Corruzione senza confini

In by Gabriele Battaglia

La campagna anti-corruzione lanciata dal futuro presidente Xi Jinping inizia a colpire duro. Più controlli sui funzionari di partito che fanno affari con la compravendita immobiliare. Che adesso tentano di scappare dalla Cina e far sparire i loro bottini all’estero. E ora si attende la contromossa del governo. Fanno sparire tutto tirando lo sciacquone, come liceali con la piantina di marijuana nascosta in camera. O come politici corrotti che spediscono la segretaria alla macchina distruggi-documenti quando la Finanza bussa. Sono i funzionari cinesi, che stanno vendendo in fretta e furia le case di lusso accumulate in anni di mazzette e favori.

L’ha rivelato il Jingji canguan (Osservatore economico), autorevole settimanale del lunedì, ripreso poi da diversi media cinesi e non.
Il giornale ha ottenuto un rapporto della Commissione centrale di ispezione e disciplina, l’unità anticorruzione del Partito comunista, e l’ha reso pubblico.

Si scopre così che “l’ondata di vendite di case di lusso, iniziato lo scorso novembre, è accelerata da dicembre”. Strano, visto che i prezzi immobiliari non sembrano essere calati, ma secondo il documento ufficiale, il volume dell’offerta di abitazioni d’alta gamma sì è intensificata di “centinaia di volte” dopo che il presidente entrante Xi Jinping ha dichiarato che la corruzione potrebbe uccidere il partito e ha collocato il “fustigatore”, “problem solver” e “capo pompiere” Wang Qishan – per citare alcuni dei suoi soprannomi – a capo della Commissione.

“Segui il denaro”, recita un vecchio motto del giornalismo d’inchiesta, e allora l’Osservatore ha sguinzagliato i propri giornalisti a caccia delle compravendite. Ha scoperto così che circa il sessanta per cento degli acquirenti o venditori di case di lusso è anonimo.

Nell’isola tropicale di Hainan, forse la località balneare più famosa della Cina, il mercato una volta bollente ora langue. Un intermediario immobiliare della zona, tale Fu Zongmo, racconta che “i funzionarti usano spesso un numero di cellulare speciale, quando l’affare si chiude ci invitano a cena e poi chiudono ogni rapporto. Quindi eliminano il numero, così non potremo mai più contattarli”.

Fu spiega che i notabili “non registrano mai le case a proprio nome e usano una sfilza di venditori per fare gli affari”. Per esempio, una proprietà gentilmente donata da un’impresa a un funzionario – racconta l’immobiliarista – “è stata intestata a un suo parente e dopo sei mesi è stata rivenduta per due milioni di yuan [circa 240mila euro, ndr], così lui ha potuto incassare”.

Così, dal rapporto della Commissione emerge che le province dove i passaggi di proprietà sono maggiormente aumentati negli ultimi mesi sono curiosamente le stesse in cui, nello stesso periodo, funzionari e relative famiglie hanno effettuato più prelievi bancari.

Nelle sole Guangzhou e Shanghai – recita il rapporto della Commissione – lo scorso anno i funzionari hanno venduto circa 10mila appartamenti di lusso. E un certo funzionario di Guangzhou, con un salario mensile ufficiale di 10mila yuan (1.200 euro), possedeva in realtà 21 proprietà immobiliari per un valore di circa 40 milioni di yuan (4 milioni e 800mila euro).

Dove finiscono i soldi delle precipitose vendite? All’estero, in paradisi fiscali o anche no. Purché siano portati fuori dalla Cina, con funzionario e famiglia a ruota. La Commissione esagera forse nello stimare in mille miliardi di dollari la fuga di capitali del 2012, ma il fenomeno è senz’altro consistente. Un professore dell’università di Pechino, Li Chengshan, ritiene che i funzionari fuggiti all’estero siano ormai circa 10mila, per un travaso di denaro (pubblico) che supera i cento miliardi di euro.

Secondo la Commissione, durante le vacanze del capodanno lunare 2012, circa 1.100 notabili avrebbero cercato di filarsela e 714 ci sarebbero effettivamente riusciti. Manco a dirlo, una delle mete preferite sono le isole Cayman, noto paradiso fiscale dove le compravendite di case di lusso da parte di “businessman” cinesi è in forte aumento.

Il fatto nuovo, politico, è che i dati emersi sembrano l’esito di una più generale “operazione trasparenza” messa in atto dal ministero dell’Abitazione che avrebbe messo a disposizione dei giornalisti un database delle acquisizioni di case nelle diverse città e provincie. La nuova crociata anticorruzione messa in opera dallo “zar” Wang Qishan gioca così di sponda con l’opinione pubblica. Non si sa ancora se andrà in profondità o se si tratti di un’operazione maquillage, ma per ora prendiamo nota.

Il punto d’arrivo dovrebbe essere il divieto di compravendite e operazioni finanziarie anonime e la totale visibilità sui redditi dei funzionari, così come dichiara al britannico Telegraph Jiang Ming’an, professore di legge all’università di Pechino e collaboratore di Wang Qishan: “Il governo ha creato un sistema di registrazione delle proprietà immobiliari che ritengo sia ottimo e abbia spaventato i funzionari che possiedono troppe case. […] Il governo deve prendere questa faccenda sul serio. La gente non scende in piazza perché l’economia va bene. Ma se in futuro rallenterà, come ci dice un vecchio proverbio, il fuoco non potrà essere spento con la carta”.

[Scritto per Lettera43; foto credits: theepochtimes.com]