"Cina 2013: l’era della prosperità", il primo romanzo del tycoon Chan Koonchung, esce in Italia per Longanesi col titolo "Il demone della prosperità". L’autore ci racconta come e perché è nato il suo romanzo distopico.
Scrivere si è rivelato difficile; è facile farsi da subito un’idea della Cina, ma poi si attraversa una fase in cui si dubita fortemente di se stessi: in fin dei conti non capisco la Cina, nonostante ci sia tornato più volte. Ogni volta che penso di averla quasi afferrata, ecco che la realtà viene fuori a confondermi. […]
L’idea ha preso forma nel 2008. Gli anni 2008 e 2009 hanno rappresentato una nuova fase per la Cina […] oltre alla ricchezza e la forza in campo economico, anche la mentalità della gente, soprattutto dei giovani, mi è apparsa chiara. Per la Cina cominciava una nuova fase, cioè la "prosperità" di cui parlo nel romanzo, che si può dire iniziò a prendere forma da quell’anno.
In realtà questa parola non l’ho inventata io, ma è il modo in cui sempre più cinesi guardano a se stessi e, nel 2009, hanno cominciato a farlo anche gli stranieri. In quei due anni molti media cinesi e stranieri usavano l’espressione "prosperità". Mentre l’Occidente viveva la tempesta finanziaria, sembrava che la Cina fosse appena sfiorata dalla crisi; aggiungiamoci le Olimpiadi, eccetera. […]
Gli intellettuali non possono rinunciare alle idee
Le principali manifestazioni della prosperità sono l’autostima, un senso di orgoglio, di eccessiva eccitazione e di ripensamento rispetto a idee precedenti. Un ripensamento che a volte può risultare in un eccesso di correzioni, ma anche di indulgenza, rispetto agli errori passati. La Cina è sempre più forte e ricca, è una grande nazione già in crescita, è una Superpotenza che continuerà ad andare avanti: è innegabile. Il problema è capire che cosa deve essere una Potenza nel Ventunesimo secolo; è quanto stiamo osservando ora, lo spettacolo è appena iniziato. […]
La domanda implicita nel romanzo è: se davvero viviamo la prosperità, qual è il ruolo della Cina e soprattutto dei suoi intellettuali? E la gente comune? […] La mia personale idea è che gli intellettuali debbano avere capacità di introspezione, realizzare un’operazione di pensiero, non possono accontentarsi di starsene tutto il giorno seduti in uno Starbucks. […]
Gli intellettuali e il gergo burocratico
Spesso ci aduliamo fino a ucciderci da soli, mentre una grande nazione avrebbe piuttosto bisogno di discussioni sobrie. Il governo, o le imprese legate al governo, sono estremamente versate nel gergo e nei cliché burocratici, molto più di quanto avevo avvertito dal 1992 al 1994, quando tutti si sottraevano a tale sistema lessicale. Ora, ogni strato sociale ha ripreso questi stereotipi burocratici, tralasciando l’autenticità dei problemi ed evitando di affrontare la realtà. […]
La Conferenza politica consultiva dovrebbe trasformarsi in un momento di verità: dovrebbe essere insito nel sistema stesso. Sono d’accordo sul fatto che bisogna andarci cauti e che se si tratta di cambiare questa società, dobbiamo farlo razionalmente e col consenso di tutti. Approvo un tale sistema di valori, ma ci deve essere anche qualcuno che dica parole spiacevoli: la finestra deve stare aperta. […]
La Cina investe molto nei suoi intellettuali: si tratta sia di una tradizione sia di un modo di fare contemporaneo. Molti intellettuali agiscono all’interno del sistema, e per parecchi la crescita cinese è un’opportunità vantaggiosa. Il sistema ha sempre più bisogno di intellettuali, ma questi non possono consegnarsi agli stereotipi burocratici appena ne entrano a far parte. […]
Gli intellettuali hanno represso le proprie voci e si sono messi in ascolto di altre voci, ritenendo che queste siano la volontà popolare. In realtà è una volontà popolare preselezionata; ci si è come auto anestetizzati, si pensa che le voci siano estremamente armoniose, perché quelle non armoniose sono state filtrate.
Quando non sono troppo occupato, passo le giornate a leggere giornali e riviste e mi accorgo che questo cambiamento è molto evidente. Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso era ancora possibile sentire voci diverse, oggi no.
Ma non ho idee particolari per suggerire soluzioni, non sono in grado di farlo, mi limito a scrivere quello che vedo, sperando di suscitare riflessioni.
[Tradotto da Lucia De Carlo. Continua a leggere su Caratteri Cinesi]*Chan Koonchung nasce nel 1952 a Shanghai, cresce e studia prima a Hong Kong, poi a Boston. Ha vissuto anche a Taiwan e ora a Pechino. È sia tychoon televisivo, sia editore e scrittore. Nel 2009 ha pubblicato a Hong Kong e Taiwan il romanzo fantapolitico "Cina 2013: l’era della prosperità", che è circolato via Internet anche nella Cina continentale. "Cina 2013” è pubblicato in italiano da Longanesi col titolo "Il demone della prosperità".