I media liberi non possono esistere?

In by Simone

Un giornale contro la censura cinese, in una protesta che si sta allargando a macchia d’olio. Il caso del Nanfang Zhoumo, il “Southern Weekend” (per altri “Il settimanale del Sud”), sta testando la reale volontà del potere cinese di aprirsi o, viceversa, di stringere la morsa della censura.
Un breve riassunto dei fatti. Il Nanfang Zhoumo è noto per essere una voce indipendente, un giornale d’inchiesta e d’impostazione “liberal”. L’editoriale di capodanno della redazione, che auspicava per il futuro della Cina il rispetto della costituzione e aperture democratiche, è stato sostituito da Tuo Zheng, capo della propaganda della provincia del Guangdong, con uno che plaudiva alle politiche del Partito comunista.

Quello che probabilmente il solerte censore non immaginava è che la redazione avrebbe sottoscritto un controeditoriale denunciando il suo intervento. Il 6 gennaio, sulla pagina Weibo (il “Twitter” cinese) del giornale, è comparso allora un messaggio che sosteneva che l’editoriale incriminato fosse di fatto opera della redazione. Immediata la smentita dei redattori stessi, che hanno denunciato un’intrusione nell’account da loro curato.

La scintilla ha appiccato l’incendio. Da giorni, in Rete e in strada, colleghi giornalisti, intellettuali e semplici simpatizzanti denunciano la censura e chiedono il rispetto dell’autonomia editoriale.

Ieri è arrivata la risposta del “Ministero della verità”, nome con cui i netizen ribattezzato il dipartimento centrale di Propaganda. Una circolare che è trapelata in Rete ha dettato le direttive che funzionari e media dovranno seguire: “(1) Quello dei media di stato è un principio incrollabile di base; (2) Questo incidente del Southern Weekly non ha nulla a che fare con il capo del Dipartimento di propaganda del Guangdong, Tuo Zhen; (3) L’evoluzione di questo incidente è dovuta alla ingerenza di forze esterne ostili. Ogni unità di lavoro responsabile deve esigere che i redattori del suo dipartimento, i giornalisti e il personale la smettano di esprimere il loro sostegno al Southern Weekly. A partire da domani, media e siti web in tutte le versioni locali devono ripubblicare e dare evidenza all’editoriale del Global Times "Il ‘Messaggio ai lettori’ del Southern Weekly fa riflettere".

Ed eccolo, l’editoriale del Global Times. La versione pop del Quotidiano del Popolo sostiene che da “fonti indipendenti” è emerso che l’editoriale di capodanno non è stato scritto dal capo della propaganda locale, ma “ancora una volta, persone che si sono presentate come personale del Southern Weekend hanno postato su Weibo resoconti in conflitto con il Weibo ufficiale del Southern Weekend, e sembra quindi che le cose non si siano ancora sistemate e che ci sia una divisione all’interno di Southern Weekend”.

La maggior parte dei partecipanti più attivi online – continua l’editoriale – sono persone che hanno lasciato il "Southern Weekend" qualche tempo fa e che al momento non hanno quindi connessione con il gruppo di notizie”.

Queste persone fanno richieste perentorie – insiste il Global Timese mentre in superficie sembrano denunciare una determinata persona o un evento, è evidente a tutti che il loro obiettivo è l’intero sistema che coinvolge i media. Che a queste persone piaccia o no, il senso comune recita quanto segue: visto lo stato attuale della società cinese e del governo, i"media liberi" a cui queste persone aspirano nei propri cuori semplicemente non possono esistere. Tutti i mezzi di comunicazione della Cina possono svilupparsi solo nella misura in cui anche la Cina lo fa, e la riforma dei media deve restare parte integrante di una riforma complessiva della Cina. I media non possono assolutamente diventare una ‘zona politica speciale’ della Cina.

Anche in Occidente – conclude il Global Times – i media mainstream non scelgono di opporsi apertamente il governo.”

Intanto continua il sostegno ai redattori del giornale. Sia di fronte alla sede del gruppo editoriale, a Guangzhou, sia in altri luoghi della Cina, la gente si fa fotografare con cartelli che sostengono la redazione e che vengono diffusi in rete. È una folla composita, descrivono i testimoni e raccontano le foto che circolano online, che va dagli studenti ai pensionati.

Per farsi un’idea dei numeri, vanno citati i casi dell’attrice Li Bingbing, che ha reso noto il proprio appoggio alla redazione in un post che ha raggiunto i suoi 19 milioni di seguaci su Weibo, così come Yao Chen, un’altra attrice con più di 31 milioni di “follower”, che ha addirittura citato Aleksandr Solzhenitsyn, il dissidente russo: "Una parola di verità è più pesante del mondo intero."

Anche i maggiori portali internet sembrano appoggiare silenziosamente la protesta, come dimostra lo screenshot di Sina.com che rivela una disposizione degli strilli che, letti in verticale, ripetono i caratteri che compongono “Nanfang Zhoumo”.

Han Han, il più famoso blogger cinese, ha scritto un editoriale sul South China Morning Post in cui, dopo aver denunciato la cancellazione di due suoi precedenti post su Weibo e avere riconosciuto nel giornale di Guangzhou una fonte d’informazione per lui preziosa, afferma: “Forse non ho abbastanza talento, ma tuttavia non apprezzo che altre persone mi censurino, rivedano ciò che scrivo, o mi leghino. Quindi, la mia dichiarazione di solidarietà oggi, non è solo per il mio giornale preferito o per quei giornalisti che rispetto. È anche per quelli che stanno in condizioni peggiori, quei mezzi di comunicazione e giornalisti che fanno una fine molto più violenta e miserabile. Ed è anche per noi stessi.

[Scritto per Lettera43]