Il nuovo problema, nella città simbolo della piccola imprenditoria, è l’eccesso di crediti non performanti. I soldi passano di mano e spariscono, invece di finanziare attività produttive e di ritornare moltiplicati.
A Wenzhou ci avevano sperato, nella rivoluzione del credito. Sembrava quasi che l’ennesima storica mutazione di pelle dell’economia cinese potesse partire proprio da lì, dalla città simbolo della dinamica piccola imprenditoria nonché luogo d’origine di quasi tutti gli huaren che vivono in Italia: una nuova “zona economica speciale” come quelle dei tempi di Deng Xiaoping, ma questa volta declinata in chiave finanziaria, pronta ad accogliere l’innovazione che va per la maggiore sui cosiddetti “mercati evoluti” e poi tradotta, come d’abitudine, “secondo caratteristiche cinesi”.
A distanza di neppure un anno, la “zona finanziaria speciale” di Wenzhou aleggia minacciosa come un demone serpente sulla testa dei cinesi. Il perché è presto detto.
Ciò che invece è successo – oggi lo ammettono anche le autorità – è che si sono moltiplicati i crediti non performanti, significativamente anche detti ”deteriorati”: quelli che non tornano indietro. Secondo il China Securities Journal, citato dal South China Morning Post, ammonterebbero al 3 per cento del totale, ma voci incontrollate parlano almeno del 7 per cento. Sembra poco? In cifre reali, stiamo parlando di 50 miliardi di yuan (oltre 6 miliardi di euro) spariti nel nulla.
Il punto fondamentale è che la spina dorsale manifatturiera di Wenzhou non si è ancora ripresa, né si vede quando potrà farlo, data la perdurante stagnazione della domanda internazionale. I crediti non ritornano perché i magazzini sono pieni e le merci non trovano sbocchi. Puoi offrire liquidità ai piccoli imprenditori finché vuoi, ma se questi non piazzano accendini (il prodotto in cui Wenzhou è leader incontrastata), montature d’occhiali, tostapane e scarpe, i soldi si volatilizzano. A volte anche gli imprenditori insolventi. E così la nuova, rivoluzionaria, piazza finanziaria resta ferma e la prevista innovazione da “mercato evoluto” pure.
Il problema nuovo è che il mercato ombra (o ex ombra) ha nel frattempo sottratto risorse anche alle banche tradizionali per veicolarle nei crediti non performanti. È infatti successo che gli imprenditori con i contatti giusti (nel senso che hanno potuto accedere ai prestiti delle banche di Stato), giocando sulla differenza tra tassi d’interesse ufficiali e del mercato ombra, hanno preso soldi a prestito in banca a un tasso intorno al 6 per cento per darli privatamente a credito al 10-15 per cento (se non di più).
A Wenzhou aspettano che l’inverno passi. Ma, come quello vero, può anche darsi che debba ancora arrivare.
[Foto credits: Ou Zhihang]