Siamo ufficialmente abitanti del villaggio di Bollophur, periferia di Santiniketan, periferia di Bolpur, a tre ore da Calcutta, Bengala Occidentale. Questi sono i nostri diari.
Tre giorni fa è arrivata la bolletta del telefono. Scade domani, decido di andare a pagarla oggi, 28 novembre 2012.
Le possibilità sono due: o cinque minuti di motorino per andare a Bolpur nella sede centrale di Bsnl – l’infausta compagnia telefonica nazionale indiana, che qui a Santiniketan agisce in regime di monopolio – oppure cinque minuti di bicicletta per raggiungere il Telephone Exchange – ufficio staccato con centralina del quartiere – praticamente attaccato al mercato più vicino a casa.
Scelgo una terza via, sbrigativa: due minuti di motorino per l’Exchange qui vicino, pago la bolletta, torno a casa che sul pc non è nemmeno partito il salvaschermo.
L’Exchange è situato in una vecchia abitazione in una via molto laterale, non è segnalato da nessun cartello, arrivarci pare sia un segreto gelosamente custodito dalla comunità locale. Infatti non c’è mai coda, a differenza dell’ufficio di Bolpur, dove giornalmente si raggruppano le orde più mostruose di bengalesi incompetenti – da entrambi i lati del bancone, sia chiaro – rendendo il compimento di ogni operazione virtualmente impossibile in tempi umani.
Una volta, per evitare la calca, ero andato a pagare la bolletta alle 16:30 (orario uffici statali indiani: 9-17), ma il portiere seduto davanti al cancello chiuso col catenaccio mi ha accolto col tipico gesto del fatalismo bengalese: palmi verso l’alto, avvicinare le dita tra loro come per cogliere una mela dall’albero, ruotare i polsi.
“Già chiuso?”
“Eh si – mentre fa il gesto fatalista bengalese – sono le quattro e mezza, non c’era nessuno, abbiamo chiuso prima”.
Arrivo davanti all’Exchange ed è tutto chiuso. E’ mezzogiorno, rifletto velocemente su cosa possa essere accaduto. Sono andati a prendersi un tè? No, di solito se lo fanno portare. Sono già andati a fare il tiffin – lo spuntino, la pausa pranzo indiana? No, di solito se lo fanno portare. E’ mercoledì, magari è il giorno di chiusura di Santiniketan? No, sono un ufficio statale, chiudono il weekend.
Ad un tratto, l’illuminazione. Le caselle rosse del calendario appeso in soggiorno. Se la casella è rossa, ufficio chiuso. E il 28 novembre, dopo aver chiesto a Carola di controllare a casa, è casella rossa. E’ il compleanno di Guru Nanak.
Guru Nanak è il fondatore del sikhismo. In India ci sono quasi 20 milioni di sikh, quasi tutti residenti in Punjab, stato nordoccidentale distante da Calcutta quasi duemila chilometri. Sono quelli col turbante, la barba lunga e il pugnale nascosto sotto i vestiti. Ce ne sono molti anche in Italia, sono quelli che sostanzialmente stanno mandando avanti l’industria casearia nostrana.
Ora, forse sono io che sto diventando particolarmente intollerante, ma per 20 milioni di sikh perché lo Stato indiano non mi permette di pagare la mia bolletta il 28 novembre?
Dice, non lamentarti, vai un altro giorno.
Sono seduto davanti al calendario, in soggiorno. Nel mese di ottobre, 31 giorni, quest’anno ci sono state quattro domeniche e quattro sabati. Il 2 ottobre era il compleanno di Gandhi (casella rossa); il 15 ottobre era Mahalaya, inizio ufficiale delle feste di Durga Puja (casella rossa); il 21, 22, 23, 24 ottobre era Durga Puja (ci va bene che il 21 cadeva di domenica, comunque caselle rosse); il 27 era Eid, festa musulmana (ci va bene che cadeva di sabato, comunque casella rossa); il 29 era Laxmi Puja (casella rossa). Significa che nel mese di ottobre la pubblica amministrazione indiana – INDIANA, quasi 1,3 miliardi di persone – ha lavorato 17 giorni su 31.
A novembre ci son state Kali Puja il 13, Muharram il 25 (ma cadeva di domenica) e Guru Nanak il 28.
E’ il multiculturalismo, baby.