidiano Global Times non ha mancato di sottolineare che l’interesse cinese non può essere messo a rischio per le intemperanze nordcoreane, tanto più in un clima di tensione nella regione per via delle dispute territoriali con il Giappone. Il tabloid è anche arrivato a ipotizzare una riduzione degli aiuti.
Secondo il Korea Times, Pechino potrebbe essere propensa a punire il riottoso alleato. Ulteriori sanzioni d’altra parte potrebbero spingere Pyongayang sempre più verso la dipendenza dalla Cina. Il test sarà inoltre la prima sfida per la presidentessa eletta sudcoreana Park Geun-hye che si insedierà ufficialmente alla Casa Blu il prossimo 25 febbraio.
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