Ieri quattro navi da pattuglia cinesi sono entrate nelle acque contese con Tokyo. I media di Pechino hanno sottolineato provocatoriamente che i loro equipaggi sono stati i primi a festeggiare l’Anno del serpente. La polemica con il Giappone continua mentre si riaccende la preoccupazione per le mire territoriali di Pechino. Domenica, mentre l’intera Cina era impegnata a festeggiare il Capodanno, quattro navi della Repubblica popolare sono entrate nelle acque contese del Mar Cinese Orientale. Si chiamano tutte Haijian. E sono le numero 50, 51, 66 e 137, tutte impegnate a “pattugliare” i mari che appartengono alla Cina. Almeno così scrive il Global Times, aggiungendo alla notizia un pizzico di colore: l’equipaggio delle navi essendo posizionato più a est della terra ferma, è stato il primo a poter festeggiare il Nuovo anno, quello del serpente.
Il fatto è immediatamente consecutivo alla richiesta di scuse da parte del Giappone. Per la prima volta infatti, Tokyo ha accusato Pechino di aver offuscato il rilevamento radar di un suo cacciatorpediniere e il primo ministro Shinzo Abe ha pubblicamente espresso la sua posizione: i cinesi dovrebbero ammettere l’incidente e chiedere scusa. A rincarare la dose il ministro della difesa giapponese Itsunori Onodera che domenica ha affermato di fronte alle telecamere di Fuji Tv che stavano studiando l’opportunità di pubblicare le prove anche se pensava che in ogni caso la Cina non lo avrebbe “ammesso anche se il Giappone avrebbe fornito una serie di prove perché stava cercando di proteggere gli interessi nazionali”.
Solo il giorno prima Onodera aveva rilasciato un’intervista allo Yomiuri Shimbun in cui sosteneva che “le prove video avrebbero convinto molti di quelli che le avrebbero guardate”.Le isole Diayu o Senkaku sono tornate a fare i titoli e le aperture dei giornali cinesi e giapponese a settembre scorso, quando all’acquisto e alla conseguente nazionalizzazione delle isole da parte di Tokyo è seguita una delle più grandi mobilitazioni anti giapponesi dei tempi recenti. Navi cinesi hanno spesso infranto le acque territoriali giapponesi e entrambe le parti hanno fatto partire i propri caccia, senza che ancora si sia arrivati a uno scontro.
Non sono solo le Diaoyu a essere nel mirino espansionistico cinese. Sono di solo qualche mese fa i passaporti della Repubblica popolare che includevano nella mappa del territorio nazionali alcune isole appartenenti alle Filippine. E c’è di più. Un lungo editoriale del quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, annuncia che il punto più meridionale del territorio giapponese è di fatto “un’isola che non c’è”, un paradosso che prende vita dal fatto che, secondo alcune ricostruzioni storiche ancora tutte da confermare, il punto più a sud del territorio cinese è uno scoglio sotto al livello del mare che si trova a soli cento chilometri dalla costa del Borneo.
Se questa ricostruzione venisse presa sul serio sarebbero cinesi anche le isole Paracel (rivendicate sia da Taiwan che dl Vietnam) e le Spratly ( territorio fondamentalmente inospitale, ma che desta grande interesse da parte degli stati del Sud Est Asiatico per le sue risorse energetiche; le sue isole sono infatti contese tra Vietnam, Filippine, Cina, Malesia e Sultanato del Brunei).
[Scritto per Lettera43; foto credits: chinanews.com]