Il problema dell’Ue non è solo la crisi del debito sovrano. E’ anche la mancanza di una politica estera chiara. In particolare nei confronti dell’Asia, che però continua a guardare all’Ue come modello di integrazione politica ed economica. L’intervista a Gauri Khandekar, esperta di relazioni Ue-Asia. La presenza europea in Asia c’è, manca tuttavia la consistenza e una strategia definita. Pertanto, mentre le due più importanti economie asiatiche sono ai ferri corti per un arcipelago di isolotti nel Mar cinese orientale, la reazione dell’Unione europea si è fatta sentire soprattutto per la sua assenza.
Secondo Gauri Khandekar, ricercatrice alla Fundación para las Relaciones Internacionales y el Diálogo Exterior (Fride) l’Europa può diventare un mediatore nella disputa per le isole Diaoyu o Senkaku, come sono chiamate dai giapponesi che le hanno nazionalizzate negli ultimi giorni suscitando le ire di Pechino. Tuttavia, il primo passo dell’Ue per fare da tramite nella gestione del conflitto è cercare un po’ di visibilità nella regione.
“Cina e Giappone sono tra i motori della crescita e dell’economia asiatica così come di quella globale. Le loro economie sono interdipendenti e ogni sconvolgimento o conflitto può ritorcersi contro gli interessi dell’Unione europea. Entrambi i Paesi sono vitali per anche per il funzionamento delle altre economie asiatiche. Inoltre la Cina è il secondo partner commerciale europeo, mentre il Giappone il settimo”, ha spiegato a China Files la direttrice del programma Agora- Asia Europa della Fride.
L’Europa in Asia sta facendo abbastanza in Asia?
Al momento non ha una strategia aggiornata, credibile, che guarda al futuro. È divisa tra le istituzioni e gli Stati membri e non ha una chiara idea dei propri interessi in Asia. L’Unione europea oscilla tra interessi commerciali, politici, normativi e tra quelli dei singoli Stati. Non ha una politica chiara come invece è quella statunitense.
Tenendo gli Usa come perno cerca una strategia transatlantica verso l’Asia, ma senza intraprendere un cammino indipendente. Non fa abbastanza perché manca una strategia chiara. Deve favorire i propri interessi in modo strategico e cercare di aumentare la propria influenza nella regione. Ma prima deve garantirsi visibilità. Le reazioni alla disputa territoriale sono state nulle. E risposte di questo genere sono vitali.
Per molte organizzazioni regionali come l’Asean, l’Unione europea continua a essere un modello?
L’Ue ha una relazione speciale con l’Asean, ma non ha sempre mostrato la dovuta disponibilità. Lo sta facendo ora con le visite dell’Alto rappresentante per gli affari esteri, Catherine Ashton.
Penso in particolare alla partecipazione al vertice dell’Asean Regional Forum. Ma servirà più impegno per convincere i partner. Come ho già detto l’Ue è divisa. Lo stesso vale per l’Asean e a soffrirne sono i rapporti tra le due organizzazioni. Per farsi sentire l’Ue deve prima approcciarsi politicamente all’Asean.
L’Unione europea deve essere più coinvolta nelle vicende asiatiche, rispondere a ciò che succede nel continente, partecipare ai principali vertici e forum e infine deve cercare di agire. Un impegno a mezzo servizio non darà risultati.
Cosa può fare nella disputa tra Giappone e Cina?
Cercare di evitare il conflitto e incoraggiare i due Paesi a cercare una soluzione pacifica. Come stanno facendo gli Stati Uniti. Ma deve dimostrare ai due partner di essere interessata a farlo e seguire gli sviluppi della vicenda. Perché la pace è importante per l’Unione.
[foto credits: asef.org]