I giorni del Dragone. Un anno di intrighi politici a Pechino, è il nuovo libro del corrispondete di AgiChina24 a Pechino. Racconta un anno di scandali, intrighi e incidenti diplomatici. China Files vi regala in anteprima il prologo (per gentile concessione dell’autore e della casa editrice Informant).
Pechino, 15/11/2012
I sette uomini salgono sul palco.
Flash a ripetizione.
Le telecamere cristallizzano l’istante, nelle prossime ore lo trasmetteranno fino alla nausea alla Cina e al resto del mondo.
I sette uomini sul palco sono appena assurti al Comitato Permanente del Politburo del Partito comunista cinese. Traduzione dal burocratese mandarino: non rispondono a nessuno, se non al delicato gioco di veti incrociati che possono esercitare tra di loro in caso di disaccordo.
Gotha. Vertice. Sommità.
“Potere Assoluto”: se la tv di Stato CCTV potesse concedersi qualche spregiudicatezza, questa sarebbe la didascalia più indicata.
C’è Li Keqiang, il nuovo premier: per un momento le luci azzurrine delle telecamere si riflettono sulle lenti degli occhiali alla Harry Potter, e lo fanno sembrare più vecchio. “Li Tre Incendi” pare infastidito, ma è questione di un attimo, e torna a cantare con aria assorta.
C’è Zhang Dejiang, il dirigente al comando della megalopoli di Chongqing dal marzo scorso, depositario di segreti inconfessabili su tutti gli avvenimenti dell’ultimo anno.
C’è Wang Qishan, l’economista illuminato, l’uomo che negli anni ’90 ha salvato le banche cinesi dalla bancarotta.
A chiudere, il capo di Shanghai Yu Zhengsheng, il boss della metropoli di Tianjin Zhang Gaoli, e infine Liu Yunshan, che controlla i media cinesi dalla sua poltrona al Dipartimento Propaganda.
Il brusio rimbomba per i corridoi della Grande Sala del Popolo. Qui ogni elemento sembra studiato per incutere soggezione. I marmi bianchissimi ispirano gelo, i lunghi tappeti rossi paiono snodarsi per chilometri e chilometri e trasmettono un senso di spaesamento. Lampadari enormi pendono sulle teste della platea come giganteschi ragni opalescenti. E, su tutto, lo scudo con il simbolo cinese che incombe sulla Sala enorme per ricordare a ognuno sempre lo stesso messaggio: il Partito è immensamente potente, il Partito è una macchina che si auto perpetua e solo il Partito può guidare la Cina. Se sei straniero, ricordalo. Se sei cinese, accetta di fare la tua parte come ingranaggio del Partito, e forse un giorno potrai trovarti su quel palco. Rifiuta, e sarai schiacciato.
Il conclave dei leader massimi è finito qualche ora fa, ora la liturgia del potere cinese è quasi completa.
Il segretario Hu Jintao sta per passare il testimone al suo successore.
Ieri, da un posto d’onore, il grande vecchio Jiang Zemin osservava sornione: ha 86 anni, non occupa più nessuna carica attiva, ma in qualche misura questa transizione porta anche la sua firma.
Xi Jinping, il nuovo segretario del Partito Comunista Cinese si avvicina, sulle labbra il solito mezzo sorriso enigmatico. Riceve ufficialmente l’investitura.
Adesso è lui il numero uno, e assieme agli altri sei membri del Comitato Permanente deve trasmettere coesione e armonia. Dai suoi gesti non può trasparire nessun segno d’indecisione. Sta per pronunciare un discorso.
Gotha. Vertice. Sommità.
Il nuovo decennio cinese è nato, ed è nelle mani di questi sette uomini. Ma la levatrice che lo ha cavato dalle profondità più nascoste del potere possiede fattezze misteriose.
Tra i corridoi di Zhongnanhai –dove risiedono tutti i massimi dirigenti del Partito- si è giocata una partita silenziosa e micidiale. Mesi di affondi, parate, stoccate, e contrattacchi, consumati in un clima teso da resa dei conti.
Dalla notte tra il 6 e il 7 febbraio a oggi il travaglio è durato esattamente 283 giorni. Molte vittime sono rimaste sul campo.
Forse la levatrice ha il volto di una donna cinese, un tempo affascinante, che adesso giace rinchiusa in una prigione segreta. Forse ha le mani di un poliziotto, mani esperte, mani che hanno praticato decine e decine di autopsie, più adatte alla morte che a dare la vita. Potrebbe essere una levatrice cieca, con gli occhi spenti di un dissidente che ha sfidato le autorità, e adesso si trova al di là dell’oceano, in America.
Tutte queste figure indistinte hanno contribuito alla nascita del nuovo decennio cinese, un immenso edificio che si regge anche su due fondamenta nascoste: il cadavere di un uomo britannico e il corpo di un leader un tempo potente, oggi in rovina.
Il sorgere del potere assoluto esige i sacrifici.
*Antonio Talia, I giorni del Dragone. Un anno di intrighi politici a Pechino, edizioni Informant (2,99 euro), prefazione di Aldo Giannuli. Nei prossimi giorni sarà disponibile presso tutti i principali negozi online.