"Arricchirsi è glorioso" è stato il mantra della Cina comunista per 30 anni, durante il boom economico. Slogan sugerito da Deng Xiaoping e subito diventato un simbolo della nuova Cina. Alcuni funzionari cinesi, però, lo hanno preso alla lettera, senza preoccuparsi del “come” diventare ricchi, senza curarsi delle persone frequentate, aiutate, sostenute.
E’ il caso di Wen Qiang: ex capo dei magistrati ed ex-vice capo della polizia a Chongqing. Wen ha accumulato un patrimonio di oltre 100 milioni di yuan (14,7 milioni di dollari). Una ricchezza sospetta: il funzionario infatti è oggi accusato di proteggere boss della criminalità, in cambio di regali e tangenti. Wen, 54 anni, è una delle decine di alti funzionari, tra cui l’ex capo della corte suprema cinese, intrappolati in uno degli scandali più grandi della Cina contemporanea. Il presidente Hu Jintao ha detto che la corruzione sta minacciando la legittimità del partito ed è per questo che le ondate anti corruzione sono all’ordine del giorno e spesso inchiodano proprio funzionari del Partito, con l’intento di dare al popolo cinese l’idea che qualcosa di importante sia in atto.
"Quando la tangenti arrivano al vice capo della Corte Suprema, potete trarre le vostre conclusioni su come sia grave la corruzione nel sistema giudiziario cinese" ha detto l’avvocato Mo Shaoping di Pechino all’AFP. Wen, che divenne il capo degli uffici giudiziari di Chongqing lo scorso anno, dopo 16 anni di impiego nelle forze di polizia, è accusato di proteggere un’intricata rete di imprenditori, funzionari e mafiosi nella città. Secondo i media statali, è stato accusato di proteggere imprese mafiose in numerosi settori come quello immobiliare, i trasporti, il gioco d’azzardo e la prostituzione, nonché di avere agevolato un racket illegale del valore di 30 miliardi di yuan dello scorso anno.
2.000 sono i sospetti messi sotto inchiesta. Almeno due dozzine di funzionari della città sono stati coinvolti nella repressione, incluso il vice presidente della corte suprema Chongqing, Zhang Tao.
"Il grande problema per la Cina è la corruzione – un fenomeno legato al fatto non c’è meccanismo di controlli e contrappesi al potere" sostiene Joseph Cheng, un politologo presso l’Università di Hong Kong.
"Poiché il partito vuole mantenere un monopolio sul potere politico, i suoi funzionari sono pronti a qualsiasi cosa pur di mantenere saldo il proprio potere. Perciò è un circolo vizioso che non permette loro di combattere efficacemente la corruzione".