Un’altra campagna – Io, la Cina e l’anarchia

In by Simone

Il mio interesse per la campagna nasce dal fatto che ci sono nato e cresciuto. Da piccolo la odiavo, la vita era troppo dura e non c’erano opportunità, eri totalmente fuori dal mondo. Non sapevi che succedeva fuori di lì

Potete leggere un ritratto dell’autore qui

Leggi anche le traduzioni di due saggi di Ou Ning:

Un’altra campagna – Ricostruzione rurale

Un’altra campagna – L’urbanizzazione cinese

e il Diario dall’ Harvestival di Bishan:

Un’altra campagna – Diario del Festival che non c’è stato

Un’altra campagna – Diario del festival che non c’è #2

Il video: Il ritorno alla campagna

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Mi sono impegnato tantissimo negli studi per riuscire ad andare via da quel posto che non sopportavo. 

Dopo aver finito l’università, ho trovato lavoro in città e mi sono creato uno status sociale. Improvvisamente ho capito che la povertà, che tanto mi dava fastidio in campagna, era una ricchezza. Se non avessi sperimentato cosa significa essere povero, non ce l’avrei messa tutta negli studi: la povertà è stata la forza della mia vita. 
Così, ad un certo punto, ho cambiato radicalmente il mio punto di vista: mi sono reso conto del valore della campagna. Mettici anche che sono cresciuto, ho cominciato a dare molta importanza al rapporto con la famiglia e con il mio luogo di origine. E ho provato il desiderio di fare ritorno alla campagna. 

In questi anni ho girato dei documentari: uno a Guangzhou, sul quartiere di Sanyuanli, e uno a Pechino, sul quartiere di Dazhalan. Sono delle enclave di povertà all’interno delle città. La maggioranza della persone che ci vive proviene dalla campagna ed venuta in città a lavorare. Quando filmavo questa gente, mi è venuta in mente quella della mia terra. E poi anche mia sorella.

Mia sorella

Appena ha finito le scuole medie, mia sorella è stata messa su un camion per andare a lavorare a Shenzhen ed è diventata dagongmei (giovane lavoratrice migrante ndr). All’epoca ero ancora uno studente universitario, lei guadagnava quattrocento kuai al mese e la metà li dava a me. La mia famiglia era poverissima, era mia sorella che mi dava i soldi per continuare gli studi.

Quando mi sono messo a lavorare ho comprato una casa a mia sorella per farla vivere in città. A Shenzhen, lei ci ha vissuto vent’anni, ma quando incontra la gente ha ancora un senso di inferiorità, perché per un ragazzo di campagna è molto difficile inserirsi nella vita metropolitana, acquisire fiducia in se stesso. 

Quindi quelle persone mi ricordavano mia sorella: non si possono permettere una bella casa, i loro figli non studiamo perché non possono iscriversi a scuola, non hanno accesso all’educazione pubblica e ai servizi. Ho pensato: se non hanno un’educazione, come possono credere in se stessi? Solo l’educazione ti fa avere questa fiducia. 

Ripensare a mia sorella non è solo una questione personale. Riguarda tutta la Cina e la condizione di ogni contadino. Di conseguenza, ho deciso di andare in campagna e fare delle cose. Considera anche che prima facevo ricerca sulla città. Molti problemi della metropoli sono strettamente legati alla questione rurale, sono sorti per il disfacimento della campagna. I problemi della città e della campagna sono un problema solo, con due facce. 

Quindi per la campagna provo un forte interesse: sia scientifico, sia sentimentale.

Bishan

Nel 2007 ho cominciato a girare per le campagne. Sono stato nell’Anhui, un posto bellissimo. Le case tradizionali hui sono meravigliose e il tradizionale stile di vita dei villaggi continua a esistere.
Ma la cosa più importante è che ho un amico con cui sono cresciuto, Zuo Jing, un poeta. Abbiamo fatto amicizia alle scuole medie, proprio grazie alla poesia. Dunque, lui è dell’Anhui, lavorava alla galleria Iberia del 798 e io gli ho chiesto di portarmi a fare un giro. Abbiamo visitato sette-otto altre province, ma a noi piaceva proprio quella. Tra l’altro c’erano un paio di amici che avevano aperto un piccolo albergo in quell’area, altri due poeti, che fanno pure buoni affari. Quindi mi è venuta in mente l’idea di attivarmi. Sono andato in molte aree rurali: Yunnan, Sichuan, Jiangsu, Henan, Fujian, sono stato anche in Thailandia, a Chiang Mai. Mi interesso alle campagne asiatiche, perché prima della modernizzazione le nostre società erano tutte agricole. Ho fatto molte ricerche per vedere come gli altri lavorano in campagna, che progetti hanno. Ho capito che per attivarsi bisogna mettere radici e ho scelto Bishan. Ho visto una casa contadina disabitata e l’ho comprata, ci ho messo un anno per ristrutturarla, poi ho comprato i mobili. Ho voluto farla diventare la mia base e in futuro la voglio utilizzare per molti progetti, collaborazioni universitarie, ricerche. Deve diventare il luogo dove entro in contatto con la gente di quelle parti.

Io sono un idealista di tendenza utopistica, e ho deciso di fondare anche una comune dalle caratteristiche utopistiche. Mi sono detto: metto i piedi sulla terra, mi radico e poi realizzo. Siccome molti pensano che l’utopia non può esistere, io la voglio realizzare. Ho fatto ricerca sugli artisti sloveni Nsk, e su un distretto anarchico in Danimarca. Per operare a Bishan ho messo insieme moltissimi elementi: l’utopia, la teoria della ricostruzione rurale, le ricerche sulla campagna, il biologico, ho studiato i movimenti del periodo repubblicano.

Gonggengzhe è chi si piega e lavora sui campi: non sono fantasie, sogni, ma azione. Non possiamo parlare e parlare, dobbiamo agire. Parlare non ha senso, anche scrivere troppi articoli non ha senso. Bisogna fare, muoversi.

Pedagogia civile

Il contenuto fondamentale della ricostruzione rurale è la pedagogia civile. Vorrei che la mia casa diventasse un luogo di educazione: corsi di internet per i contadini, piccole conferenze, magari sull’agricoltura o la cultura. Vorrei collaborare con la Duke University su progetti che riguardano salute e ambiente: sono loro che lo vogliono, mi hanno detto che il posto è molto bello. “Possiamo venire con i nostri studenti?” Quindi ho pensato che si possano fare delle ricerche insieme. Potrei organizzare dei campi estivi, gli studenti stranieri potrebbero fare ricerca sugli edifici tradizionali hui di Bishan.

Perché servono le conferenze? La protezione degli edifici è fisica: compriamo, ristrutturiamo, riutilizziamo. Ma c’è anche un altro genere di protezione: far sì che gli edifici del Huizhou, quel modo di costruire, siano trasferiti nei cervello dei giovani. Forse questi ragazzi diventeranno architetti, il loro futuro potrebbe dipendere da queste attività, quindi penso che i campi estivi possano essere molto significativi. E saranno organizzati sotto il patrocinio del Buffalo Institute. 

Per fare il Bishan Harvestival, un evento di grandi dimensioni, ci vogliono un sacco di soldi e noi non ce li abbiamo, perché il governo non ci appoggia. Sicché la comune di Bishan e il Buffalo Institute l’hanno fatto da soli. L’anno scorso ero stanchissimo, non trovavo i soldi, sono riuscito a farlo perché mi hanno aiutato gli amici. Quindi ora voglio fare le cose gradualmente, giorno per giorno, in piccolo. Non voglio fare grandi cose e l’Harvestival va bene ogni due anni. 

Lo scorso anno ha avuto molto successo, è piaciuto alla gente e i media ne hanno parlato, quindi il governo locale ha pensato che avessimo delle capacità e ha chiamato me e Zuo Jing per commissionarci il festival di fotografia internazionale. Ci hanno dato 1milione e 500mila RMB per organizzare il festival di fotografia ma non ci hanno dato nulla per l’Harvestival, quindi dobbiamo cercare i soldi per fare le due cose assieme. Utilizzo i soldi del governo per il festival di fotografia e da solo faccio l’Harvestival.

Prima, il festival di fotografia era incentrato sullo spettacolo visivo, sul paesaggio di Huangshan. Adesso lo vogliamo far diventare un festival d’opinione, che trasmetta dei concetti: vogliamo esprimere la nostra critica verso l’urbanizzazione e incoraggiare invece la ricostruzione rurale. Non troverai neanche una foto di belle città, ci saranno invece posti come Detroit, gli slum dell’Asia, perché vogliamo criticare la città.

Anarchia 

Da tanto tempo faccio ricerche sull’anarchia, ma in Cina, all’interno di questo sistema politico, le idee anarchiche non sono realizzabili. Tuttavia io sono davvero affascinato da questo tema, ho letto le basi poste da Kropotkin, come la teoria del mutuo appoggio. È un pensatore classico dell’anarchia, della stessa epoca di Marx. Nel suo libro sul mutuo appoggio scrive di aiutarsi reciprocamente, ritiene che è la nostra essenza: all’inizio c’era una condivisione, poi con lo sviluppo l’abbiamo persa. Ci sono lo Stato e tutti i gruppi di interesse, con tutte le contraddizioni che sorgono dai loro conflitti. A quel punto entrano in gioco “le agenzie” che aiutano a risolvere i conflitti. Ci sono troppi gruppi di interesse e così sono nati i governi, cioè agenzie: tu mi paghi le tasse e io ti aiuto a fare delle cose.

I governi sono delle agenzie politiche. Kropotkin, con l’anarchismo, il mutuo appoggio, l’azione diretta, sostiene che non servono agenzie: possiamo scambiare la manodopera, fare a meno della moneta. È radicalmente anticapitalista, la sua è una società estremamente ospitale. Adesso governo e Stato sono troppo di moda in tutto il mondo, ma in luoghi remoti, nelle società tribali, forse l’anarchia esiste. 

Da quando la campagna cinese ha subito la modernizzazione, la presenza dello Stato è incredibile. Ma ci sono ancora della sacche di aiuto reciproco. Quindi magari in campagna si può incoraggiare il comportamento di mutuo sostegno e non dipendere dal servizio pubblico. Il pensiero che va per la maggiore dice che il governo ti aiuta attraverso le tasse, che finanziano i servizi pubblici, ma nei villaggi ci si può aiutare. 

In Cina la parola “anarchia” è molto sensibile, perché si conosce un’idea violenta di anarchismo, anti governo. Ma se guardiamo alla teoria classica dell’anarchismo, emergono idealismo e calore umano. Non è per nulla violento, ma per una bella società. 

Non ho letto solo Kropotkin, ma anche i contemporanei. Poi ho fatto uscire un intero numero della mia rivista sulla rivoluzione: è una storia della sinistra occidentale e della genesi dell’anarchismo. Dalla Comune di Parigi alla Rivoluzione russa, la Guerra civile spagnola, il Sessantotto parigino, Seattle, fino a Occupy Wall Street. Il mio punto di vista parte da qui: la sollevazione per la giustizia sociale, per costruire una società ideale, senza classi, per l’aiuto reciproco. Vedere come questa lotta si è evoluta in Occidente.

In Cina serve uno spazio di dialogo fisico e non fisico. Una cosa non buona di Internet è che non c’è un contatto fisico, il che non è umano, è molto freddo. Internet è uno strumento importante, perché ti aiuta a trasmettere le idee, a comunicare. Quindi i due spazi devono essere messi assieme. 

Come ho sintetizzato anarchismo e campagna? Nelle città evolute l’anarchia è impossibile, quindi solo tra i villaggi tribali può sussistere. Tra l’altro non sapevo che in Cina, all’epoca delle Cento scuole di pensiero, ce ne era anche una chiamata nongjia, “scuola dell’agricoltura”. L’ho scoperto attraverso Debito di David Graeber, dove racconta di questa corrente secondo cui tutti dovevano lavorare assieme, compreso il re. Greaber lo ha definito il primo anarchismo cinese. Purtroppo non ci sono testimonianze su questa scuola di pensiero, perché Qin Shi Huangdi, il primo imperatore, mise al rogo i libri dell’epoca e non ci sono quindi rimasti testi sulla nongjia. Penso che quella scuola e ciò che facciamo noi abbiano qualcosa in comune.

Destra e sinistra

Gli intellettuali cinesi si dividono tra destra e sinistra, ma la sinistra cinese è diversa da quella occidentale. La sinistra cinese è maoista. Io sono di sinistra, ma in senso occidentale. Sono anticapitalista, ma non apprezzo il maoismo, non mi piace Mao Zedong.

La destra crede nel liberismo economico, che utilizza il mercato per plasmare la società; la sinistra vuole la partecipazione del governo, attraverso politiche che assicurino giustizia sociale. Ci sono molte discussioni sul futuro della Cina e la sinistra è molto attenta a campagna, agricoltura e contadini, perché ha visto che nei processi di industrializzazione e urbanizzazione, i contadini si sono fatti carico di un grande sforzo per il Paese, ma non hanno nulla in cambio. Questa è l’ingiustizia più grande, quindi la sinistra è per la ricostruzione rurale. Anche la destra liberista riflette sul problema della campagna, ma loro sono per il capitalismo, e trasformano la campagna in città. Io sono per la campagna, ma non sopporto i maoisti. 

Quindi la vera nuova idea per i problemi della campagna e per lo sviluppo di tutta la Cina – la riforma che vuole la sinistra – è la ristrutturazione rurale. Molti intellettuali cinesi hanno fatto un ottimo lavoro, alzando la voce, e anche il governo centrale si è reso conto che se non si risolvono i problemi della campagna, la Cina potrebbe davvero esplodere. 

Dal 2005 il governo ha quindi promosso una nuova politica per le campagne. Niente male, perché si sono resi conto del problema. Ma nel passaggio dal governo centrale a quelli locali, le politiche cambiano, per cui il governo preferisce operare nelle campagne attraverso la Banca Mondiale. Spesso le autorità locali prendono i soldi e non risolvono i problemi concreti, poi non ce la fanno a restituirli.

Anche a Bishan hanno preso i soldi dalla Banca Mondiale, ma la sinistra critica le politiche della Banca Mondiale perché produce quanto segue: compro il villaggio, poi ci faccio accanto un nuovo quartiere, ci mando a vivere nuovi abitanti, il villaggio si trasforma in un luogo per la gente di città. Anche questa è una specie di urbanizzazione, perché si mettono la campagna e i contadini al servizio della città. Non va per niente bene, quindi la società civile e molti intellettuali si dedicano alla ricostruzione rurale e non condividono la nuova campagna del governo. Per cui agiscono da soli. Noi ci opponiamo all’urbanizzazione, mentre Pechino è per l’urbanizzazione, c’è questa incomprensione di fondo. Nel nostro operare dobbiamo agire con estrema cautela nei rapporti con il governo centrale, altrimenti ci metti un attimo a non esistere più. 

La politica della ricostruzione rurale è un pensiero pienamente cinese. Muoviamo dal rifiuto del liberismo economico, della globalizzazione, dell’ingresso nel Wto. Ci fanno diventare un’immensa città e poi dobbiamo comprare i prodotti agricoli dagli Stati Uniti, dalla Thailandia e così via.

La corrente della ricostruzione rurale ritiene che l’economia che muove dall’Occidente globalizzato sia estremamente pericolosa. La sinistra cinese ritiene che la campagna sia fondamentale per fondare la ricchezza dello Stato e che la campagna sia un luogo sostenibile, perché può essere autonomo.

Foto: Han Yu

*Ou Ning è l’intellettuale di riferimento del movimento per “la ricostruzione” delle campagne. Artista poliedrico, scrittore e videomaker premiato alla biennale di Venezia e recentemente nominato dal Wall Street Journal Innovatore dell’anno 2012, per l’importanza che ha assunto nella cultura contemporanea cinese. Su China Files potete leggere due suoi saggi sulla ricostruzione rurale e sull’urbanizzazione cinese. Caratteri cinesi li ha tradotti integralmente.