La via per le riforme birmane passa attraverso un rimpasto dell’esecutivo. In Bangladesh emergono particolari raccapriccianti sulla detenzione dei fucilieri che si ammutinarono nel 2009 e in Asia sempre più studenti vanno da un insegnante privato.
BIRMANIA – Fuori i conservatori dal governo
Tagliare fuori l’ala del regime meno propensa alle riforme. Con questo obiettivo l’esecutivo birmano si appresta al primo rimpasto dall’inizio del processo di apertura un anno e mezzo fa. I nuovi membri del governo saranno nominati durante la sessione del Parlamento, dove ad aprile sono entrati anche i deputati della Lega nazionale per la democrazia, guidati dal premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi.
Tra gli esponenti del governo costretti a farsi da parte spicca l’ex vicepresidente Tin Aung Myint Oo considerato vicino all’ex numero uno del regime, il generalissimo Than Shwe, e ormai assente dalla scena pubblica da maggio, quando decise di seguire la via monastica.
Nelle ultime settimane il processo di riforma ha subito anche passi indietro. In occasione degli scontri interetnici nel nordovest la libertà di media nel seguire l’accaduto ha subito parziali ostacoli e gli stessi giornalisti accreditati a seguire la sessione parlamentare lamentano maggiori restrizioni rispetto a febbraio.
Il governo resta sotto pressione della comunità internazionale affinché continui con le riforme. Allo stesso tempo non sono mancate proteste della popolazione contro le continue interruzioni di corrente, per dispute salariali, soprattutto nel settore tessile, e a causa degli espropri forzati.
Alcuni analisti, come Francis Wade su Asian Correspondent, ricordano inoltre come sia prioritario emendare la costituzione, scritta e votata nel 2008 dall’allora giunta militare al potere che accorda alle Forze armate privilegi e poteri di cui ancora godono.
A evitare ricadute e perdite di consensi potrebbe contribuire proprio l’entrata nell’esecutivo di alcuni portabandiera dell’ala riformatrice, come l’attuale presidente del Parlamento, Shwe Mann.
BANGLADESH – Torture contro i fucilieri ammutinati
Sono almeno 47 i fucilieri bangladesi ribelli morti sotto custodia e molti di più quelli vittime in carcere di abusi e torture. Nel 2009 si ammutinarono contro i superiori dopo che questi ultimi avevano respinto una richiesta di aumento di paga. A denunciare il trattamento riservato agli ex paramilitari è l’organizzazione Human Rights Watch. Nel rapporto si legge di detenuti appesi a testa in giù, botte sulle piante dei piedi, trattamenti elettroshock.
“Molti dei sopravvissuti hanno subito danni gravi come problemi ai reni o paralisi parziali”, continua il documento.
La rivolta scoppiata nella caserma dei Bangladesji Rifles nella capitale Dakha fece almeno 74 morti. Gli arresti furono oltre 4.000 di cui la metà sotto processo o in attesa di giudizio, 800 dei quali con l’accusa di omicidio o tentato omicidio con il rischio di andare incontro alla pena capitale se condannati.
Dopo l’ammutinamento furono istituiti decine di tribunali speciali per giudicare i responsabili con l’ultimo verdetto in ordine di tempo emesso il mese scorso con la condanna di oltre 600 soldati a pene fino a sette anni carcere. “I processi di massa non sono un modo per dare giustizia o una risposta adeguata contro i crimini commessi durante l’ammutinamento”, ha spiegato ancora Hrw.
ASIA – Insegnanti privati sempre più ricercati
I genitori in Asia spendono ogni anno miliardi di dollari in tutor e insegnanti privati per i propri figli. Soldi spesi nonostante sempre più ricerche mettano in dubbio l’utilità di questa pratica ai fini dell’apprendimento.
L’istruzione “ombra” è un business in espansione, che non riguarda soltanto i ricchi, ma si sta facendo strada anche nelle aree più povere del continente, emerge da uno studio della Asian Development Bank.
I giapponesi spendono ogni anno 12 miliardi di dollari, Singapore 680 milioni. Mentre in Corea del Sud , dove nove alunni delle elementari su dieci hanno un tutor, le spese per l’insegnamento privato sono pari all’80 per cento degli investimenti statali nell’istruzione pubblica. E nel Bengala occidentale i ragazzi che vanno da un insegnante fuori dall’orario scolastico sono sei ogni dieci.
[Foto credit: dvb.no]