La Corea del Sud fa i conti con la protesta degli obiettori di coscienza che per motivi morali e religiosi non vogliono prestare servizio di leva. In Bangladesh continuano le manifestazioni contro la condanna per crimini di guerra di un leader islamico e l’India guarda con sospetto ai cinesi nei porti pakistani. COREA DEL SUD – Gli obiettori di coscienza chiedono diritti
Gli obiettori alla leva sudcoreani si stanno mobilitando affinché il governo riconosca la loro presa di coscienza come un diritto e rispetti i loro credo morali e religiosi senza che questo li porti in galera. Un gruppo di oltre 400 obiettori ha presentato una petizione al comitato di transizione che sta preparando l’insediamento della presidentessa Park Geun-hye a fine febbraio.
Tutti i giovani sudcoreani sono tenuti a prestare 21 mesi di servizio militare. La renitenza può costare fino a 18 mesi di carcere. La leva obbligatoria è anche conseguenza del persistere dello stato di guerra tra le due Coree. Il conflitto degli anni Cinquanta non si risolse con un accordo di pace e i rapporti tra i due Paesi sono regolati dall’armistizio del 1953.
Attualmente sono circa 700 gli obiettori di coscienza in carcere, parte di quei 17mila sudcoreani incarcerati dalla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso per la propria opposizione al servizio militare. Nel frattempo Seul è impegnata ad affrontare assieme a Stati Uniti, Cina e Giappone la minaccia di un terzo test nucleare nordcoreano che potrebbe avvenire a breve forse in concomitanza con l’anniversario della nascita del defunto Caro Leader, Kim Jong-il.
Nelle scorse settimane le provocazioni e le intemperanze di Pyongyang, che in questi giorni ha aumentato la retorica bellicistica, sono state uno degli argomenti per smontare sul nascere l’ipotesi avanzata dalla stessa Park di ridurre di tre mesi la leva obbligatoria.
BANGLADESH – Scontri per le condanne sui crimini di guerra
Sono continuate per il secondo giorno consecutivo le proteste del partito bangladeshio Jammat-e-islami contro la condanna all’ergastolo di uno dei leader del movimento accusato di crimini di guerra nel conflitto per l’indipendenza dal Pakistan nel 1971. I feriti negli scontri vicino alla capitale Dhaka sono stati almeno 10. Ieri le violenze scatenate dalla sentenza avevano fatto almeno 4 morti.
Il sessantaquatrenne Abdul Kader Mullah è il leader islamico condannato dal controverso tribunale speciale istituito dal governo per giudicare i presunti collaborazionisti durante la guerra per l’indipendenza da Islamabad, che secondo le stime del governo fece almeno 3 milioni di morti, sebbene altre ricerche indichino le vittime tra le 300mila e le 500mila. L’opposizione denuncia tuttavia il presunto tentativo dell’esecutivo di sfruttare il tribunale per colpire gli avversari politici.
INDIA – I timori per la mano cinese su Gwadar
Il passaggio ai cinesi della gestione del porto pakistano di Gwadar preoccupa l’India. Il ministro della Difesa indiano, AK Antony, ha espresso i timori di New Delhi nonostante le rassicurazioni cinesi che tentano di allontanare dal progetto l’ombra di un ipotetico accerchiamento dell’India.
Una volta terminato, il porto cementerà i rapporti tra Pechino e Islamabad e rappresenterà per la Cina una porta sul Golfo Persico, e sul vicino Stretto di Hormuz, da cui far partire un nuovo corridoio energetico che attraverso il Pakistan arrivi direttamente alla Repubblica popolare.
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