Negli ultimi mesi è diminuita la fiducia nell’economia cinese. Crescono, poi, i dubbi sulla reale capacità di mantenere il 7,5 per cento di crescita. Non è solo la crisi dei mercati occidentali a incidere negativamente. A pesare, dice Liu Ligang, è soprattutto l’assenza di continuità e univocità nella politica economica del governo. Dopo la pubblicazione di una serie di dati negativi, diminuisce ulteriormente la fiducia nei confronti dell’economia cinese. Crescono, nel frattempo, anche i dubbi circa le reali possibilità di raggiungere l’obiettivo del 7,5 per cento di crescita, fissato ad inizio anno.
Tale rischio non dipende solo da un ambiente esterno sfavorevole, ma anche dall’impatto delle scelte politiche nel processo di ribilanciamento. Ancor più importante è il fatto che il governo, nel promuovere tali politiche, non mostra continuità e univocità.
Ciò ricorda esattamente quello a cui mi riferivo in un precedente articolo: in un contesto in cui l’economia è depressa, la fiducia è d’oro. Per stimolare l’economia serve una maggiore fiducia e questo tipo di fiducia è spesso trasmessa dal governo e dalle politiche. Tuttavia, le politiche finora adottate sembrano indicare che non solo non si è costruita fiducia, ma che si rischia addirittura di continuare a ridurla.
Dal punto di vista della politica fiscale, il rallentamento dell’economia cinese nel primo semestre è fortemente connesso all’attuazione dei programmi di bilancio. Alla fine di maggio, il governo centrale ha messo a disposizione il 60 per cento del bilancio [per l’intero anno], ma ne è stato utilizzato solo circa il 35 per cento, molto meno rispetto alle previsioni.
Anche la realizzazione del programma di alloggi sociali è al momento a un livello appena sufficiente. Il governo dà molta importanza a questo progetto edilizio tanto che ne ha innalzato gli obiettivi – mettendo a disposizione un budget rilevante, superiore di circa il 15 per cento a quello dello scorso anno.
Tuttavia, fino al maggio scorso, sulla base dei dati pubblicati dal ministero delle Finanze, aveva versato solo il 25 per cento del budget previsto per le case popolari, con evidente ritardo rispetto ai tempi previsti. Solo alla fine di luglio la spesa per gli alloggi sociali ha cominciato ad aumentare, superando di poco il 50 per cento del budget stanziato per l’intero anno. Ciò nonostante capita spesso di vedere sui media la notizia di alloggi sociali in aumento ma con fondi non sufficienti.
Ciò che è chiaro è che l’ambizioso piano per la costruzione di abitazioni sociali rappresenta una politica cruciale della transizione verso il consumo interno e il ribilanciamento dell’economia.
Se è difficile realizzare perfino questo tipo di politiche, allora le preoccupazioni del mercato sono motivate. Se non si riesce a costruire una rete di previdenza sociale su larga scala, la Cina si troverà in futuro davanti alla difficile situazione di una domanda interna depressa. Ciò, nel contesto di un’economia cinese che sta subendo notevoli cambiamenti e di una economia globale che continua a rallentare, diventerà un problema ancora più grave.
Sono convinto che il governo si sia già reso conto della gravità del problema; in realtà, nel futuro immediato il governo sarà impegnato a realizzare anche una serie di politiche come, ad esempio, un piano di assicurazione sanitaria per malattie gravi; tuttavia, è un fatto innegabile che siamo già all’ultimo mese del terzo trimestre e la Cina ha già sbagliato i tempi di attuazione delle politiche più importanti.
Quando l’economia rallenta, la politica monetaria deve essere allentata con precisione; ciò permette di ridurre i costi del capitale, promuovendo gli investimenti e la crescita dei consumi. Tuttavia la politica monetaria [cinese] sembra essere alle prese con un altro tipo di “oscillazione”.
Dopo aver ridotto per due volte il rapporto di riserva obbligatoria nel primo semestre, la banca centrale cinese ha iniziato a cambiare politica e nei mesi di giugno e luglio ha ridotto – una volta al mese – il tasso d’interesse. Ma da quanto si è capito osservando il tasso d’interesse di breve periodo, la riduzione del tasso d’interesse sembra non aver avuto l’effetto di ridurre il costo del capitale.
Al contrario, dopo la riduzione del tasso d’interesse, il tasso d’interesse di mercato ha registrato un incremento. In effetti, fatta eccezione per lo Shibor a 3 mesi, gli altri tassi di interesse di breve e medio periodo hanno registrato un incremento rispetto al periodo precedente alla prima riduzione del tasso d’interesse. Se prendiamo come esempio il debito pubblico, il suo tasso di rendimento dopo i due tagli del tasso d’interesse ha registrato, al contrario, una rapida impennata. Questo tipo di fenomeno non può che risultare difficile da comprendere.
La liquidità del mercato nel corso dell’allentamento della politica monetaria ha d’altra parte rivelato uno stato di ansia; il motivo è che la liquidità riversata dalla banca centrale nel mercato non riesce a soddisfare la domanda del mercato. Il risultato di un eccesso di domanda rispetto all’offerta può solo essere rappresentato da un incremento del tasso d’interesse di mercato.
Per quel che riguarda le banche, gli istituti commerciali sembrano preoccuparsi della continuità delle operazioni di pronti contro termine (Pct)**; il motivo è che il termine dei Pct va spesso dai 7 ai 14 giorni, sicché, una o due settimane dopo aver condotto operazioni di Pct e una volta scaduto il termine, essa deve porsi immediatamente il problema di come rinnovarli.
Analizzando la situazione da un altro punto di vista, le scadenze dei crediti, degli investimenti in obbligazioni e dell’offerta interbancaria possono essere di gran lunga superiori a due settimane e questo può essere un ulteriore motivo per un approccio generalmente cauto da parte delle banche.
A discapito della riduzione del rapporto di riserva obbligatorio, le banche più soggette a rischio di scadenze non coordinate, aumentano il costo degli hedge e riducono il credit spread. Per questo motivo le banche sono poco propense a concedere prestiti. Questo è esattamente il motivo per cui i prestiti delle banche sono stati pochi nel mese di luglio e agosto.
Allo stesso tempo, in un contesto di rallentamento economico, concedere prestiti alle imprese presenta evidenti rischi di inadempienza. Si comprende immediatamente quale sia stata la scelta delle banche.
Anche se la riduzione del tasso d’interesse e le operazioni di pronti contro termine non hanno prodotto l’effetto di ridurre il costo del capitale di mercato, hanno avuto una funzione di stimolo per il mercato immobiliare. Questo tipo di fenomeno che sembra non avere connessioni, da un lato corrisponde al fatto che gli effetti della politica per gli alloggi non sono evidenti, il che nel lungo periodo determina la concentrazione e l’allargamento su larga scala della domanda; dall’altro, riflette la reazione degli acquirenti di case verso le aspettative sul tasso d’interesse.
Dopo aver ridotto il tasso d’interesse per due volte, è anche possibile che il prossimo anno il tasso d’interesse dei mutui cinesi sia più basso; nel caso in cui, contemporaneamente, il prezzo delle case ricominci a crescere, gli acquirenti non avranno modo di tirarsi indietro ed entreranno anticipatamente nel mercato.
Più in generale, l’assenza di coordinamento delle politiche può causare un ulteriore rallentamento dell’economia cinese; il rallentamento dell’economia può causare, a sua volta, un ulteriore riduzione della fiducia.
È molto probabile che l’economia cinese passi da un buon livello di crescita bilanciata ad un livello di crescita basso. In tal caso, la Cina rientrerebbe in un ciclo di grande instabilità, sprecando quindi ancora una volta l’occasione di ribilanciare la sua economia.
[L’intero pezzo è su Caratteri Cinesi. Traduzione di Piero Cellarosi; foto credits: opinion-maker.org]
*Liu Ligang è Chief Economist presso ANZ Banking Group (Greater China) di Hong Kong. Il post è anche su Caratteri Cinesi
**I Pct sono un tipo di contratto che prevede un "prestito" di denaro in cambio di titoli. Una parte (solitamente una banca) vende titoli azionari all’altra e si impegna nel breve termine (da 1 a 3 mesi, in casi più rari fino a un anno) a riacquistare gli stessi titoli a prezzo maggiorato sulla base di un tasso di interesse concordato tra le parti.