La rivista americana Foreign Policy ha pubblicato la lista dei 100 Global Thinkers 2012. Ecco i brevi ritratti di alcune delle personalità asiatiche selezionate da FP: Aung San Suu Kyi, Thein Sein, Malala Yousafzai, Chen Guancheng, Ai Weiwei, Salman Rushdie, Kurokawa Kyoshi e Murakami Haruki.
1. Thein Sein (Birmania)
Lo scorso ottobre il nome del presidente Thein Sein è girato tra i possibili candidati al premio Nobel per la Pace 2012. Troppo presto per i critici del numero uno del primo, almeno nominalmente, governo civile della Birmania in 50 anni.
Dopo le elezioni del 2010, l’ex numero due della giunta militare è succeduto al generalissimo Than Shwe, al potere dal 1992, intraprendendo una serie di riforme e aperture accolte con favore dalla comunità internazionale, come dimostrato di recente dalla visita di Obama a Rangoon.
Su di lui pesano le recenti violenze contro i rohingya e in passato la decisione come primo ministro di impedire l’arrivo di soccorsi internazionali per aiutare le popolazioni colpite dal tifone Nargis che quattro anni fa fece oltre 140mila morti.
Dal nostro archivio:
Birmania – In arrivo un altro Nobel per la Pace?
Birmania – Violenze contro i musulmani
1. Aung San Suu Kyi (Birmania)
Gli ultimi vent’anni Aung San Suu Kyi li ha trascorsi per la maggior parte agli arresti domiciliari, per la sua lotta contro la giunta militare al potere in Birmania per oltre 50 anni.
Insignita nel 1991 con il premio Nobel per la Pace, da due anni Suu Kyi, icona democratica figlia dell’eroe dell’indipendenza birmana dal dominio britannico, Aung San, è ora parlamentare e figura di spicco del processo di apertura del Paese intrapreso dopo le elezioni del 2010, le prime indette dal regime dal 1991, quando a vincere fu a Lega nazionale per la democrazia guidata proprio dalla Signora, come è chiamata dai suoi sostenitori.
In molti oggi chiedono da lei una posizione precisa a favore dei diritti dei musulmani rohingya discriminati perché ritenuti immigrati illegali e vittime di violenze che possono minare il processo di riforma birmano.
Dal nostro archivio:
La Birmania di Aung San Suu Kyi: cosa ne pensa Pechino
Birmania – L’alba della democrazia
Il destino di Aung San Suu Kyi: libera
6. Malala Yousafzai (Pakistan)
Lo scorso ottobre la studentessa 15enne Malala Yousafzai, tornando a casa da scuola, fu vittima di un attentato talebano: un sicario le sparò in testa per aver insultato “i soldati di Allah”.
Residente nella valle di Swat, una delle zone più martoriate dalle penetrazioni talebane in Pakistan, Malala teneva un blog anonimo per Bbc, descrivendo la vita di tutti i giorni a contatto con l’estremismo islamico, diventando ben presto una delle figure di primo piano nel Paese per la denuncia della talebanizzazione del Pakistan.
L’episodio lanciò una gara di solidarietà internazionale, rendendo possibile il ricovero di Malala in un ospedale britannico: attualmente Malala è in fase di riabilitazione e molti la vorrebbero candidata al premio Nobel della Pace per il 2013.
Il caso, assieme alle recenti manifestazioni violente in Pakistan da parte di studenti delle madrasa, ha evidenziato la necessità di ristabilire la priorità dell’educazione laica nel Paese, unica via per combattere la deriva talebana dalla radice.
Dal nostro archivio
Pakistan – Estremismo e (d)istruzione
Oggi in Asia – La storia di Malala Yousafzai
9. Chen Guangcheng (Cina)
Chen Guangcheng è un contadino dello Shandong quarantenne. È diventato cieco prima di compiere un anno di vita ed è rimasto analfabeta fino a quando, nel 1994, non fu accettato nella scuola superiore per ciechi di Qingdao.
Ha in seguito studiato legge da autodidatta e si è dedicato a molte battaglie in difesa dei diritti civili, tra cui spicca quella a favore delle donne costrette ad abortire per la politica del figlio unico.
Per questo motivo si è inimicato i funzionari locali: le autorità dello Shandong lo hanno imprigionato più volte fino a condannarlo, nel giugno del 2006, a quattro anni e tre mesi per aver danneggiato immobili e per aver organizzato una manifestazione che aveva bloccato il traffico.
A fine aprile 2012 è fuggito dagli arresti domiciliari, da più parti definiti illegali, a cui era sottoposto dopo la detenzione effettiva e, dopo una fuga dai contorni poco chiari, si è rifugiato nell’ambasciata statunitense di Pechino.
Dopo una vicenda durata venti giorni, tra schermaglie diplomatiche, imbarazzi e momenti di tensione, ha ottenuto di poter recarsi negli Usa per motivi di studio, dove adesso risiede.
Dal nostro archivio:
La storia di Chen Guangcheng
La fuga di Chen raccontata da He Peirong
26. Ai Weiwei (Cina)
Ai Weiwei, pechinese, 55enne, è il più famoso artista e attivista cinese contemporaneo. Figlio del poeta Ai Qing, ha vissuto, studiato e lavorato negli Usa tra il 1981 e il 1993 ed è in seguito rientrato in Cina dove è stato uno degli animatori del Beijing East Village, uno dei primi centri di sperimentazione artistica nella capitale.
Come artista è estremamente poliedrico, spazia tra tutte le discipline e le contamina. Dal 1998 vive a Caochangdi, in seguito diventato un nuovo distretto artistico, dove si è costruito la casa da solo. Dal suo interesse per l’architettura nasce lo studio FAKE Design.
Ha partecipato alla costruzione dello stadio olimpico di Pechino nelle vesti di consulente artistico per le “archistar” svizzere Herzog & de Meuron.
I suoi guai cominciano con la denuncia del malaffare nascosto dietro i crolli delle cosiddette “scuole di tofu” durante il terremoto del Sichuan del 2008. Da allora, l’artista-attivista ha preso posizione di continuo, criticando la struttura stessa del potere cinese. La sua fama è aumentata esponenzialmente in tutto il mondo, procurandogli commesse, mostre internazionali e anche qualche laurea ad honorem.
Nel 2009, a seguito di un pestaggio da parte della polizia di Chengdu, è costretto a operarsi d’urgenza per emorragia interna a Monaco di Baviera, dove si trova per una mostra;, nel 2010 gli vengono affibbiati i primi arresti domiciliari.
Nell’aprile del 2011 è stato fermato all’aeroporto di Pechino e detenuto amministrativamente per due mesi senza accuse formali; è stato quindi rilasciato con l’obbligo di non lasciare la capitale.
In seguito gli è stata comminata una multa per evasione fiscale da 15 milioni di yuan che l’artista-attivista sta ripagando con l’aiuto delle spontanee raccolte fondi da parte di amici e simpatizzanti. Per diffondere le sue prese di posizione utilizza soprattutto i social network, Twitter in primis, dove ha un enorme seguito. I suoi tweet vengono tradotti e ritwittati anche in inglese.
Dal nostro archivio:
Tutti gli articoli di China Files su Ai Weiwei
L’Ai Weiwei quotidiano – blog di Eleonora Brizzi da Caochangdi
33. Salman Rushdie (India/Usa)
Scrittore ed opinionista, Salman Rushdie è nato a Mumbai nel 1947, quando l’India era ancora una colonia britannica e Mumbai si chiamava ancora Bombay, da una famiglia musulmana di origini kashmire.
Nel 1981 si guadagnò la fama letteraria internazionale col romanzo I figli della mezzanotte, ambientato a cavallo del giorno dell’Indipendenza indiana. Vinse il Booker Prize ma, nel 1984, si scontrò con l’allora primo ministro Indira Gandhi, che mosse contro l’autore l’accusa di diffamazione riferendosi ad una sola frase incriminata. Rushdie accettò di toglierla.
Ma fu l’uscita di Versi satanici, altro capolavoro pubblicato nel 1989, a cambiare completamente la vita di Salman Rushdie. Romanzo surreale e a tratti visionario, in Versi satanici Rushdie offre una rilettura decisamente originale delle origini dell’Islam.
Il libro venne duramente stigmatizzato dalla comunità musulmana mondiale, bandito in gran parte dei Paesi a maggioranza islamica (India compresa, fu la prima nazione a farlo) e suscito la fatwa dell’Ayatollah Khomeini, che mise una taglia sulla testa di Rushdie.
L’autore indiano (ma con passaporto britannico, tecnicamente un PIO, Person of Indian Origins) fu costretto a fuggire in esilio per oltre 1000 giorni, rifugiandosi in località segrete dietro al nome Joseph Anton, coniato utilizzando i nomi propri di due tra i suoi autori preferiti: Conrad e Checkov.
Tornato alla vita pubblica, è uno dei principali attivisti e volti per la libertà d’espressione nel mondo, amico personale di – tra gli altri – Roberto Saviano ed Ai Weiwei.
Recentemente ha pubblicato la cronaca del suo esilio nel volume Joseph Anton e curato la sceneggiatura di Midnight’s Children, film tratto dal suo romanzo diretto da Deepa Metha.
A gennaio la sua presenza al Jaipur Literature Festival in Rajasthan fu duramente osteggiata da gruppi estremisti musulmani indiani. Rushdie, in aperta polemica col governo di Delhi, decise di non partecipare all’evento.
Dal nostro archivio:
India – 24 anni di fatwa. Musulmani contro Rushdie
India – Caso Rushdie: la morsa dell’estremismo religioso
49. Murakami Haruki (Giappone)
Autore di bestseller di fama internazionale – ultimo in ordine di tempo è l’acclamato 1Q84 – Murakami è l’autore giapponese più famoso oltremare. Lo scorso ottobre, fino all’ultimo momento era dato favorito nella gara tutta asiatica al Nobel per la letteratura 2012, poi vinto da Mo Yan.
I suo romanzi sono caratterizzati da un’atmosfera onirica e surreale ma profondamente legati alla storia del proprio Paese. Tra i temi toccati da Murakami troviamo le proteste studentesche di Tokyo e i tentativi di istituire delle comunità agricole nel Giappone degli anni ’70, il terremoto che ha colpito la regione centrale del Kansai, quella dell’antica capitale Kyoto e dei centri commerciali e finanziari Kobe e Osaka del 1995, e l’interesse per le nuove religioni e i loro risvolti più radicali. Di spessore giornalistico più che artistico, il suo Underground, sugli attentati al gas sarin nella metro di Tokyo del 1997.
Più di recente ha partecipato, dalle colonne del quotidiano Asahi Shimbun, al dibattito sulle isole Diaoyu e Senkaku, invitando cinesi e giapponesi a mettere da parte i nazionalismi e a risolvere la controversia con freddezza.
Dal nostro archivio:
Giappone – L’ultimo della Aum
Giappone – 1Q84. Il successo già alle spalle di Murakami
63. Kurokawa Kiyoshi (Giappone)
Lo scorso 6 giugno aveva dato il suo giudizio sul disastro nucleare di Fukushima: "Incidente umano", quindi evitabile.
Il professor Kurokawa, presidente del Consiglio scientifico giapponese, membro della commissione dell’Oms sui fattori sociali della sanità e consigliere scientifico di diversi ministeri di Tokyo, per mesi ha condotto i lavori della Commisione parlamentare indipendente di indagine sull’incidente nucleare di Fukushima.
A conclusione del lavoro, lo scorso ottobre, ha presentato la versione inglese del rapporto finale della commisione d’inchiesta al Centro per gli studi internazionali e strategici di Washington. L’impegno di Kurokawa ha garantito, per la prima volta nella storia degli incidenti giapponesi, la pubblicazione integrale e costante di dati e risultati sul web.
Dal nostro archivio:
Giappone – 10 milioni di no al nucleare