Sul Quotidiano del popolo, l’economista Hu Angang loda l’assetto del Politburo e sostiene che i membri del Comitato permanente debbano rimanere nove. Dietro a Hu probabilmente c’è l’opinione di qualche leader. Due membri sono sicuri, se il Comitato fosse ridotto rimarrebbero solo cinque posti. A pochi mesi dalla successione ai vertici della Repubblica popolare cinese, il Quotidiano del popolo ha pubblicato l’opinione di uno dei più influenti economisti del paese, Hu Angang, secondo il quale l’attuale assetto a nove membri del Comitato permanente del Politburo cinese andrebbe preservato.
Questa istituzione è la più importante dell’intero sistema costituzionale e ha l’ultima parola su tutte le decisioni più importanti per il paese.
Il Politburo è composto da 24 membri, al di sopra dei quali si trovano i nove facenti parte del Comitato permanente, cuore pulsante della politica cinese.
Dai dibattiti interni a questo ristretto gruppo politico – sui quali vige il più assoluto riserbo – vengono fuori le linee politiche che le autorità devono seguire, le riforme e le controriforme.
Le sue dinamiche rappresentano un frutto proibito per giornalisti e analisti, che puntualmente speculano su presunti dibattiti e scontri.
Anche il caso di Bo Xilai – il più grande scandalo della Cina dagli anni Settanta – si riconduce al Politburo: Bo era il candidato designato per entrare a far parte del Comitato permanente, ma è stato fatto fuori dalla competizione nella primavera del 2012.
Nel suo articolo, scritto in un impeccabile politichese, Hu – direttore del Centro per gli studi sulla Cina presso l’università Tsinghua di Pechino – ha sostenuto che "dal punto di vista delle condizioni per lo sviluppo politico, la superiorità del sistema socialista cinese implica un forte Comitato permanente del Politburo. Questa è la condizione indispensabile per un corretto sistema decisionale e per il successo dello sviluppo".
E ancora: "Il Comitato permanente è composto da nove membri, che rappresentano le principali otto istituzioni [dello Stato]". Esse formano un "sistema presidenziale collettivo con caratteristiche cinesi".
Hu non ha menzionato gli otto rami istituzionali facenti capo al Politburo, ma per il South China Morning Post sarebbero "il Partito, il governo, le forze militari, il parlamento, un’autorità di consiglio del governo, le autorità di controllo del partito, il sistema di giustizia e gli organi di Stato".
L’economista ha sottolineato come la caratteristica principale del sistema sia proprio il suo essere collettivo. Il sistema oppone infatti la "saggezza collettiva" a quella "personale": ci si riferisce sempre ai "membri collettivi" piuttosto che a un "membro individuale".
I media di Hong Kong hanno ricordato che un Politburo con meno di nove membri non sarebbe una novità: "I comitati formati durante il 12esimo e il 13esimo Congresso del partito nel 1982 e nel 1987 ne avevano sei, mentre quelli usciti dal 14esimo e dal 15esimo nel 1992 e nel 1997 ne contavano sette".
Solo durante il 16esimo Congresso, tenutosi nel 2002, si è arrivati agli attuali nove membri.
Perché? Secondo Hu Xindoum, un opinionista politico presso l’Istituto per la tecnologia di Pechino, si tratterebbe di un problema di equilibri politici.
"I cambiamenti nel numero dei membri riflettono accordi fra fazioni più che sfide sociali ed economiche per le quali si dovrebbero modificare le varie competenze" avrebbe detto l’analista.
Secondo quanto riportato dai media di Hong Kong, "la permanenza è assicurata virtualmente solo per il vice presidente Xi Jinping e per Li Keqiang, che si pensa succederanno rispettivamente al presidente Hu Jintao e all’attuale premier Wen Jiabao".
La stampa ha inoltre aggiunto che se "Xi e Li mantengono le proprie poltrone, un riduzione della composizione lascerebbe spazio a soli cinque membri".
[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: tilt.ft.com]